Print Friendly and PDF

L’eternità di Janine von Thüngen. Una dimensione del tempo a misura d’uomo

Janine von Thüngen - Eternity II Janine von Thüngen - Eternity II
Janine von Thüngen - Eternity II
Janine von Thüngen – Eternity II

Fino al 27 ottobre, il parco della villa palladiana La Malcontenta ospita le sculture “estese” dell’artista tedesca, in un progetto curato da Bruno Corà.

Mira (Ve). Un silenzio atavico, solenne come l’eternità, avvolge quei bronzi che sembrano emergere dal sottosuolo e librarsi in aria come fuochi fatui cui la patina rossastra li fa assomigliare, oppure si adagiano al suolo come elementi rocciosi illeggiadriti da un dinamismo plastico che quasi li rende eterei.

Janine von Thüngen (Monaco di Baviera, 1964) porta nell’entroterra veneto la sua ricerca estetica e filosofica, riassunta nelle due installazioni scultoree Eternity I ed Eternity II, opere in cui immergersi, da guardare ma soprattutto da pensare, lasciandosi avvolgere dal silenzio del parco della Malcontenta, con cui dialogano con sorprendete naturalezza.

La riflessione dell’artista, tedesca di nascita ma da anni residente in Italia, muove dall’urgenza di conciliare spazio e tempo, o meglio di annullare quest’ultimo nel primo, com’era proprio della filosofia antica, con la sua concezione circolare legata ai ritmi della natura. Concezione che sarà poi spezzata dall’idea cristiana del tempo lineare.

Janine von Thüngen - Eternity I
Janine von Thüngen – Eternity I

Nel recupero del pensiero antico, von Thüngen costruisce Eternity I come una spirale le cui distanze fra i suoi elementi seguono l’andamento matematico della serie di Fibonacci, che a Venezia, nel 1972 fu sviluppata anche da Mario Merz nel Padiglione Italia curato da Barilli. Ma se questi ne faceva un mezzo per misurare i fenomeni umani e animali, in un clima socio-politico di costante radicalizzazione, von Thüngen ne esplora l’essenza archetipica di elemento poetico di attuazione della realtà, principio ispiratore attorno al quale si formano la bellezza della natura (i fiori, le conchiglie, eccetera) e la proporzione del corpo umano. Una definizione dei corpi e degli spazi, e quindi anche dell’esistenza, che per riallacciarsi a Platone ha anch’essa le sue proporzioni, condizione necessaria per l’armonia estetica. La dimensione del tempo è data dalla patina antica appositamente studiata nelle catacombe romane, delle cui pareti queste sculture sono gli esatti calchi, poi utilizzati per la fusione in bronzo. Nascono quindi elementi e strutture che sono frammenti di un’epoca passata, ma che i successivi interventi di “deformazione” espandono nello spazio e nel tempo, e qui entra in gioco la concezione aristotelica dello spazio come luogo; nel libro IV della Fisica, il filosofo enunciava l’esistenza di un “luogo naturale” cui ciascun elemento sembra tendere, per sua stessa natura: fuoco e aria tendono verso l’alto, terra e acqua verso il basso. A questo concetto rimanda Eternity I, mentre Eternity II richiama invece l’assunto per cui il luogo è il primo immobile limite del contenente”. È una definizione, questa, divenuta celeberrima, e che i filosofi medievali fissarono nella formula: “terminus continentis immobilis primus”. Escludendo quindi l’esistenza del vuoto, l’unico movimento possibile è quello circolare. E all’eterno ritorno dei cicli naturali rimanda questa scultura: per citare Marco Tullio Cicerone, il tempo è una parte dell’eternità, che include passato, presente e futuro senza soluzione di continuità.

Janine von Thüngen - Eternity II 2
Janine von Thüngen – Eternity II 2

Un tempo che si spoglia del suo scorrere per annullarsi nell’immobilità eterna, attraverso la suggerita emersione dal sottosuolo e alla conseguente estensione nello spazio circostante, dove queste istallazioni scultoree si pongono come un corpo vivo, segnate da ossidi di acciaio e nitrati di ferro, come se l’azione degli agenti atmosferici le avesse plasmate nei secoli, alla stregua di pareti rocciose o cave sotterranee.

Pensando a una Venezia quasi sfregiata dalle chiassose “sculture” di Hirst, o ai tanti imitatori di Jeff Koons che hanno ridotta questa forma d’arte a mera produzione in serie di oggetti fra decorativo e provocatorio, le opere di von Thüngen si pongono in un’area di pensiero diametralmente opposta: si tratta infatti di sculture dietro le quali si cela un raffinato percorso mentale, sorta di rifugio dal caos contemporaneo per ritrovare, nella metafora dell’eternità, una dimensione del tempo a misura d’uomo. Quella stessa che permea la narrativa di Cesare Pavese, legata a una dimensione arcaica quasi immobile, dove il passato e il presente si fondono nell’esperienza dei protagonisti. Ne nasce una dimensione mentale dove è possibile scoprire e capire se stessi.

Per informazioni: http://www.lamalcontenta.com/index.php/it/visitalamalcontenta

Commenta con Facebook

leave a reply

Altri articoli