Cecilia Mangini – Visioni e passioni: fotografie 1952-1965. A Roma, dal 31 maggio al 10 settembre le fotografie della grande autrice del cinema documentario italiano in mostra per la prima volta al Museo delle Civiltà – Museo delle Arti e Tradizioni Popolari.
Cecilia Mangini è stata una delle figure più significative della storia del cinema italiana. Una pioniera inarrestabile pioniera del cinema del reale: prima donna a girare documentari nel dopoguerra, l’autrice di capolavori come Ignoti alla città, Stendalì e La canta delle marane, tutti realizzati in collaborazione con Pier Paolo Pasolini.
Cecilia Mangini ha raccontato dalla fine degli anni Cinquanta alla metà dei Sessanta la storia di un Paese, l’Italia, diviso -sia ideologicamente che fisicamente- tra il boom economico e una lunga serie di contraddizioni sociali.
Festeggiata in tutto il mondo con incontri, personali e retrospettive (ultime, in ordine di tempo, quelle a Parigi, Berlino e Friburgo), che ne hanno sancito lo statuto di figura di primo piano a livello anche internazionale,
Cecilia Mangini -dal 31 maggio al 10 settembre 2017- è protagonista di una retrospettiva che Roma, sua città d’adozione, ha scelto di dedicarle. La mostra trova casa presso il Museo delle Civiltà – Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari.
“Se mi si chiede cosa sono, io rispondo: sono una documentarista (…). Sono convinta che il documentarista è assai più libero del regista di film di finzione, ed è per questo, per la mia indole libertaria con cui convivo fin da bambina, che ho voluto essere una documentarista. Il documentario è il modo più libero di fare cinema”.
La mostra è curata da Paolo Pisanelli e Claudio Domini, l’obiettivo è quello di integrare e arricchire l’iniziativa dedicata a Cecilia Mangini già promossa nell’ambito del Bif&st 2016 e nei Cineporti di Puglia.
Un percorso che punta lo sguardo sulle origini del lavoro di Cecilia Mangini, nel periodo che precede la sua affermazione come cineasta e la vede, invece, impegnata come fotografa.Nell’esposizione si può ripercorrere quindi il percorso fotografico di Cecilia Mangini: Panarea e il bianco abbacinante delle cave di pomice di Lipari, la Puglia sospesa tra tradizione e consumismo (con le immagini della Fiera del Levante del 1960), la Firenze popolare che diventerà poi protagonista del documentario La Firenze di Pratolini e, ancora, le periferie milanesi.
“Cosa significa essere una fotografa? Significa spogliarsi di tutte quelle che sono le nostre idee preconcette e andare in cerca… non della verità, la verità non esiste. È andare in cerca di qualcosa di molto più profondo della verità, qualcosa di assolutamente nascosto… e la fotografia, come tutto ciò che è un’icona, lo rivela”.
Non manca la parentesi dedicata al viaggio in Vietnam del 1965 – sono esposte anche alcune immagini inedite, appartenenti all’archivio privato di Cecilia e ritrovate solo di recente – per la preparazione (insieme al compagno di vita e lavoro Lino Del Fra) di un film mai realizzato.
Una sezione della mostra è poi dedicata alla ritrattistica, con una galleria di ritratti, da Pasolini a Moravia, da Fellini a Carlo Levi, da Montanelli a Flaiano, da Chaplin a Steinbeck, da John Huston a Malaparte. Parlano di cinema e del fare cinema gli scatti dal set di La legge. Fotografie di backstage realizzate su un grande set dimenticato, quello de La Legge, che nel 1958 riunì a Carpino, nell’entroterra del Gargano, il regista Jules Dassin e le star Gina Lollobrigida, Marcello Mastroianni, Yves Montand, Melina Mercouri e Pierre Brasseur.
Cecilia Mangini – Visioni e passioni: fotografie 1952-1965 è un progetto nato grazie a Associazione Cinema del reale, Erratacorrige, Big Sur e Officina Visioni, Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia e Museo delle Civiltà.