La galleria parigina ma italiana di nascita di Giovanni Sarti esporrà alla XXX edizione di Biaf. Inizierà il 23 settembre la trentesima edizione della Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze, ospitata a Palazzo Corsini fino al 1° ottobre 2017 sotto la regia del mercante italiano, ma conosciuto a livello internazionale, Fabrizio Moretti. La mostra prosegue nell’offerta di opere, selezionate da un comitato scientifico, che si indirizzano verso un collezionismo che ama la commistione tra opere di epoche assai diverse, dall’archeologia al contemporaneo. Ecco qualche anticipazione delle opere che porterà Sarti nel suo stand:
Questa anconetta, destinata alla devozione privata, raffigura la Vergine col Bambino, che con la mano destra offre un fiore (e non l’anello) a Santa Caterina d’Alessandria, riecheggiando il tema iconografico del matrimonio mistico. Questa pregevole tavola va restituita senza incertezze al Maestro di San Jacopo a Mucciana, prolifica personalità ancora anonima, attiva a Firenze tra la fine del XIV secolo e il primo quarto del Quattrocento.
Dopo la sua meditazione sull’arte di Agnolo Gaddi, questo maestro raffinato sviluppo’ il suo interesse per ritmi falcati e più sciolti, evidente nell’allungamento delle figure, nelle teste potentemente chiaroscurate e nei panneggi animati da ondeggiamenti eleganti delle sue opere.
Queste caratteristiche si ritrovano nel nostra tavola e inducono, con anche la presenza della razzatura del fondo oro promanante dalla Vergine e il motivo punzonato a cinque petali della sua aureola, a datare il nostro dipinto attorno al 1400.
In questo Ritratto di giovane uomo con lettera va riconosciuta con sicurezza la mano di Santi di Tito, uno dei più importanti ritrattisti fiorentini del momento. Lo stile dell’artista appare subito evidente nel disegno ovale e fermo del volto, nell’incarnato rosato e compatto che si accende nelle guance, ed infine nel riflesso perlaceo del colletto inamidato, dipinto con pennellate sicure e veloci a ravvivare l’abito nero.
La figura si erge tornita e netta di fronte alla grande tenda bianca – evidente eco all’arte di Bronzino, nel studio di cui Santi di Tito fu fomato. Il semplice gesto della lettera vergata offerta all’osservatore richiama i ritratti della tradizione fiorentina, che testimoniavano, fin dall’inizio del secolo, l’uso di rappresentare gli scambi epistolari come caratteri della vita civile della persona raffigurata.
Queste caratteri di naturalismo e di quieta semplicità, combinate ad una grande esperienza della tradizione fiorentina, spiegano il successo che i ritratti di Santi di Tito conosceranno presso i grandi mecenati fiorentini.
Il nostro San Lorenzo è una delle rare opere giovanili conosciuta del lungo e in seguito prolifico percorso di Andrea Vaccaro. E’ una notevole aggiunta al suo catalogo e i suoi caratteri riconfermano il ruolo di primo piano rivestito dal pittore non solo sulla scena della pittura napoletana del Seicento, ma anche in un contesto artistico italiano più ampio. La figura del santo, in piedi e vestito con i paramenti da diacono, è poggiata su una grande graticola metallica, e regge nella mano destra la palma del martirio.
Il fondale scuro attraversato da un’ampia lama di luce in diagonale e il potente chiaroscuro, riportano alla poetica caravaggesca. Gli appoggi vigorosi di colore entro calcolati schemi disegnativi, esaltano lo splendido stacco della dalmatica rossa e delle parti visibili della tunica bianca. Al tempo stesso si nota nel patetismo dell’espressione del santo, con gli occhi rivolti al cielo come per trovare l’ispirazione divina per affrontare il martirio, un’attenzione – benché prestata da posizioni artistiche del tutto autonome – verso le opere del breve momento caravaggesco di Guido Reni.