17 artisti e 3 film makers che spaziano dalle arti visive al video, dalla musica al teatro, per un RAID che porta la creatività in una palazzina confiscata e sequestrata alla mafia corleonese
“I libbra sunnu labbra”. Ovvero: i libri sono labbra. È questo lo statement – parole pronunciate da Antonina Azoti nel corso della performance con Giovanni Gaggia – che riassume efficacemente il senso profondo di un progetto che nei giorni dell’anteprima di Manifesta a Palermo, ha scelto di uscire dagli schemi dell’”evento”, fatti di (dis)organizzazione, ma anche di sontuosi palazzi nobiliari e di ricercati party, per portare l’arte contemporanea nella Sicilia più profonda. A farlo è stato RAID, un format estemporaneo ideato da FatStudio e già visto fra Bologna e Torino: che qui alla sua quinta edizione ha scelto Corleone per infiltrarsi “in una palazzina confiscata e sequestrata alla mafia corleonese, destinata ad ospitare uffici comunali”. Coinvolgendo la cittadinanza nei diversi progetti proposti con la massima libertà.
17 autori che spaziano dalle arti visive al video, dalla musica al teatro, che per una giornata – domenica 17 giugno – hanno trasformato l’immobile con un corale atto di offerta artistica, rigorosamente in diretta streaming, affidata all’occhio di tre registi. Nella palazzina confiscata alla Famiglia Lo Bue protagonisti artisti come Alessandro Brighetti e Giulio Cassanelli – gli animatori di FatStudio -, Rebecca Agnes, Pierpaolo Campanini, Fabrizio Cotognini, Giovanni Gaggia, Paolo Grassino, Alfredo Jaar, H.H Lim, Valerio Rocco Orlando, Maria D Rapicavoli, Luca Vitone, e film makers come Veronica Santi, Arthur Duff, Jared Mc Neill. Una “aggregazione di artisti che condividono gli stessi intenti, liberi da impalcature di mercato e da ipotesi di etichetta”, come da manifesto di RAID. Qui alcune immagini e il video…
http://www.fatstudio.org/raid-corleone/
2 Commenti
Dimenticavo:
4) sentiamo davvero il bisogno dell’ennesimo “saviano” messia che parla al popolino di temi più grandi di lui, nel mondo dell’arte?
Studio fat, in questo caso ha “ricercato” un modo diverso per affrontare un tema difficile.
Mi rimane difficile capire alcune cose:
1) perché nell’articolo si parla come se fosse Giovanni Gaggia, la testa pensante di tutto(essendo poi l’artista più debole tra quelli presentati)?
2) perché su questo articolo, Mattioli, chiaramente schierato dalla parte del suo amico Gaggia, non affronta in maniera critica tutta l’operazione, che a parer mio, risulta essere interessante su carta, ma meno in concretezza di contenuti?
3)l’autore , non crede che scrivere “l’anti-manifesta” ci si aspetti da chi legge un reportage di contenuti e foto che lo dimostrino?
Manifesta è un contenitore di arte meraviglioso.
Questo che su carta funziona, ma è in realtà solo fumo, non sfiora nemmeno per striscio la
Manifestazione.