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Morto Romano Cagnoni, le sue foto pubblicate in tutto il mondo

Morto Romano Cagnoni, le sue foto pubblicate in tutto il mondo

Morto Romano Cagnoni, le sue foto pubblicate in tutto il mondoMorto Romano Cagnoni, le sue foto pubblicate in tutto il mondo. Nel ’66 il suo ritratto di Ho Chi Minh fu copertina di Life. Aveva 82 anni.

È morto oggi a 82 anni Romano Cagnoni a Pietrasanta dove viveva con la terza moglie, anche lei fotografa di origine svizzera.
Romano Cagnoni è stato tra i fotoreporter italiani più pubblicati dalla stampa internazionale. Citato insieme a Henri Cartier-Bresson, Bill Brandt, Don McCullin e Eugene Smith come uno dei più grandi fotografi del mondo nel libro Pictures on a Page del 1978 di Harold Evans, ex direttore del Sunday Times.

Vissuto per 30 anni a Londra, Cagnoni era tornato a vivere in provincia di Lucca, stabilendosi poi a Pietrasanta, dove era nato.

>> Autore di scatti pubblicati in tutto il mondo, fotografo di guerra ma non solo, Romano Cagnoni  è  stato il primo fotografo non di partito ammesso nel Vietnam di Ho Chi Minh, uno dei pochi a testimoniare il dramma del Biafra.

Ha immortalato anche Fidel Castro, Pinochet, Elizabeth Taylor, Bertrand Russel. Ha pubblicato copertine su Time su Life, su Il Mondo.  Venne lanciato a livello internazionale da L’Espresso che lo mandò all’inseguimento di  Liz Taylor a Londra: l’attrice non si era presentata sul set di Cleopatra dandosi malata, una fonte aveva rivelato al settimanale che la diva si trovava ancora in città rinchiusa in un albergo con Richard Burton (suo partner sul set del film) nonostante fosse ancora sposata con Eddi Fisher.
Cagnoni salì sul tetto dell’albergo e dopo ore di attesa scattò una serie foto alla diva che fecero il giro del mondo. Entrò così nell’equipe di Simon Guttmann che aveva scoperto e lanciato i più prestigiosi fotografi del mondo e cominciò a lavorare anche come fotoreporter di guerra.Morto Romano Cagnoni, le sue foto pubblicate in tutto il mondo. Nel '66 il suo ritratto di Ho Chi Minh fu copertina di Life

Negli anni ha coperto le aree più calde del pianeta, dalla Cambogia a Israele (dove seguì la guerra dello Yom Kippur), dal Cile di Allende (dove lavorò fianco a fianco con Graham Greene) all’Argentina di Peron, fino in tempi più recenti ai Balcani, alla Cecenia, alla Turchia, al Medio Oriente; pochi anni fa volle entrare, clandestinamente, in Siria. Ma seguì soprattutto e con grande partecipazione umana l’Africa delle catastrofi e delle guerre, Biafra, Etiopia, Nigeria.

Nella sua carriera ci sono più di 45 mostre, molti premi e 16 libri. Per sé non amava le definizioni, non gli piaceva essere etichettato come fotoreporter né tantomeno come fotografo di guerra. “Chiamatemi fotografo e basta”, diceva. L’ultimo saluto sarà domani nella sua abitazione-studio a Pietrasanta

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