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Il vuoto pneumatico dei programmi culturali nel “Contratto di Governo” 5 Stelle/Lega

Reggia di Caserta La Reggia di Caserta
Reggia di Caserta
La Reggia di Caserta

La formulazione delle 30 righe riservate ai programmi culturali del governo diventa un sorprendente esercizio di virtuosismo dialettico, ma non ci sono programmi chiari, dettagliati o finalizzati

Se per caso siete fra coloro che si apprestano a votare online (fronte 5 Stelle) o negli appositi gazebo (fronte Lega) il Contratto di Governo sulla base del quale si muovono i destini della potenziale coalizione gialloverde – e di conseguenza i destini del Paese e di noi tutti cittadini -, armatevi di massicce dosi di comprensione, di ottimismo e magari anche di valeriana. Già, perché un conto è essere coscienti che in una fase preliminare e “diplomatica” come questa è difficile immaginare di trovare programmi chiari, dettagliati e finalizzati sulle mille questioni che il “governo del cambiamento” ha nelle ultime settimane gettato sul tavolo politico. Altro è trovarsi di fronte un documento sì strutturato e articolato, ma infarcito di assunti banali e scontati e spesso proposti con ardue soluzioni sintattiche, propositi astratti e discrasie difficili da interpretare. Non entriamo nel merito sul piano generale, ma come valutare il fatto che a temi di capitale importanza come “Esteri” o “Riduzione del debito e deficit” vengono dedicate poche righe, una quindicina ciascuno, mentre allo “Sport” – senza nulla togliere – due fitte pagine, almeno 5 volte tanto? Non va meglio alla “Cultura”: non che ci si aspettassero miracoli, ma la formulazione delle 30 righe riservate ai programmi culturali diventa un sorprendente esercizio di virtuosismo dialettico applicato al vuoto pneumatico.

Di Maio e Salvini
Di Maio e Salvini

In apertura i pazienti lettori/votanti vengono informati che “Il patrimonio culturale italiano rappresenta uno degli aspetti che più ci identificano nel mondo”, e che “Il nostro Paese è colmo di ricchezze artistiche e architettoniche sparse in maniera omogenea in tutto il territorio”. “Colmo” e “sparse”, testuali. “In maniera omogenea”. Per poi specificare che “in ogni campo dell’arte rappresentiamo un’eccellenza a livello mondiale, sia essa la danza, il cinema, la musica, il teatro”. Gli esempi sono appunto esempi, ma qui la scelta non è così irrilevante: design niente? Architettura? Pittura, scultura? Dopo questa imperdibile premessa, si passa alla parte “propositiva”. O almeno ci si aspetterebbe questo: perché il primo proposito “fattivo” svela che “occorre mettere in campo misure in grado di tutelare il bene nel lungo periodo, utilizzando in maniera virtuosa le risorse a disposizione”. Concetto rivoluzionario, deflagrante nei suoi propositi innovativi. Come? Dettagli secondari, inutili per ora. Perché ora occorre chiarire che “i nostri musei, siti storici, archeologici e dell’UNESCO devono tornare ad essere poli di attrazione e d’interesse internazionale, attraverso un complessivo aumento della fruibilità e un adeguato miglioramento dei servizi offerti ai visitatori”. Clamoroso: forse qualche governo passato era convinto che fosse auspicabile una diminuzione “della fruibilità” e un peggioramento “dei servizi offerti ai visitatori”. Quindi ben vengano queste novità. Anche perché il programma si ferma qui. Idee nuove? Nessuna. Risultato? Depressione, almeno in chi scrive: per la constatazione che un approccio strutturale al governo culturale del Paese resta una chimera. Franceschini ci ha provato, ma i risultati della sua riforma sono ahinoi andati ben al di sotto delle attese: difficilmente qualcuno rimpiangerà una politica che porta a trovare una “Klimt Experience” alla Reggia di Caserta, mentre intere ali restano chiuse per mancanza di custodi. Se le premesse di un futuro governo 5 Stelle/Lega sono queste, cosa ci sarà da rimpiangere?

Massimo Mattioli

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