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Il “capolavoro sconosciuto” di Gérard e il ginepraio dell’italica burocrazia

Il Gérard dove il gentiluomo è il cognato di Napoleone. Alcuni giorni or sono Pierluigi Panza ricostruiva per Il “Corriere della Sera” un gustoso fatto con fotografica precisione e anglosassone distacco. Fatto che per sommi capi mi accingo a descrivervi.

La prestigiosa e internazionalmente accreditata galleria Robilant+Voena (con sedi a Londra, Milano e St. Moritz) dopo aver acquisito, probabilmente dalla collezione Borghese di Roma, un dipinto di François Gérard raffigurante un gentiluomo, ne richiedeva l’attestato di libera circolazione all’estero presso la Soprintendenza di Bologna. Il nulla-osta viene ottenuto in base alla seguente scheda: “Dipinto ad olio su tela, raffigurante ritratto virile”.

Passano i mesi, ma otto son lunghi, però quel dipinto ne ha fatta di strada… Infatti – nuntio vobis gaudium magnum, habemus tabula pictam! la celebre Frick Collection di New York, il 7 dicembre dello scorso anno, annuncia con clamore di stampa l’acquisizione di uno dei maggiori dipinti di scuola francese dell’età napoleonica e, coup de théâtre, il ritratto virile, come in un film di cappa e spada, giù la mascherina, si rivela essere nientepopodimenoché, quello di Camillo Borghese. Minchia, il cognato di Napoleone! Raffigurato nell’unico dipinto a lui dedicato e capolavoro assoluto di François Gérard. Così mentre negli States si brinda e si balla, una nera nube invade gli uffici del ministero per i beni e le attività culturali, tanto che la direttrice Maria Vittoria Marini Clarelli (Vien dal Mare?) si pone la storica domanda, “Che fare?”. Un’idea leggermente, dolcemente si incomincia a palesar. Piano piano, terra terra, sottovoce, va scorrendo, va ronzando nell’orecchio, s’introduce destramente e la testa fa gonfiar… e alla fin trabocca e scoppia come un colpo di cannone: articolo 21 della Legge 241 del 1990, vale a dire procedura di annullamento dell’attestato rilasciato in autotutela. Perbacco, un bel annulla-osta retroattivo! Procedura giustificata, secondo il Mibact, dalla fortemente omissiva richiesta di libera circolazione, in quanto l’identità dell’effigiato doveva essere ben nota ai galleristi. Ergo, la sottovalutazione dell’ufficio esportazione sarebbe stata indotta dalla fallace descrizione dei richiedenti.

Fantastico, se descrivo una mucca ed invece è un cavallo, il povero funzionario è indotto in errore!

Tesi curiosa e tutta da dimostrare e, se è pur vero che l’opera in questione era conosciuta e ampiamente pubblicata in vari cataloghi, non si comprende come questo rappresenti un’aggravante per i richiedenti e non per la Soprintendenza il cui compito è appunto quello di esercitare un ferreo controllo sulle opere a loro sottoposte. Ma si sa, il nostro amato Stato si comporta spesso come il Marchese del Grillo, vale a dire “Io so Io e voi non siete un cazzo!”. Nemmeno Gogol nelle sue più sfrenate paranoie burocratiche aveva previsto un Stato che sconferma gli attestati da lui stesso rilasciati. Detto questo, la parola agli avvocati. Bella querelle, andatela a spiegare agli Americani!

“Amorale” della favola: chi mai si fiderà -da oggi in poi- dei galleristi italiani quando proporranno opere corredate di attestati di libera circolazione? Il danno è fatto, compliments! L’immagine dell’Italia, patria della cultura, non ne esce certo bene da questo pasticcio. E il nostro piccolo piccolo mercato dell’arte rischia di scomparire del tutto. Vi sembra una cosa intelligente?

Infine: a quando un bel ripensamento complessivo di tutto il comparto tutela del patrimonio, di quel ginepraio delle Soprintendenze, compreso l’istituto della Notifica? Non è possibile che lo Stato si arroghi il diritto di notificare un bene, pregiudicandone il valore economico, senza avere l’obbligo di acquisto ai valori correnti di mercato arrecando così un considerevole danno economico ed una limitazione del diritto di proprietà.

Frick & Chips
Esportabili Saluti

L.d.R.

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