“Non sono mai andato lontano per cercare i mei soggetti. Questi sono sempre stati intorno a me” si legge su uno dei muri del sottoporticato di Palazzo Ducale a Genova che dal 24 febbraio al 17 giugno 2018 ospita la mostra del fotografo ungherese André Kertész.
Straordinario artista che in più di cinquant’anni di carriera ha utilizzato la fotografia come se fosse un suo diario visivo, atto a rivelare la poesia dietro le semplici e anonime cose quotidiane, catturate attraverso prospettive uniche e rivoluzionarie. Straordinario artista che “faceva invidia” anche a Henri Cartier Bresson che di lui disse: “Qualsiasi cosa noi facciamo, Kertész l’ha fatto prima”.
Straordinario artista che ha segnato il passaggio dalla foto barocca a quella volta ad omaggiare i sentimenti degli uomini, come affermato dal curatore della mostra Denis Curti, vicepresidente della FONDAZIONE FORMA, Centro Internazionale di Fotografia, Direttore artistico di Civita Tre Venezie e direttore artistico della Casa dei TRE OCI di Venezia.
La mostra intitolata “André Kertész. Un grande maestro della fotografia del Novecento”, organizzata dal Jeu de Paume di Parigi in collaborazione con la Mediatheque de l’Architecture et du Patrimoine, Ministere de la Culture et de la Communication con diChroma photography e con la partecipazione di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, presenta oltre 180 fotografie che ripercorrono, suddivise in sezioni, l’intero percorso artistico del maestro ungherese.
Grande talento quello di André che, che prima e meglio di altri, ha messo il suo spiccato senso della forma a servizio della composizione, un’insaziabile curiosità per il mondo alla base del reportage fotogiornalistico, e che ha dato occhi e lenti nuovi alla fotografia modernista.
Nato a Budapest nel 1894, a soli ventitrè anni (nel 1917) ad André è bastato osservare gli effetti deformanti prodotti dalla luce e dall’acqua su un nuotatore, per dar forma e movimento ai suoi scatti. La sua è stata un’intuizione da pioniere, capace di ispirare vibranti distorsioni sui corpi tanto maschili che femminili ottenendo still life conturbanti e prospettive ‘elevate’.
“Molti sanno guardare, pochi vedono e ancora meno sentono quello che fotografano” diceva il fotografo artefice di opere spesso visionarie, sempre alla ricerca di temi, stili e linguaggi diversi. Il suo è un approccio capace di guardare dall’alto, spostare la prospettiva di lato, giocare con le ombre, animare con uno specchio le distorsioni che danzano con la sinuosità del reale.
Dopo l’acquisto della prima fotocamera, una ICA 4,5 x6 nel 1912 partito volontario per il fronte russo polacco con una piccola Goerz Tenax, documenta la vita di trincea e le lunghe marce dei soldati. Finita la guerra si trasferisce a Parigi, e qui acquista una Leica che lo rende ancora più agile. Inizia la collaborazione con la rivista “Vu” insieme ad Henri Cartier-Bresson, e nel 1929 partecipa alla prima mostra indipendente di fotografia “Salon de l’escalier”, insieme a colleghi come Berenice Abbott e Eugène Atget, Germaine Krull, Man Ray e Nadar.
L’interesse per le correnti artistiche americane lo porta poi a New York dove collabora come freelance per diverse riviste, ma è subito scontro con lo stile rigoroso del panorama fotogiornalistico statunitense. Così per questi problemi affiancati anche a quelli di salute, si costringe a guardare il mondo dalla finestra della sua casa del Greenwich Village, prima assieme alla sua amata moglie Elisabeth, e poi senza di lei quando lo lascerà solo ed inconsolabile per la sua morte.
Ma il poeta fotografo non si perde d’animo ed armato di telescopio e obiettivi zoom, trasforma il voyeurismo in forma d’arte, regalandoci il ritratto del quotidiano dell’umanità che popola la Grande Mela con una sensibilità unica. Tutto ciò è raccolto nel volume”From my Window (visibile dentro una teca di vetro alla mostra).
La mostra, in unica tappa italiana a Genova, ripercorre i vari periodi dell’artista: dal primo, quello ungherese, fino all’ultimo newyorkese con foto a colori. Un viaggio pieno di poesia e prospettive rivoluzionarie, dalla Budapest delle origini e il Ragazzo che dorme sin dal 1912, alla Parigi all’ombra della torre Eiffel o della celebre Chez Mondrian degli anni venti, dalle architetture di New York colte sin dagli anni Trenta, alla prospettiva sulla Martinica fotografata da un balcone il 1 gennaio 1972.
“André Kertész più di chiunque altro non lega le foto alla moda del tempo o alla politica, solo emozione – dice il curatore Denis Curti- Le sue foto sono uno scatto sulla realtà, foto che all’inizio potrebbero sembrare contemplative, ma che ci spingono ben oltre”.
Quando alla fine della sua vita l’artista decide di lasciare il prezioso patrimonio di negativi e documenti al Ministero della Cultura francese, fa un passo importante per la sua notorietà, in quanto prima, nonostante diversi premi, pubblicazioni ed esposizioni, eveva conquistato a fatica il meritato riconoscimento. Certamente quelli a lui contemporanei non erano ancora tempi pronti alla modernità delle sue visioni.
Informazioni utili
André Kertész. Un grande maestro della fotografia del Novecento
Sottoporticato Palazzo Ducale di Genova, piazza Giacomo Matteotti, 9
Dal 24 febbraio al 17 giugno 2018
Orari: da martedì a domenica 11-19. Chiuso il lunedì
Biglietti: intero euro 10, ridotto euro 8, scuole euro 4
Fotografie veramente belle, un grande…