Negli spazi della galleria d’arte “Casamadre” di Napoli, è allestita la mostra dal titolo “Napoli è” di Francesco Clemente, fino al 14 settembre 2018.
E’ una città lontana da certi clichè, di una immagine stereotipata e da cartolina illustrata. Partendo dalle gouaches ottocentesche, dai Fergola, suoi avi di sangue e di mestiere, come un sapiente copista indiano, Francesco Clemente (Napoli, 1952) riprende il paesaggio napoletano, ne raddoppia l’immagine e innesta elementi diversi provenienti dalla sua cultura cosmopolita.
Osservando i suoi dipinti e i rispettivi duplicati, quasi in un gioco di specchi e di simmetrie, un doppio Castel dell’Ovo, Teatro San Carlo e Vesuvio, evidenziano una produzione seriale caratterizzata da una ripetitività visiva, fragile e debole. Non sono immagini precostituite e speculative, sono la costruzione di una metropoli globalizzata che include elementi della propria storia e iconologie provenienti da zone remote del mondo, che si integrano, dialogano e contrastano tra di loro.
La ripetizione è differenza, e Napoli è una metafora, è una commistione di culture eterogenee, è una metropoli bella e stratificata. Nei dipinti di Clemente, l’antica Partenope rispecchia visivamente l’impianto urbanistico di simmetria e di percezione dello spazio della “Città ideale”, dipinto databile tra il 1470 e 1490, di autore sconosciuto, conservato alla Galleria Nazionale delle Marche a Urbino. Sono tele senza pretese di verità, vicine, e al tempo stesso lontane dalla “La Repubblica” di Platone, governata in base ai principi filosofici. Napoli è una città uguale solo a sé stessa, fino all’eccesso e all’assurdo, di difficile comparazione.
Osservando uno dei suoi dipinti, due fiori collocati nella parte alta della tela rimandano ad un universo esotico. Al centro si staglia l’architettura con gli edifici della città partenopea, che con il suo doppio figurativo genera una nuova morfologia del proprio territorio. Una visione del paesaggio riconducibile alla “Torre di Babele” di Pieter Brueghel il Vecchio, accomunati entrambi da una percezione propria della città, ma con esiti completamente diversi.
Di connotazione diversa è la tela che riproduce il teatro San Carlo e il suo doppio, sullo sfondo divampa un incendio, le fiamme avvolgono una serie di edifici, è una immagine di “neroniana” memoria che rievoca l’incendio dell’antica capitale, Roma. Clemente riesce in quest’opera ad evidenziare il carattere mutevole di ogni singola città, includendo Napoli in questa visione, dove tutto può cambiare, tutto può succedere, ribaltando la percezione e l’idea del fruitore nei confronti delle metropoli. Al centro del dipinto l’artista colloca il proprio volto, è il suo punto di osservazione, è l’invito ad analizzare l’incendio dallo stesso punto di vista. Nella parte bassa del quadro, quattro figure orientali meditano a distanza sul tragico evento.
Proseguendo con il percorso espositivo, il dipinto che ha come protagonista il castello Maschio Angioino, restituisce una immagine di sé diversa, rispetto all’attuale configurazione. Realizzando il suo doppio, le torri e le pareti creano una cinta muraria che collocano l’intero complesso in un luogo lontano dal mare, dove attualmente si trova, ma su un’altura, simile ai castelli di origine medievale. Senza troppi stravolgimenti, generando semplicemente il doppio o l’estensione di una parte della città, cambia la percezione degli spazi urbani.
Osservando la tela con Castel dell’Ovo, luogo in cui morì l’antica sirena Partenope, la sua copia genera la formazione di un’isola, non più legata alla terraferma. L’impianto compositivo ricorda il dipinto “L’isola dei morti” di Arnold Bocklin, con la presenza di vegetazione nella parte centrale e di strutture murarie sui lati. La presenza nella parte bassa di cavallucci marini, è il simbolo di un popolo che ha sempre avuto forti relazioni con l’ambiente marino.
Due opere di Clemente riprendono il simbolo della città napoletana, Piazza Plebiscito. Aumentando l’estensione della piazza e la mancanza di figure organiche, innescano nel fruitore delle visioni metafisiche, ascrivibili ai paesaggi desolati di Giorgio De Chirico. Soltanto la presenza di onde marine e di due delfini riescono a conferire al dipinto un certo dinamismo.
Questa rappresentazione di Napoli pone una riflessione sul modello urbanistico e sulla propria visione, a volte specchiandosi non si vede la propria immagine, si vede altro.
Informazioni utili
Francesco Clemente. Napoli è
Galleria Casamadre, Palazzo Partanna, piazza dei Martiri, 58 Napoli
Dal 24 maggio al 14 settembre 2018
Ingresso gratuito