Aldo Runfola giunge alla sua terza personale alla Galleria Michela Rizzo di Venezia. Un grande ritorno dopo le esperienze del 2004 (Welcome-Goodbye) e del 2014 (Eventi). Curata da Matteo Bergamini, sarà in esposizione fino al 5 settembre.
Aldo Runfola è un artista enigmatico, un reazionario in controtendenza che preferisce sottrarre la propria immagine al palcoscenico per lasciare che sia la sua arte a salire sul piedistallo. Ma come lui, anche le sue opere sembrano sottrarsi allo sguardo, chiuse in un’espressione non immediatamente comprensibile. Non spingono verso la rinuncia, ma invitano ad un’analisi approfondita, ad una riflessione. Rappresentano la possibilità di fermarsi, di evadere dalla tempesta di immagini che la realtà contemporanea invia ogni istante, e di concentrarsi su un unico, complesso stimolo.
«L’opera d’arte si distingue dal semplice oggetto per il fatto che è ciò che ci chiama a guardarvi almeno due volte. Guardare un’opera d’arte, già la prima volta è un riguardare. La si guarda già con una attenzione interrogativa, una consapevolezza che non si tratta di un oggetto come gli altri. Già il primo sguardo, in arte, è il secondo». Bertrand Rougéù
Macchie o Gocce, Nomi e Ritratti, le tre serie in mostra alla Galleria Rizzo di Venezia, fino al 5 settembre, seguono l’idea di un’immagine che si riduce e si moltiplica in una sequenza di elementi ripetuti. Loghi, elenchi di nomi, macchie identiche l’una all’altra che riconducono agli elementi dell’ordine precostituito, ora utile a circoscrivere la realtà, ora a eluderla.
Aldo Runfola interpreta il dato reale grazie ad un personale potere immaginativo, lo sintetizza in simboli reiteratamente identici a se stessi che rivendicano però un’appartenenza al mondo tanto come collettività quanto nel loro valore individuale. Una sorta di operazione “significante” che pone in relazione arbitrariamente l’oggetto al suo concetto, in una modalità simile a quella che il linguaggio adotta per collegare parole e cose.