King Cobra: James Franco e la storia di Brent Corrigan, dal porno gay alle prime pagine della cronaca nera, il lato oscuro e osceno di un’America in cerca delle luci della ribalta, ad ogni costo.
Approdato al Tribeca Film Festival lo scorso aprile e passato anche al Torino Film Festival a novembre, King Cobra: alla regia Justin Kelly (I am Michael), tra i produttori e gli interpreti James Franco. Quest’ultimo ha fortemente voluto la realizzazione del progetto e non c’è da stupirsi. Jimbo ha attraversato tutti i territori della cultura pop esplorandone i contenuti più bui, seduttivi, divertenti e meno conosciuti.
James Franco ha saltellato con spasso dal piccolo al grande schermo: Freaks and Geeks, il ruolo iconico e folle in General Hospital, il blockbuster Spider-Man, Nella valle di Elah, Milk, 127 ore e a breve il ruolo cult di Vikar in Zeroville. Ha dato alle stampe prosa iconica dal sapore indie: Il manifesto degli attori anonimi e In stato di ebbrezza, da cui Palo Alto.
Poi, ancora, c’è il percorso fatto nel lato meno conosciuto del sogno americano, quello che riguarda l’industria del porno. Affascinato dall’approccio intellettuale e didattico di kink.com, Franco ha lavorato prima a About Cherry e poi a KINK, documentario che esplora il lavoro dietro il più grande portale di porno a tematica BDSM.Questo percorso ha portato James Franco alla realizzazione di King Cobra, una pellicola dall’appeal indipendente che possiede i connotati narrativi del grande romanzo americano, una storia di croncaca nera che diventa oggetto pop nutrendosi dal fiume carsico dell’orrore, del sangue e della violenza che scorre sotto le villette unifamiliari della zona suburbana.
Al centro della vicenda uno degli ultimi adolescenti shocking a stelle e strisce: Brent Corrigan -al secolo Sean Paul Lockhart- (interpretato dall’ex star Disney Garrett Clayton), giovane insolente dalla sessualità furiosa, formatasi ai margini del sogno americano, nella povertà; ai tempi in cui è ambientata la pellicola astro nascente del porno gay coinvolto in un brutale assassinio. Gli affari sono affari e per denaro c’è chi è disposto a tutto: gli ingredienti del più classico dei noir americani della Golden Age. Una sessualità, la sua, che trova la sua cifra di fronte alla camera di un contemporaneissimo Humbert Humbert: Kocis (nome dal suono sinistro quanto quello scelto da Nabokov per il protagonista del suo romanzo) nella vicenda reale, Stephen in questa ricostruzione.
Interpretato da Christian Slater in grande forma, il pigmalione di Brent Corrigan è un Giano bifronte, fragile e in cerca di rivalsa, secretato nell’anonima e agghiacciante zona suburbana, che vivere di bisbigli e pettegolezzi dai tempi di Peyton Place. Per tutti mite fotografo, in realtà produttore e regista porno gay.
Nel ruolo della sorella di Stepghen il regista Justin Kelly e James Franco hanno voluto Molly Ringwald che, durante gli anni Ottanta, proprio nella zona suburbana ha incarnato l’adolescenza pretty in pink e che oggi ritroviamo senza ombra di saturazione come madre e moglie qualunque.A completare l’assetto narrativo troviamo James Franco e Keegan Allen, rispettivamente nel ruolo di Joe (in cui Franco ha mutuato alcune sfumature dell’Alien di Spring Breakers), protettore insicuro, bipolare ma con un senso per la tragedia che sembra riscattarlo, e Harlow, suo amico, sodale e amante.
Keegan Allen nel ruolo di complice, escort (tra i momenti più agrodolci del film, il suo appuntamento con il feticista dei piedi) e assassimo distrugge l’immagine romantica e di difensore delle dabbenaggine che fino a ora l’aveva reso l’idolo di migliaia di ragazzine fan del serial TV cult Pretty Little Liars. Ma per i nuovi teen idol il sesso (virtuale o manifesto che sia) non è più un tabù e, anzi, il loro pubblico sembra accogliere più che di buon grado questa nuova forma di “carriera spericolata”. Mentre la tragedia si consuma fra villette a schiera tutte uguali, confronti mucciniani fra Brent e la madre (una rediviva Alicia Silverstone) e piscine al neon (come insegnano Korine e Winding Refn), dal sangue emerge l’uomo nuovo, pronto a dominare il conquistato pleasuredome a colpi di ciak.
King Cobra è un film piccolo ma onesto, nelle mani di un regista con più visione (Fincher, il Friedkin dei tempi d’oro, Villeneuve) sarebbe stato un grande Film Americano. Resta comunque un buon prodotto.