Bertolami Fine Arts apre un dipartimento dedicato alla moda storica e al luxury. Lo dirigerà Ilaria De Santis, storica dell’arte specializzata in arti decorative con una lunga esperienza nel campo del collezionismo di moda.
La prima asta sarà il prossimo autunno. Una serie di abiti e accessori selezionati per quella vendita saranno però già esposti a Roma il 21 marzo 2018 a Palazzo Caetani Lovatelli, in occasione della serata di presentazione del dipartimento.
L’apertura del dipartimento segnala la rapida evoluzione delle case d’asta italiane, oramai vistosamente orientate ad assimilare il modello organizzativo delle colleghe anglosassoni, caratterizzato da una capillare articolazione in dipartimenti sempre più specializzati guidati da super esperti di settore. Abbiamo incontrato Ilaria De Santis a Palazzo Caetani Lovatelli, la sede romana di BFA.
Dottoressa De Santis, può aiutarci a capire che tipo di abiti e accessori si potranno acquistare attraverso il dipartimento di Fashion, luxury and textiles di Bertolami Fine Arts?
Capisco il senso della sua domanda. Nel nostro Paese le case d’asta che si occupano di moda sono ancora pochissime, per quanto ne so, due soltanto hanno sentito l’esigenza di dotarsi di un dipartimento dedicato al settore: noi e Il Ponte di Milano, per tutte le altre l’approccio è avvenuto nel segno dell’occasionalità. Il pubblico italiano fa dunque una certa fatica a rappresentarsi il tipo di offerta che può arrivare attraverso un’asta di fashion.
Beh, ci si aspetterebbe di trovare abiti e accessori vintage. Si parla di questo, no?
Si parla di cultura della moda. L’impostazione che intendo dare al dipartimento di cui mi occuperò parte proprio da lì: dall’esigenza di imporre in Italia una visione della moda come cultura. Non deve sembrare strano che una casa d’aste d’arte venda capi di vestiario, perché, non diversamente da un dipinto, una scultura, un oggetto di arte applicata o di design, essi possono essere opere d’ingegno o quantomeno espressione di un artigianato di livello altissimo. E poi l’abito è sempre una testimonianza molto puntuale della storia di una civiltà. Tratteremo moda storica senza darci limiti cronologici. Naturalmente, quando offriremo in vendita moda del ‘900, intercetteremo una clientela composta non solo da collezionisti ma anche da signore eleganti desiderose di acquistare un capo per il proprio guardaroba. Quel genere di compratrici troverà da noi vestiti e accessori portabilissimi e magari ancora molto attuali, ma nello stesso tempo unici e caratterizzati da una qualità di esecuzione che la moderna industria dell’abbigliamento non riesce più a garantire. Chi non ricorda lo spettacolare abito nero profilato di bianco indossato da Julia Roberts in occasione della LXXIII edizione del Premio Oscar?
Un vintage di Valentino
Era il 2001, da quel momento è stato universalmente chiaro che si può essere straordinariamente belle ed eleganti anche indossando un abito pescato in una vecchia collezione, uno di quegli abiti spesso definiti vintage, espressione che personalmente non amo.
In effetti nel linguaggio comune l’espressione “vintage” associata a un capo di vestiario viene spesso utilizzata come sinonimo di “usato”. E aggiungo che a nessuno verrebbe mai in mente di definire “vintage” un dipinto di qualche decina di anni fa.
Appunto, la data di esecuzione di un oggetto d’arte è un’informazione che ci permette di ricostruirne la storia e il fatto che quell’oggetto abbia una storia lo rende ai nostri occhi più prezioso, dobbiamo imparare a valutare la moda con lo stesso criterio. L’Italia è un Paese che ha dato nei secoli un contributo fondamentale alla storia della moda, quello della moda è uno dei settori trainanti della nostra economia, gli italiani amano vestirsi e la cura per il proprio abbigliamento è un atteggiamento trasversale alle varie classi sociali, ma allora perché nel nostro Paese fa fatica ad affermarsi una cultura della moda?
La moda per noi è importantissima ma facciamo fatica a percepirla come fenomeno culturale. L’attenzione di case d’asta che trattano collezionismo di alta valenza culturale potrebbe essere importante per imporre un punto di vista diverso sugli oggetti d’abbigliamento e, in generale, sui prodotti delle arti tessili.
Nel nome che ha scelto per il suo dipartimento accanto al sostantivo Fashion ne compare un altro: luxury.
Esatto, il settore del fashion presenta una doppia articolazione: moda storica – un contenitore nel quale convergono historic costume e vintage fashion – e luxury. Cosa si intende per luxury fashion? Il fashion, anche contemporaneo, brandizzato. L’espressione non è elegante ma rende benissimo l’idea: oggetti, accessori soprattutto, prodotti dai grandi brand mondiali del lusso, un risicato numero di marchi iconici, conosciuti da tutti e desiderati da tutti, ma che pochi possono permettersi. Nel campo della moda l’oggetto luxury per antonomasia è la borsa. Leggendarie le Handbags Auctions tenute da Christie’s a Hong Kong, New York, Londra e Parigi. I nomi in catalogo si contano sulla punta delle dita: Hermès, Chanel, Gucci, Dior, Louis Vuitton.
Status symbol più che oggetti da collezione
Anche status symbol, certo, e per questa ragione cercati da un pubblico molto diversificato, costituito non solo da collezionisti o signore di originale eleganza. Si può ad esempio essere indotti ad acquistare una Birkin di Hermès in asta magari solo per superare le liste di attesa imposte dalle boutique della casa madre.
Il pensiero va inevitabilmente alla Birkin Nilo Cocodrile venduta nel 2016 da Christie’s alla cifra record di 300.000 dollari o alla collezione di borse Hermès di Vittoria Beckham, valutata due milioni di dollari, cose dell’altro mondo.
Le vendite all’incanto fanno notizia solo quando raggiungono aggiudicazioni da record, ma la verità è che in asta compaiono oggetti di ogni fascia di prezzo. L’episodio della borsa pagata 300.000 e rotti dollari è eclatante, ma si trattava di un oggetto del tutto particolare e rarissimo, qualcosa al di fuori della norma.
Insomma, di che prezzi parliamo?
Se non cerchiamo Birkin Nilo Cocodrile in coccodrillo albino decorate da 245 diamanti, parliamo di prezzi anche molto abbordabili. La possibilità di arricchire il proprio guardaroba di bellissimi abiti vintage è ad esempio alla portata di tutte le tasche. L’offerta spazia dall’alta moda, al prêt à porter, alla produzione sartoriale di ottima qualità, tre grandi contenitori al cui interno si possono trovare oggetti di estremo interesse a quotazioni che vanno dalle decine alle migliaia di euro. Va da sé che un Dior storico, sempre che si riesca a trovarlo, costi delle belle cifre, ma l’offerta è talmente articolata e affascinante che sarebbe limitante fossilizzare la propria ricerca solo sui nomi leggendari.
L’idea della vintage fashion nell’ultimo decennio si è caricata di imprevisti risvolti etici.
È vero, la riflessione sull’ecosostenibilità, l’avvento di un’etica ambientale e di una cultura del riciclo ha investito anche il mondo della moda ed è stato inevitabile giungere all’equazione vintage fashion uguale green fashion.
In Italia esiste un collezionismo di moda di alto livello?
Si sta diffondendo, ma è un fenomeno relativamente recente. I grandi collezionisti italiani sono pochi e la cosa non deve stupire: la nostra mentalità non favorisce questa tipologia di raccolta.
In che senso?
Il collezionismo di moda nasce nel mondo anglosassone, cioè in un mondo in cui l’idea del riciclo dell’abito non è una novità modaiola dell’ultima ora, ma una consolidata consuetudine. Per un inglese è normale pensare di mettere a frutto i propri abiti usati, magari scambiandoli con altri abiti usati. In ogni quartiere delle grandi città britanniche si trovano negozi preposti a queste forme di baratto. Vale la pena esplorarli con pazienza perché a volte vi si trovano occasioni di acquisto molto fortunate. Mercatini dell’usato, garage sale: una città come Londra offre da sempre uno sconfinato territorio di caccia per l’aspirante collezionista di moda. In Italia è sempre stato diverso, non che i grandi e meravigliosi guardaroba mancassero, ma l’idea di mettere sul mercato gli abiti che non si indossano più non appartiene alla nostra tradizionale mentalità, gli abiti dismessi semmai si regalano. Insomma, pezzi da collezione ce ne sarebbero tanti e interessanti, ma di difficile reperibilità.
Ora ci penserete voi a colmare questa lacuna.
Faremo del nostro meglio per sostenere il collezionismo di settore e contribuire a formarlo, anche attraverso iniziative di carattere culturale.
A quando la prima asta?
Il prossimo autunno. Una serie di abiti e accessori selezionati per quella vendita saranno però già esposti a Roma il 21 marzo nella nostra sede di Palazzo Caetani Lovatelli, in occasione della serata di presentazione del dipartimento. L’invito si può richiedere telefonando o inviando una mail ai nostri uffici di Roma. Superfluo aggiungere che chiunque stia valutando la possibilità di mettere in vendita abiti, accessori, bijoux e tessuti d’epoca potrà contattarci per valutazioni gratuite, riservate e senza impegno. È sempre opportuno essere informati sul valore di ciò che si possiede!
Per contattare il dipartimento:
Fashion, Luxury and Textiles di Bertolami Fine Arts:
+39 3218464 – + 39 06 32609795 – +39 345 0825223
i.desantis@bertolamifinearts.com
info@scarlettmatassi.com