«Il grande Antonio Canal parte da prima dalla secca ‘veduta’ romana nel genere del Vanvitelli e del Pannini; poi per essere più vero si vale della ‘camera ottica’ e proprio allora miracolosamente versa in poesia. Quando si pensi che sessant’anni prima a Venezia andavano per la maggiore i paesaggi di Monsù Cussin mentre in Olanda il Vermeer dipingeva la veduta di Delft, si intenderà su che piano europeo Canaletto abbia ora levato la pittura veneziana».
Roberto Longhi, 1946