Vienna. La mostra In-sight. The Canaletto view rende omaggio alla capitale austriaca, già imperiale, attraverso la Reggia del Belvedere, dalla celebre veduta di Canaletto fino alla progettazione contemporanea. Fino al 14 ottobre 2018.
A metà Settecento, in piena Età dei Lumi, Vienna acquistava il suo rango di grande capitale europea, con l’Imperatrice Maria Teresa che avviò le prime importanti riforme statali e soprattutto commissionò una serie di grandiosi piani di espansione e abbellimento della città; artisti e architetti lavorarono alacremente alla realizzazione di imponenti edifici barocchi e rococò, che ingentilirono il profilo cittadino. Soddisfatta di quanto compito, l’Imperatrice commissionò al veneziano Bernardo Bellotto (detto anche Canaletto, come il più celebre zio Giovanni Antonio Canal), una veduta della città presa dal palazzo del Belvedere. Il dipinto fu compiuto fra il 1759 e il 1760, e resta una delle vedute più celebri della capitale austriaca, che nei decenni successivi è stato fonte d’ispirazione per numerosi altri artisti.
Da qui si sviluppa la mostra In-sight. The Canaletto view, curata da Markus Fellinger, che costituisce uno spaccato di molteplici aspetti culturali: quello artistico, proponendo un confronto tra i vari artisti che si sono cimentati con la veduta dal Belvedere, dal Settecento al Novecento; quello architettonico, con i cambiamenti che hanno interessato il tessuto urbano, e documentati dagli artisti nelle varie epoche; quello politico, poiché il Belvedere è stato testimone di eventi significativi nella storia della città.
Voluto da Eugenio di Savoia all’inizio del Settecento, alla sua scomparsa nel 1736 passò alla nipote Vittoria, che otto anni più tardi lo cedé all’Imperatrice Maria Teresa. Fu lei appunto a commissionare a Canaletto l’elegante veduta che però in mostra non è visibile in originale, data la delicatezza dell’opera; la si può però ammirare nel Kunsthistorisches Museum. Una condizione che fa della mostra al Belvedere un evento sui generis, non privo tuttavia d’interesse per il modo in cui racconta i cambiamenti urbanistici della zona attorno al Palazzo visti con differenti stili artistici, a seconda delle epoche.
Una mostra di studio su un doppio livello, che dal Settecento giunge fino ai nostri giorni, con il discusso progetto del Wiener Wolkenbügel, avveniristico edificio che andrebbe a modificare sensibilmente lo skyline cittadino, compresa quindi la vista dal Belvedere. Ma in quel lontano Settecento, a ergersi ad altezze considerevoli erano soltanto il gotico campanile di Santo Stefano e alcuni dei palazzi più prestigiosi. Vienna stava cominciando a disegnare, su impulso di Maria Teresa, il suo volto di grande capitale europea.
La veduta di Canaletto fece scuola in Austria, e molti, pittori, incisori, acquerellisti, si cimentarono con quel soggetto, come ampiamente documentato dalla mostra; Carl Schütz, che fu anche architetto, ha realizzata nel 1784 una raffinata veduta del parco animato dalle passeggiata dell’elegante folla, probabilmente appartenente agli ambienti della Corte asburgica. Una certosina perizia nei dettagli, e i delicati colori ne fanno un esempio della raffinata scuola acquerellista che fioriva a Vienna in quegli anni. Più di maniera, le vedute dipinte su metallo o su vetro, con scorci del palazzo e del parco; eseguiti alla metà dell’Ottocento, si tratta di graziosi oggetti d’arredo che vanno incontro ai gusti della nascente borghesia austriaca, i cui palazzi che sorgono in questi anni arricchiscono le nuove strade tracciate in città. Non tutti i progetti urbanistici trovano però compimento, come è il caso di quello pensato da Anton Emanuel Stache nel 1820 per la zona attorno al Belvedere, e di cui è in mostra il prospetto originale.
A metà Ottocento la fotografia comincia a diffondersi come nuovo mezzo di creazione d’immagini, affiancandosi ai dipinti e agli acquerelli anche nelle vedute urbane; il Belvedere, con la sua magnificenza architettonica e l’eleganza del suo giardino alla francese, diviene uno dei monumenti più fotografati di Vienna: in mostra, una selezione di immagini d’epoca, dal panorama ai particolari del giardino, che all’epoca era già aperto al pubblico, in quanto il Belvedere Superiore per volontà di Maria Teresa, nel 1781 accolse in alcune delle sue sale la Galleria d’arte imperiale, uno dei primi musei pubblici al mondo. Dalla fotografia scattata nel 1850 quasi dallo stesso punto d’osservazione che usò Canaletto per la sua veduta di un secolo prima, si nota una città non molto differente, e che in questi decenni ha visto soltanto la costruzione di nuovi isolati attorno alla chiesa di San Carlo.
Il Belvedere è ormai divenuto un luogo simbolo nella memoria collettiva della città, meta gradita ai viennesi per passeggiare nel parco o per ammirare le collezioni d’arte. Gli artisti continuano a immortalarlo con il compassato approccio accademico, e a rompere gli schemi giunge nel 1894 Tina Blau, con la sua veduta in stile macchiaiolo, in cui la pastosità della tempera contrasta con i delicati oli e acquerelli realizzati sin a quel momento. Passata la grande guerra, terminata la funzione del Belvedere come reggia della famiglia imperiale, ma soprattutto terminata la millenaria storia dell’Impero Asburgico, Vienna e l’Austria piombano in una crisi d’identità, aggravata dall’invasione nazista del 1938.
L’arte ha ormai lasciate da parte le leziosaggini ottocentesche, si è fatta interprete delle angosce delle nuove generazioni, strette fra le guerre e i totalitarismi; emblematica, a questo proposito, la veduta espressionista di Edgar Jené del 1938; un’aura scura avvolge la scena, una donna solitaria sale la scalinata, una statua mitologica si erge sul lato opposto, sinistra sfinge che sembra possedere il segreto di un oscuro futuro. Un dipinto da cui si percepisce tutto lo smarrimento del popolo austriaco che non sembra più ritrovare un senso di appartenenza nella propria capitale. E una veduta di Oskar Laske del 1940, ci mostra una città pressoché invariata dai tempi di Canaletto, a dimostrazione di come, fino alla Seconda Guerra Mondiale, il concetto di espansione, in ogni settore, avesse ritmi assai più blandi. Suggestivo e doloroso insieme, lo scatto di Otto Croy realizzato nel 1945 nel parco del Belvedere, all’epoca utilizzato per l’alloggiamento delle truppe sovietiche d’occupazione; nel prato, pascolano due magrissime vacche, utilizzate per rifornire di latte le truppe stesse. Anni di smarrimento, come nel 1918, ma con in più l’umiliazione dell’occupazione militare.
Nel 1948 Gerhart Frankl realizza un trittico di vedute, fra espressionismo e astrattismo, in cui ancora si scorge la generale mestizia dell’intero Paese. Che in un certo senso risorge nel 1955, quando, proprio al Belvedere, fu proclamata la Repubblica d’Austria, tornata indipendente dopo i dieci anni di amministrazione alleata. Erich Lessing ha immortalato lo storico momento, il 15 maggio del 1955. Negli ultimi decenni il Belvedere è uscito di scena, per quanto riguarda l’arte, essendo venuto meno l’interesse per le vedute o la pittura urbana in genere; c’è però chi ancora “guarda all’antico”, e Domenico Mühle ha ripreso nel 2010 la veduta di Canaletto, interpretandola in un crepuscolare stile espressionista che ricorda le atmosfere di Munch. Infine, il panorama celebrato da oltre due secoli, potrebbe subire una considerevole modifica de verrà realizzato il progetto dell’avveniristico Wiener Wolkenbügel, avveniristico edificio che dovrebbe sorgere nella Beethovenplatz. Al momento però, a causa di un acceso dibattito in città, il progetto è bloccato.
Con questo scorcio d’attualità, si chiude una mostra che, nell’arco di circa due secoli e mezzo, attraverso il simbolo del Belvedere e le immagini di cui è stato protagonista, dà il senso dello spazio comune cui tutti i cittadini appartengono, e consolida la memoria collettiva.
THE CANALETTO VIEW
IN-SIGHT
29 June 2018 to 14 October 2018