Print Friendly and PDF

Il MoMa si racconta a Parigi. La grande mostra sulla modernità alla Louis Vuitton

Roy Lichtenstein - Ragazza che affoga, 1963 Roy Lichtenstein - Ragazza che affoga, 1963
Roy Lichtenstein - Ragazza che  affoga, 1963
Roy Lichtenstein – Ragazza che affoga, 1963

Duecento opere del Museum of Modern Art di New York, in mostra alla Fondation Louis Vuitton: dagli Impressionisti al Dadaismo, dai Cubisti alla Pop Art e all’Informale, oltre un secolo di storia dell’arte che definisce il concetto di modernità nel corso dei vari decenni. Fino al 5 marzo 2018.

Parigi. I musei, in quanto istituzioni culturali, dovrebbero essere corpi vivi in dialogo permanente con il mondo. Lo è senza dubbio il Museum of Modern Art di New York, che nell’immaginario collettivo – sia per la struttura progettata da Yoshio Taniguchi, sia per il fatto di trovarsi nella Grande Mela -, occupa un posto privilegiato fra i globetrotter culturali. Ma per quegli europei che non lo avessero ancora visitato, la Fondation Louis Vuitton, offre nei suoi spazi parigini la possibilità di colmare la lacuna: è infatti in corso fino al 5 marzo prossimo, la mostra di una selezione di 200 opere della collezione permanente del Museo, attraverso le quali si affronta il difficile e ambiguo tema della modernità, che negli ultimi anni è stato affrontato più volte in Italia e in Europa, come si avvertisse l’urgenza di indagare quel malessere sociale così simile a quello contemporaneo, e che oltre un secolo fa serpeggiava in Europa alla vigilia della Grande Guerra. Etre moderne. Le MoMa à Paris – la prima mostra di ampio respiro in terra francese dedicata alle collezioni del museo newyorkese -, è occasione per indagare quel drammatico irrompere di un nuovo sentire, di una realtà conflittuale e affannosa, circa la quale era necessario aggiornare i canoni di rappresentazione, ma soprattutto urgeva la necessità di metabolizzare quell’angoscia profetizzata da Nietzsche e puntualmente presentatasi. Le innovazioni estetiche furono precedenti a quelle concettuali, e Paul Cézanne fu probabilmente il primo a gettare le basi per il Cubismo, distorcendo le proporzioni e sfalsando i piani della prospettiva. Ma soprattutto, il suo Bagnante, incarna l’individuo sospeso in una realtà senza tempo, come sarà poi in maniera più marcata nelle tele di Picasso del periodo blu.

Pablo Picasso - Ragazzo che conduce un cavallo, 1905-6 © Succession Picasso 2017
Pablo Picasso – Ragazzo che conduce un cavallo, 1905-6 © Succession Picasso 2017

Un’atemporalità che sarà metafora di un tentativo estremo di sfuggire alla violenza della Storia. Sospeso fra ricerca estetica, occultismo e mondo del subconscio, Paul Signac – cui il Surrealismo sarà debitore -, che dopo aver aggiornato l’Impressionismo attraverso il Pointillisme, inventa una pittura dal sapore magico e i colori accesi, ispirata alle corrispondenze teorizzate da Charles Henry tra le proprietà delle forme e dei colori e le emozioni umane. Arte sospesa fra alchimia e psicanalisi, rutilante di colori con effetto smaltato, assai dinamica nell’effetto ottico generale: Sur l’émail d’un fond rythmique de mesures et d’angles, de tons et de teintes, portrait de M. Félix Fénéon en 1890, Opus 217 (1890), precorre il Surrealismo sia per la complessità del titolo, sia per le atmosfere oniriche da lui toccate. Lo spettro della mostra, geografico e concettuale, è ampio, e accompagna il pubblico fino a Vienna: il drammatico irrompere della modernità fu percepito in maniera particolare da Gustav Klimt, esponente di spicco della Wiener Secession, struggente e decadente espressione degli ultimi bagliori dell’Austria Felix.

Gustav Klimt - La Speranza II,  1907-8
Gustav Klimt – La Speranza II, 1907-8

Simbolista sotto le mentite spoglie dello Jugendstil, Klimt guarda all’arte bizantina per il largo uso dei fondi oro, che staccano dalla realtà il soggetto raffigurato e lo trasportano in una dimensione senza tempo, arcaica, sospesa fra sacro e profano. Negli anni appena precedenti alla Grande Guerra, il clima artistico è particolarmente vivace, mosso dalla necessità di raccontare e di fuggire quella realtà così ossessionante. Picasso supera il figurativo dal sapore arcaico dei bagnanti sulla spiaggia, per scomporre e ricomporre corpi e oggetti alla ricerca dell’essenza della forma. De Chirico, invece, lontano dai bellicismi dei Futuristi, predilige una dimensione più appartata, quella della Metafisica, e dipinge spazi assolati e silenziosi dove poter ascoltare il battito della propria anima. Duchamp, invece, già nel 1913 rovescia una comune ruota di bicicletta e getta le basi del Dadaismo, avvertendo la necessità di riscrivere completamente l’arte e rifondare la realtà.

Paul, Cézanne - Bagnante, 1885 ca_
Paul, Cézanne – Bagnante, 1885 ca_

Gli anni Venti e Trenta, superate le macerie della guerra, trovano un’Europa culturalmente vivace, ma con la spada di Damocle dei totalitarismi e delle dittature. Dai manifesti di propaganda socialista in Unione Sovietica, a quelli antifranchisti in Spagna, al cinema di Ėjzenštejn, l’arte registra gli avvenimenti politici, e molto spesso ne resta purtroppo prigioniera. La collezione del Moma dà voce anche a un altro mezzo espressivo che nel Novecento sarà fondamentale: la fotografia. Gli anni Trenta in America sono quelli dei postumi della Grande Depressione, e Walker Evans percorre il Paese raccontandone gli effetti, entrando nelle case delle famiglie rovinate dalla crisi, nelle fabbriche vuote, nei ricoveri do fortuna di chi ha perso tutto, e realizza il reportage che ispirerà la fotografia moderna, da Frank a Donzelli. Più delicato il lavoro di Eugène Atget, che ispirerà Berenice Abbott. Con la sua immediatezza, la fotografia è essenziale per raccontare un secolo denso di avvenimenti, ma anche per fissare in maniera tecnicamente più facilmente riproducibile, quegli istanti della vita che colpiscono per particolari condizioni di luce, movimenti dinamici, che la pittura non era sin lì riuscita a riprodurre completamente.

Andy Warhol - Barattoli di zuppa  Campbell, 1962
Andy Warhol – Barattoli di zuppa Campbell, 1962

Fondamentale passo avanti sulla strada della modernità, negli anni Quaranta negli USA, l’Espressionismo Astratto di Barnett Newman e Jackson Pollock; una tappa della storia dell’arte che segna lo spostamento della “capitale culturale” mondiale da Parigi a New York. Una corrente che, nell’America del dopoguerra stretta nella morsa del maccartismo, fu (al pari dell’esperienza di Art et Liberté in Egitto) una corrente artistica alla ricerca di una rottura con l’accademia, ma anche e soprattutto con la realtà sociopolitica di un Paese controverso, affiancandosi ai poeti della Beat Generation. Alla rottura della tradizione figurativa di stampo europeo si affiancò un ripensamento radicale della pittura, metafora di una pacifica rivoluzione sociale. Accanto all’Espressionismo Astratto, la Pop Art di Warhol e Lichtenstein, che fermarono sulla tela la spensierata società dei consumi e dell’immagine, due degli aspetti più controversi della modernità. Da allora, si può dire che la quasi totalità dell’arte prodotta risente dell’influsso Pop, sia perché l’artista dà molto spesso precedenza all’aspetto mercantile dell’arte che alla sua essenza concettuale, sia per quella patinatura che sembra allontanare l’arte dal dialogo diretto con il pubblico, per divenire oggetto mondano, da ammirare, fotografare, commentare. Senza, molto spesso, lasciare un arricchimento morale alla società.

Paul Signac - Opus 217, portrait de M. Fénéon, 1890
Paul Signac – Opus 217, portrait de M. Fénéon, 1890

Paradossalmente, l’incertezza che gravava sull’Europa agli albori della modernità, è la medesima che vi grava oggi. Dall’11 settembre 2001, i rapporti fra popoli sono profondamente cambiati, improntati a una conflittualità permanente: Gerhard Richter ferma quell’attimo in September (2005): l’immagine riflessa in una pozza d’acqua della prima delle torri gemelle colpite dall’attentato di quattro anni prima. È questa l’immagine-simbolo si una modernità conflittuale, dolorosa, dove la barbarie sembra poter avere la meglio sulla cultura e la civiltà.

Etre moderne. Le MoMa à Paris  è una mostra ampia e complessa, che richiede una lunga e accurata visita per poter apprezzare i tanti capolavori che raccoglie ognuno dei quali è un importante tassello del grande mosaico dell’arte dal Novecento al Duemila. La collezione del MoMa può essere considerata alla stregua della Recherche proustiana, ovvero una sterminata narrazione artistica che rende attuale il passato, riscoprendone quelle intuizioni, sensazioni, paure, passioni, vive ancora oggi nel sentire dell’umanità. Opere che, tutte insieme, costituiscono un’ideale sinfonia che misura il battito dell’umanità.

Tutte le informazioni: http://www.fondationlouisvuitton.fr

Gerhard Richter - Septembre,   2005
Gerhard Richter – Septembre, 2005

Commenta con Facebook

leave a reply

*