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Biennale Architettura 2018. Il Padiglione Italia, un’occasione mancata

Collina Materana Guardando giù verso i dirupi dei calanchi di Pisticci – Urban Reports Alessandro Guida Collina Materana Guardando giù verso i dirupi dei calanchi di Pisticci – Urban Reports Alessandro Guida
Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2018
Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2018

Con il Paese che attende ancora la ricostruzione del sisma del 2016, l’architettura nazionale manca clamorosamente l’appuntamento più importante, anche a causa della mancanza di adeguate politiche di sviluppo e di sensibilità per la buona architettura. All’Arsenale, fino al 25 novembre 2018. www.arcipelagoitalia.it

VENEZIA – Se la Biennale Architettura 2016 avesse insegnato qualcosa al nostro Paese, probabilmente avremmo potuto apprezzare un Padiglione Italia di ben diverso carattere, frutto di più efficaci politiche governative. La premessa è d’obbligo perché la Biennale di Aravena REPORTING FROM THE FRONT, ebbe contenuti particolarmente importanti legati all’architettura come strumento di civiltà e di progresso. FREESPACE, in un certo senso, ne è la continuazione filosofica, con l’applicazione nel quotidiano di quelle stesse pratiche di gestione di situazioni particolarmente difficili. Sulla base di questi suggerimenti curatoriali, sulla base della situazione in cui versa il nostro Paese, con vaste aree ancora in attesa di essere ricostruite dopo il terremoto di due anni fa (essendo queste le circostanze in cui l’architettura si mobilita al servizio del Paese, ovviamente con il supporto di adeguata cornice istituzionale), si attendevano risposte più concrete.

Collina Materana Guardando giù verso i dirupi dei calanchi di Pisticci – Urban Reports Alessandro Guida
Collina Materana Guardando giù verso i dirupi dei calanchi di Pisticci – Urban Reports Alessandro Guida

Nulla di tutto questo sembra accadere osservando il percorso del Padiglione curato da Mario Cucinella che si snoda come un album di famiglia fra itinerari e progetti sperimentali, i primi per costruire una mappa di validi progetti già realizzati, disseminati nelle aree montane, dalle Alpi Orientali all’Appennino Calabro, i secondi per mostrare le potenzialità attuali dell’architettura italiana. Progetti di per sé pregevoli, che combinano innovazione e rispetto del territorio, ma che purtroppo sono gocce nell’oceano, a fronte delle emergenze con cui l’Italia convive da anni. E questo sposta inevitabilmente la questione dall’ambito tecnico a quello strettamente politico, al quale competono le programmazioni su scala nazionale. La Biennale è una finestra sul mondo, e come tale permette di capire anche cosa succede all’estero, anche in Paesi che dal nostro punto di vista appaiono arretrati: se a Mumbai, come dimostra l’esperienza di Case Design (visibile all’Arsenale, all’interno della Mostra Internazionale) si costruiscono scuole all’avanguardia, perché altrettanto non può essere fatto in Italia, a cominciare, ad esempio, da quelle regioni che nell’agosto 2016 furono duramente provate dai terremoti? Perché non liberare quegli spazi dalla macerie (ad Amatrice ci sono ancora), perché non liberare i cittadini dalla provvisorietà dei container o dei “moduli abitativi provvisori” (eufemismo tutto italiano per indicare scomode soluzioni di ripiego)? Perché scuole più dignitose non possono essere costruite per gli alunni di Amatrice e dintorni? L’architettura italiana non sembra capace – vuoi per inerzia propria, vuoi per sfavorevole clima politico -, di impegnarsi a fondo nel risollevare un Paese in crisi morale e d’identità. Gli interessanti progetti del Padiglione restano purtroppo a livello di progetto-pilota, esperimento, hanno quindi un carattere provvisorio. Ed è il provvisorio la dannazione del Paese, costretto a diventare precario, prima ancora che nel lavoro, nei modi di vivere, nel dover accettare situazioni non pienamente ufficializzate, suscettibili di variazioni in qualsiasi momento. Questo per dire come l’architettura sia un reale strumento di misurazione di un Paese e di un popolo, nonostante troppo spesso la si pensi come occupazione di suolo pubblico per tramite di un edificio più o meno utile o gradevole.

Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2018
Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2018

Come mappatura, la curatela di Cucinella può essere accettabile, perché fa il punto sulle piccole comunità che, da Nord a Sud, ancora mantengono valori e tradizioni che la grande città ha quasi del tutto smarriti; si tratta quindi di “periferie” sulle quali tuttavia si regge l’ossatura del Paese e che hanno visto interventi importanti di mantenimento, anche attraverso soluzioni d’avanguardia. Ma anche in questo caso urge un confronto, quello con il Padiglione della Repubblica Popolare Cinese – che il caso vuole sia proprio a fianco di quello italiano; a ben guardare, si somigliano abbastanza, perché in entrambi i casi vengono proposti modelli di sviluppo nel rispetto del territorio e delle sue tradizioni, ma mentre in Italia vengono applicati su piccolissima scala, molto spesso restano casi unici, mentre in Cina la programmazione gode di un vastissimo respiro, su scala almeno regionale. Ovviamente, le grandezze cinesi sono ben diverse da quelle italiane, ma quello che conta è l’ottica; in Italia sembra mancarne una generale, che dia la possibilità ad architetti competenti di poter concretamente intervenire sul territorio, o viene loro permesso dopo lunghi decenni di abbandono del territorio. Lo dimostrano gli interventi di riqualificazione sismica sull’Appennino Sannita, Campano e Lucano; eventi calamitosi che ormai fanno parte della memoria storica del Paese, e che vengono parzialmente risolti soltanto oggi, mentre migliaia di cittadini che loro malgrado stanno vivendo le nuove emergenze, da Amatrice ad Arquata del Tronto, sono condannati ad attendere ancora prima che sia permesso loro di ritrovare dignitosa sistemazione. Perché non si è lanciata una campagna nazionale di ricostruzione?

Barbagia Uno dei comparti industriali dismessi di Ottana – Urban Reports Alessandro Guida
Barbagia Uno dei comparti industriali dismessi di Ottana – Urban Reports Alessandro Guida

Un primo caso limite, a Gibellina Nuova dove a cinquant’anni dal terremoto del Belice, grazie allo Studio AM3 trova finalmente compimento il teatro incompiuto di Pietro Consagra, e si progetta un parco agricolo urbano. Niente da dire in merito alla validità dei progetti, sicuramente utili allo sviluppo del territorio, a creare occasioni d’incontro e di riflessione per gli abitanti, e soprattutto una via alternativa alla criminalità, magari anche in ricordo di Falcone e Borsellino, con l’attentato di Capaci avvenuto 26 anni fa, il 23 maggio, quest’anno anche vigilia del vernissage della Biennale. Ma quello che letteralmente indigna, è il veder applicate le soluzioni di cui sopra soltanto dopo mezzo secolo; prima, niente è stato fatto per Gibellina, se non le colate di cemento pilotate dalla mafia. Altro caso limite quello di Ottana, in provincia di Nuoro, nella micro regione della Barbagia, a suo tempo devastata dalla costruzione di un impianto petrolchimico; adesso, nell’intento di riqualificare un ambiente naturale e umano duramente provato dall’inquinamento, Solinas Serra Architetti ha progettata una Casa della Salute. Ma da parte sua il governo non sembra intenzionato ad affiancare a questo progetto un piano di bonifica e riqualificazione generale del territorio.

Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2018
Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2018

Desta una certa rabbia vedere come in Italia esiste la buona architettura, alla quale viene però data pochissima voce in capitolo, e ancora meno occasioni di tradursi nel concreto. Il Padiglione Italia è probabilmente il più affollato al momento dell’inaugurazione, con rituale sfilata di personaggi politici i quali, spente le luci della passerella, tornano alle loro scrivanie, a i loro uffici ovattati, lontani dalla realtà del Paese, che ha invece urgente necessità di programmi di riqualificazione del territorio su larga scala attesi da troppi anni. Del resto, l’Italia è terra più di parole che di fatti, di retorica più che di concretezza, e l’architettura, quella buona, fa quello che può contro i muri di gomma e d’incompetenza che disgraziatamente si trova intorno.

Foreste Casentinesi Segheria a Berleta, Forlì - Urban Reports, Isabella Sassi Farias
Foreste Casentinesi Segheria a Berleta, Forlì – Urban Reports, Isabella Sassi Farias
Vista interna Lo spazio ibrido – Solinas Serra Architects
Vista interna Lo spazio ibrido – Solinas Serra Architects
AM3 architetti associati, render internoesterno
AM3 architetti associati, render internoesterno
Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2018
Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2018

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