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Visita guidata ‘emotiva’ a Basilea. Una giornata ad Art Unlimited

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Visita antidepressiva ad Art Unlimited 2017

Il grande padiglione di Art Unlimited è sempre un buon inizio per la visita ad Art Basel (La fiera si è svolta dal 15 al 18 giugno 2017). È vero, è divertente quasi come un luna park, ma questo non lo deve sminuire. Anzi. Ci sono lavori di impatto ed anche molto interessanti. Ogni anno capita poi che, tra le tante interessanti, ci sia qualche istallazione molto particolare che resta in memoria negli anni a seguire. Normale. La 48° edizione di Art Basel a Basilea non ha fatto eccezione. Sempre in gran forma di pubblico (95.000 presenze in 5 giorni) e qualità.

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Ma proviamo a fare una visita guidata emotiva, in chiave divertente, all’ultima edizione di Art Unlimited, per chi non ha potuto visitarla e per chi vuol rivivere e confrontare le sue impressioni.

All’ingresso il colpo d’occhio è sempre molto curato. In questo caso, l’affastellarsi della grande istallazione di lamiere e del gigantesco mostro blu, rende chiara l’idea di dove stiamo andando. Appena ci si sposta a destra, ecco che ci ha pensato Barbara Kruger (con la galleria Spruth Magers di Berlino) a fare subito un richiamo graffiante all’attualità bruciante del mondo multiculturale: culture a contatto che, purtroppo, coesistono ma non si amalgamano e spesso non si tollerano. Il totem si chiama “Our people are better than your people”.

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Qualcosa di grosso che si muove e magari gira in tondo ci vuole. Qualche edizione fa l’artista che ruotava al suo scrittoio su un enorme piatto. Stavolta una specie di dirigibile che vola in tondo e una folla di smartphone impazziti per fotografarlo si leva dalle braccia di altrettanti -ebbene sì- visitatori umani. Ci ha pensato Chris Burden a realizzarlo.

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Subito dopo, eccovi una frenata monumentale, con pneumatico alto diversi metri. I pneumatici sono spesso media gradito agli artisti. E non poteva mancare. Qualche anno addietro occorreva fare una lunga coda per accedere in una stanza in cui c’erano numerosi vecchi pneumatici accatastati. Stavolta la visione è immediata e senza sforzo.

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I video non sono moltissimi, ma la loro qualità, dal punto di vista scenico e delle immagini, continua a crescere, forse perdendo di fantasia, ma… Diversi dalle sperimentazioni di anni addietro, sono sempre più spettacolari e spesso distribuiti su tre grandi schermi o più. Uno dei primi che si mostra entrando è il Movie Mural di Van Der Beek. Le proiezioni multicolori non rispettano la forma degli schermi, creando un gioco di prospettive e di ombre.

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Può mancare una toilette dopo lo sdoganamento di Duchamp? No di certo, in questo caso ci ha pensato Mac Adams a ricostruire un bagno con avvenimento di un possibile crimine. La gente si accalca e fa istallazione in sé, intorno a quel bagno di cui si chiede il significato.

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Altro concetto-istallazione che non può mancare è l’opera da calpestare. Ci ha pensato Massimo Bartolini con “Due”. Percorso su macerie da calpestare ma, attenzione, solo con le scarpe giuste. Per inciso, i ruderi, i rifiuti, il riciclo e le macerie, restano ora e chissà per quanto, materia preferita dagli artisti.

Riciclo? Lo splendido gruppo scultoreo di Nick Cave risplende, e se ben guardi risplende di un manto fatto di bottoni opalescenti.

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Ora occorre che qualcuno, in una kermesse del genere, si prenda l’onere di ritrarre un gran bel pene. A questo per fortuna ha pensato Peter Regli, nel suo gruppo scultoreo di grande dimensione. Quasi come Cariatidi, l’orso e il pene.

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L’essenzialismo italiano emerge da “Orizzonte” di Francesco Arena (Galleria Raffaella Cortese). Una lunga spranga arrugginita conficcata nei muri, et voilà, il gioco poetico è fatto.

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Una splendida ambientazione, anch’essa capace di riempire i grandi spazi del padiglione (che non è da poco), è il giardino di fontane fatto con bottiglie vecchie e reti. Cinque fontane a disegnare uno spazio immaginifico.

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Jason Rhoades, poi, ha voluto farci capire che fare una grande istallazione di tubi non è difficile, infatti è frequente. Il difficile è tenerla pulita…e a ciò ha pensato mettendo in permanenza due ragazze con zainetto a strofinare tra i tubi.

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Altra interazione gustosa quella col pavimento di uova, su cui si poteva salire scalzi, sovrastati da un soffitto inquietante di chiodi pronti a trafiggervi. Sulle uova e sotto i chiodi: sfidante, e il pubblico ne era estremamente attratto. Prova di coraggio?

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La vecchia auto sotto le vele era un ulteriore polo di attrazione notevole. Un incidente, o un investimento, tutto da immaginare. Targata BE.

Segnalo un altro richiamo all’attualità. Il varietà musicale del missile. Mentre, ovviamente, la donna nuda non poteva mancare, ma è bella la performance di Donna Huanca. La modella si impasticcia con tinte, ovviamente pigmenti naturali, benché, come sanno gli artisti, i pigmenti naturali sono tossici come mai e nei secoli addietro ci si restava pure “secchi” a furia di succhiarsi le dita per pulirle.

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Altra riflessione: lo sapete che spesso i collezionisti comprano le opere per metterle poi chiuse in cassaforte? Beh, qui ci ha pensato Carlos Garaicoa, che furbescamente ha esposto le sue sculture in altrettante casseforti vere e robuste. Saving the Safe, con riferimenti ai mondi finanziari più antipatici.

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Andando sino in fondo, altra istallazione che riempie sono le bandiere colorate e simpatiche della Barlow. Invisibile invece è l’immenso triangolo metallico. Non si distingue molto dal pavimento e questo è il bello. Lo calpesti ma senza saperlo. Poi leggi che c’è e devi cercarlo ben bene per trovarlo. Ci sei sopra già da un po’ di metri!

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Tra i video, immaginifico The Airport di John Akomfrah. Un astronauta giunge a visitare un aeroporto in rovina. Visione futuribile del nostro scintillante mondo provvisorio.

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L’immancabile Philippe Parreno invece presenta un normale albero di Natale, avvisandoci che per undici mesi all’anno esso può essere considerato un’opera d’arte. Attenti a non gettarlo via dopo dicembre. Per dispetto (scherzoso) non presentiamo la foto.

Infine…il bel ristorante orientale fatto di pentole. Bella atmosfera, forse da copiare nella realtà. Beati coloro che hanno potuto mangiare. Quando nelle istallazioni si mangia non ce n’è mai per tutti.

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Ancora due menzioni: bello l’orecchio sofà, e il cagnolino addestratissimo a far da modello. E immancabile il supermarket vuoto, che è tema sempre presente, in varie declinazioni, nelle ampie mostre contemporanee. Posizionati nel futuro e guardando indietro.

La visita al sempre antidepressivo padiglione ART UNLIMITED è trascorsa in poche ore. Ho potuto raccontarne una parte. Quest’anno molte meno le code per accedere alle istallazioni, il che, sinceramente, non è mancato. Si tratta spesso di un espediente per rendere preziosa una visita alla singola istallazione, che poi finisce per indispettire.

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