La scrittrice vincitrice del Premio Strega con il suo libro La Ragazza con la Leica svela nell’intervista al quotidiano La Verità molti particolari del rapporto fra Gerda Taro e Robert Capa
“Gerda aveva lo spirito innato dell’imprenditrice. Quando conobbe Andre Friedmann, intuì che il giovanotto, dietro a quell’aspetto dimesso, lo sguardo da tombeur de femme e i modi timidi per farlo, era un talento naturale, cui mancava la marcia in più per imporsi all’attenzione. Fu così che applicò, con notevole intuizione per l’epoca, un’efficace strategia di marketing”. Chi parla è Helena Janeczek, fenomeno letterario dell’anno, vincitrice – la prima donna dopo 15 anni – del Premio Strega con il suo La Ragazza con la Leica, storia della giovane ventisettenne reporter di guerra Gerda Taro e del suo rapporto con un grande fotografo, probabilmente il massimo reporter di guerra del Novecento.
E nell’imperdibile intervista pubblicata oggi dal quotidiano La Verità svela più di un particolare decisamente sorprendente: “Gerda, in realtà, si chiamava Gerta Pohorylle. Lo mutò in Gerda Taro, suonava meglio e poi ricordava Greta Garbo. Fu lei che si inventò il nome Robert Capa, un giovane fotografo americano talentuoso venuto in Europa per raccontarne la cronaca e i suoi protagonisti”. Eccolo, il nome del fotografo passato alla storia per molti iconici scatti, Robert Capa: “Questa mutazione anagrafica viene descritta in maniera divertente tramite la testimonianza di Ruth Cerf, la storica amica di Gerda, con cui studiava a Lipsia e che la seguì poi a Parigi. Quando si sentì proporre il suo nuovo cognome, Andre, pardon Robert, se ne usci così: ‘Ma Capa, in ungherese, vuoi dire squalo’. ‘Non importa, suona bene’, ribattè lei, ‘ricorda Frank Capra, e poi non si può storpiare in nessuna lingua, rimane impresso’”.