Fino al 25 giugno 2017, la Galleria degli Uffizi di Firenze, con la collaborazione dell’Albertina di Vienna, presenta la mostra della pittrice austriaca Maria Lassnig (1914-2014), una delle artiste più importanti della seconda metà del XX secolo. In questi ultimi anni le è stato spesso riconosciuto il ruolo di pionera del movimento femminista nelle arti visive, un riconoscimento che è stato consacrato nel 2013 con l’assegnazione del Leone d’oro alla carriera dalla Biennale di Venezia. Il MOMA di New York, nel 2014, le dedicò una grande retrospettiva conferendole così un riconoscimento artistico universale; nel 2016 è stata la volta della Tate Modern di Londra celebrare l’artista con una mostra.
La mostra, espone venticinque opere scelte nel vasto arco temporale di produzione dagli anni Sessanta del secolo scorso, al primo decennio del nuovo millennio. Offre uno spaccato significativo dell’evoluzione formale dell’artista austriaca. Essa evidenzia quanto il tema ricorrente sia stato se stessa, la sua persona intesa in senso strettamente fisico, il suo corpo. «La sua arte», come afferma il curatore della mostra Wolfang Drechsler «è autoriferita, egocentrica, con opere costituite in stragrande maggioranza da autoritratti, spesso anche quando portano titoli diversi. Si tratta tuttavia di autoritratti in cui la fisionomia svolge un ruolo marginale. In queste opere il mondo esterno, visibile, funge per lo più da mero involucro per il mondo delle sensazioni interiori, e lo stesso vale anche per le opere, decisamente realistiche, degli anni newyorkesi».
Nel 1946 i suoi quadri erano figurativi e tradivano l’influsso di Oskar Kokoschka e di Herbert Boeckl; a somiglianza di quest’ultimo a partire dal 1948 iniziò con l’impegnarsi per una maggiore costruttività dei suoi quadri. I suoi disegni che furono esposti a Vienna nel 1951 nel quadro della Hundsgruppe si rifanno al surrealismo ed il loro carattere amorfo richiama paesaggi acquatici. Nello stesso anno Benjamin Peret scrisse una prefazione ad un suo album surrealista: il Giardino delle Passioni. Nel 1952 presentò all’Art Club Keller di Vienna le sue prime opere non figurative; in seguito tornò a tematiche surrealistiche.
La Lassnig non aveva tuttavia un rapporto narcisistico con se stessa e il suo corpo. Il suo corpo era in realtà un luogo da esperire, indagare e conoscere per rappresentare le sensazioni corporee, quasi un processo di autocoscienza corporea che si percepiva già nei suoi disegni giovanili degli anni Quaranta. Il rapporto tra esteriorità e interiorità permea in maniera quasi totale il vastocorpus artistico della Lassnig. Un’ossessione su se stessa che, parallelamente alla variabilità dei mezzi formali adottati, rappresenta la particolare cifra dell’artista austriaca, assegnandole una posizione di unicità e specificità nel panorama artistico nazionale e internazionale. Nonostante l’estremismo del confronto con se stessa, costante nella sua arte, l’artista era tutt’altro che vanitosa: era onesta, onesta fino alla soglia del dolore, e talvolta, anche oltre, esibendo apertamente i suoi sentimenti, i suoi dolori, la sua sensibilità. La sua auto-rappresentazione è, come dichiarò lei stessa, “solitudine della critica, incapacità di sfruttare gli altri, meditazione e applicazione di un bisturi chirurgico su un soggetto volontario, l’Io”.
Informazioni utili:
MARIA LASSNIG, “WOMAN POWER”
Firenze, Andito degli Angiolini, Palazzo Pitti, Gallerie degli Uffizi
25 marzo – 25 giugno 2017
info: www.gallerieuffizimostre.it