Visages Villages, il film di Agnès Varda e JR dal 15 marzo è nelle sale italiane, distribuito dalla Cineteca di Bologna. Pluripremiato, da L’Oeil d’or al Festival di Cannes al Premio del pubblico al Festival di Toronto, il film segna anche il Premio Oscar alla carriera ricevuto alla fine dell’anno scorso da Agnès Varda, prima regista donna nella storia della Academy.
È il racconto del viaggio intrapreso da Varda e da JR, lei 90 anni e lui 35, sulle strade francesi a bordo del furgone usato dall’artista per realizzare i suoi ritratti a grande formato, esposti in seguito sui muri, i tetti e le facciate dei centri urbani. Questo ironico road-movie ripercorre una serie d’incontri casuali e l’amicizia che cresce tra due autori di generazioni diverse, accomunati da un’autentica curiosità per le persone e le loro esperienze private. In quest’opera l’approccio documentario è arricchito da uno sguardo soggettivo e un atteggiamento di complicità che si crea con i personaggi raccontati.
Alla Fondazione Prada di Mialno, dove il film è stato presentato in anteprima, Agnès Varda, fotografa, regista e artista visiva e donna dallo spirito indomito, ha descritto la storia di quest’avventura cinematografica originale, un’inedita serie di gallerie fotografiche all’aperto in giro per la Francia realizzata con JR, l’artista che incolla le sue gigantesche fotografie sui muri del mondo. Agnès Varda ha esordito così: “Ognuno di noi è uno spettatore unico e vive l’esperienza di un film con molte differenze”.
Villages, Visages è un documentario, un film di finzione o semplicemente film?
Per me è un vero documentario realizzato da sociologi di buon umore.
La genesi del progetto?
È stato realizzato da due persone a quattro mani fin dalle intenzioni, dalle azioni, dalle scelte e dalle parole. Avevamo, pur con motivazioni diverse e in età diverse, lo stesso scopo. Il progetto di JR è Inside Out, cioè invita le persone nel suo camion magico a posare e a farsi fotografare e poi queste foto possono essere ritagliate, incollate, portate a casa oppure appese a un muro, ma è una proposta che JR fa alle persone per guardarsi e per farsi guardare.
Ma come è partito questo progetto?
È partito da uno choc, voluto e sollecitato da Rosalie Varda, mia figlia. Mi ha detto che non era possibile che non avessi mai incontrato JR. E quindi l’ha invitato a venire a incontrarmi. Poi sono andata io da JR e il terzo giorno abbiamo deciso di fare questo film. Ed è vero che mi sono innamorata del camion.
E l’idea del viaggio?
Si accompagnava molto bene al desiderio di scoprire le realtà dei piccoli villaggi attraverso la Francia proprio perché per noi l’importante era andare incontro a persone comuni, anonime che non hanno alcun potere e che sono immerse nel loro ambiente, nelle loro realtà. E poi l’idea di illuminarli, di dare loro la parola, di ascoltarli e di ingigantirli con le fotografie.
Come è stata coinvolta la gente?
L’idea era di creare un legame tra le persone filmate e le persone che guardano. E l’idea è anche quella di fare una creazione che a volte può essere effimera ma che crea di fatto anche una connessione a livello sociale lasciando libera l’immaginazione. Volevamo nel nostro progetto artistico fare in modo che le persone che interpellavano entrassero a far parte di questo progetto, non fossero semplicemente dei modelli ma dei veri e propri partecipanti.
Un viaggio nella provincia francese?
La scelta di girare per questi villaggi era per immergersi nella Francia profonda, soprattutto con il desiderio di non incontrare il sindaco o le persone potenti ma operai, gente di paese e contadini.
Un film che ha un valore anche antropologico e sociale?
Nei film di finzione vediamo come i nostri smartphone vengono utilizzati. Ma JR ed io abbiamo deciso all’inizio che era importante e più interessante vedere l’incontro tra diverse persone, anche se uso nella vita sms o mail nella mia quotidianità. Nei 18 mesi che sono stati necessari per girare questo film vedevamo le immagini terrificanti tramesse dai notiziari, guerre, torture e uomini dispersi in mare. Allora la domanda che ci siamo posti è stata se dovevamo aggiungere un altro strato di questa consapevolezza che ognuno di noi ha o forse non era invece il caso di proporre un antidoto nell’incontro reale con le persone scambiandosi parole. In un mondo con un ritmo sempre frenetico e tutto molto organizzato in cui l’impiego del nostro tempo è scandito nei minimi dettagli, noi ci siamo concessi il lusso di prenderci il tempo e lasciare che questo tempo ci regalasse delle idee e che nel corso delle nostre conversazioni potessero nascere delle immagini.
E Rosalie, mia figlia che ha prodotto il film ha capito che questo film aveva bisogno di un ritmo speciale e abbiamo girato una settimana al mese per 15 mesi.
Nei prossimi mesi Fondazione Prada dedicherà ad Agnès Varda una rassegna cinematografica presentando una selezione di dieci film che hanno contraddistinto un’intesa carriera iniziata nel 1954 e che l’hanno consacrata come una dei protagonisti del cinema internazionale. Nel 2015 la regista ha realizzato “Les 3 Boutons”, il decimo cortometraggio di Miu Miu Women’s Tales, la serie realizzata da autrici femminili e presentata alla Mostra del Cinema di Venezia alle Giornate degli Autori.
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