Da Midtown a Downtown. ArtMiami trasloca in centro portando con sé la giovane e “emergente” sorellina Context. Ventottesima edizione per la più vecchia e importante (dopo ovviamente ArtBasel) fiera dell’Art Week delle palme. Trasferimento su Herald Plaza, all’imbocco della McCartur Causeway, specchiando l’immenso capannone bianco lucido su Biscayne Bay. La fiera è una bella fiera, godibile ed elegante come Untitled su Ocean Drive, con pezzi importanti che vanno dalla seconda metà del Novecento fino a oggi. Si gira bene tra gli stand (125 gallerie selezionate), con una passerella coperta che porta in due minuti a Context (95 gallerie per la quinta edizione), situata appena fuori, all’ombra dei solidi sovrapposti dell’Arsht Center, centro delle arti performative della città.
Vip Lounge al centro, con poker di Special Project agli angoli, Outdoor Lounge fuori, scandita da luci blu e viola, vista baia e grattacieli, con accoglienza metallizzata all’ingresso: una Zonda Pagani firmata sul cofano Atchugarry, autore di un’escrescenza dorata scultorea conficcata nei 650 cavalli del motore Mercedes. Una tamarrata di lusso, che rispecchia movenze e costumi della maggior parte degli individui che girano da queste parti, maldestramente conciati tra plastica e glamour. A parte ciò, su cui ancora si attende un accurato studio antropologico (e psicologico), ci buttiamo nella fiera alla ricerca delle “cose” da non perdere.
Qui, a nostro fallibilissimo parere, le 15 cose da non mancare ad Art Miami 2017.
Il Jason Martin di 220 x 178 cm portato da Mimmo Scognamiglio (Milano) -e simpaticamente sbattuto in faccia ai Morris e Noland della newyorkese Yares di fronte- è uno dei pezzi più importanti di tutta la fiera. Lucide e grasse passate di giallo e arancio, con le consueta materia che deborda oltre la cornice di una gravosità meravigliosa. In stand si segnalano le affascinanti apatie delle figurine femminili di Jenny Hiltunen (fresche di personale a Milano), sospese tra rassegnazione e passiva alienazione dei tempi che corrono (questi), e la sigaretta accesa (con fumo) di Wesselmann, di carta. Una chicca.
Dall’altra parte della barricata ecco la maxi parata di espressionismo e campi di colore astratto: Frankenthaler, Morris, Noland, Poons, in solenne formato per Yares (New York), tra le specialiste mondiali dell’astrazione statunitense.
Tra le migliori proposte -e tra le più eleganti- la coreana Wellside: quattro artisti di casa, maestri certosini di processo, rigore e metodica composizione. Gli impronunciabili Yun Hyong-Keun, Chung Sang-Hwa, Chung Chung-Sub e Park Seo-Bo, in mostra con una selezione di lavori tra la metà degli anni Ottanta e la metà dei Novanta. Scritture e Meditazioni, come sottolineano i titoli, da elaborare lentamente.
Gli oltre 2 metri di Palma del libanese Nabil Nahas che si stagliano sul pastello rosa antico della parete principale di Vivian Horan (New York). Un’ombra di acrilico profilata nel cielo. Solitaria incede, a fianco di un Pistoletto a specchio, nascosta da un led epilettico anni Ottanta di Jenny Holzer.
L’installazione patologica di Damien Hirst dalla londinese Paul Stolper, miscellanea scultorea di lavori da Schizophrenogenesis (2014). Una catasta di pillole giganti composta di compresse, capsule e confezioni. Intorno, una “cornice” fatta di Warhol, Hirst (a parete) e Turk, più uno spazio soffuso dove pulsano i lavori multicolor a incastro di Brian Eno (visual artist oltreché compositore e musicista).
Menzione d’onore per Mark Borghi (New York) in fiera con un progetto-mostra che vuole celebrare “le donne artiste che hanno infranto le regole”. Dipinti e sculture di donne artiste, nate tra il 1899 e il 1945, dal titolo proprio “13 Women Who Broke All the Rules“, quindi Pat Lipsky, Michael West, Helen Frankenthaler, Mary Abbott, Charlotte Park e molte altre. In “mostra” lavori anche di Hans Hofmann e De Kooning.
Landau Contemporay, tappa obbligata, un po’ per il nome, un po’ per la grandezza (ci si capita per forza) e un po’ per la proposta confusionaria ma di buona qualità. Si passa da cose impresentabili ai cavalieri di Marini di fine anni 50, dai lavori (che vanno moltissimo) di Kwang Young-Chun, fino all’interessante figurazione ad encausto su tela -dei primi anni 90- del canadese Tony Scherman.
La finlandese Forsblom fa la voce grossa a ingresso fiera con un Donald Sultan floreale stilizzato dicromo chilometrico, che occupa una parete intera. All’interno: Chantal Joffe, Schnabel, ancora Sultan, e un Jason Martin vellutato color porpora.
Wayne Thiebaud da Allan Stone (New York), che oltre ai soliti gelatini, cioccolatini e tortini vari, presenta un paio di bei ritratti femminili degli anni Sessanta. In foto: l’intima sospensione indolente tra i bianchi di una ragazza con specchio, sguardo fisso nel nulla.
Altra galleria “d’ingresso” è la Vertes di Zurigo. Sugli scudi Calder anni Cinquanta, versione scultura e pittura; un fantastico connubio di rocce e vestigia di grigi e bruni firmato Dubuffet del 1951; una gabbia di Günther Uecker del 1972 e un bel Richter.
Lo stand di William Shearburn (Saint Louis, Missouri) tra la parete tastiera di riciclo di Sarah Forest e il Motherwell appena dietro; poi il Blah Blah Blah a caratteri cubitali di Mel Bochner e le ellissi incrociate di Richard Serra.
Terminus (Monaco di Baviera) va di Polke, Rauschenberg, Kiefer con torri polimateriche della Bicocca e una quasi origine del mondo di Wesselmann.
La londinese Omer Tiroche va di Basquiat, Stingel, Polke e di Wool con coppia d’aquile.
I lavori di Sonya Clark (la bandiera confederata che si scuce con eleganza al suolo) e il collage leggero e vibrante a finestrelle di Maximo Gonzalez, da Lisa Sette (Phoenix).
Il variopinto stand di Contessa (Palm Beach) sezionato in due parti: quella “street”, pop, kitsch e scenograficamente imbrattata di spray (e molto fotografata…) completamente dedicata a Mr. Brainwash, l’altra più seria con, tra le cose, i vortici di aeroplanini (coloratissimi o più sobri bicolor) di acciaio del nostro Daniele Sigalot, ex Blue & Joy.
Informazioni utili
ART MIAMI – http://www.artmiami.com
Informazioni pratiche – http://www.artmiami.com/practical-info
One Miami Herald Plaza, Downtown Miami
dal 6 al 10 dicembre 2017