Dimostrò l’infondatezza del concetto di razza umana. E’ scomparso all’età di 96 anni il genetista Luigi Luca Cavalli-Sforza, celebre per avere gettato le basi della genetica delle popolazioni. Cavalli Sforza (Genova, 25 gennaio 1922 – Belluno, 31 agosto 2018) è stato il primo a capire con chiarezza che nelle nostre cellule c’è molto di più, la traccia di una storia trasmessa dai genitori, dagli antenati, fino ad arrivare ai primi sapiens. Una vera e propria genetica dell’evoluzione. Arrivò ad affermare che il concetto di razza è solo culturale e non è dimostrato da alcuna base genetica.
Nato a Genova il 25 gennaio 1922, è morto a Belluno, dove viveva. La sua carriera scientifica era cominciata in Gran Bretagna, e fin dagli anni ’50 è proseguita fra Italia, dove insegnava all’università di Pavia, e Stati Uniti, nell’università di Stanford. Aveva studiato a Torino nella scuola di Giuseppe Levi (maestro anche di Salvador Luria, Renato Dulbecco e Rita Levi Montalcini, tre premi Nobel). Ma soprattutto era stato allievo di Adriano Buzzati Traverso, padre della genetica italiana e fratello dello scrittore Dino: la moglie di Cavalli Sforza, Alba Ramazzotti, era nipote dei fratelli Buzzati e ne aveva ereditato la casa bellunese in cui lo scienziato ha vissuto negli ultimi anni.
Ha saputo far dialogare discipline diverse – genetica, matematica, archeologia e linguistica – per costruire un atlante genetico del mondo, un albero genealogico dell’evoluzione umana basato su dati biologici, ma anche archeologici e linguistici.