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Marina Abramovic, la Santa e il Picchiatello

 

Datemi un martello, che cosa ne vuoi far? lo voglio dare in testa a chi non mi va… cantava a squarciagola nei favolosi anni Sessanta Rita Pavone.

Più o meno quel che è accaduto a Marina Abramovic uscendo da Palazzo Strozzi a Firenze dove è in corso una mostra a lei dedicata. Il fatto è rimbalzato su tutti i media e quindi vi risparmierò la banale descrizione dello stesso, per dedicarmi ad alcuni dettagli che possono illuminare la scena del “delitto”.

La vittima, confidenzialmente Marina, paradossalmente dovrebbe sentirsi gratificata per l’assalto subito, aggressivo ma non finalizzato a far male fisicamente, il ritratto che le è stato fracassato in testa era di fatto effigiato su carta e senza vetro. In fondo è stato un po’ tornare alle origini, dato che le performance dell’artista sono sempre state incentrate proprio sulla sfida con il pubblico e, non poche volte, si dovettero interrompere per il manifestarsi di reazioni aggressive da parte degli spettatori. Questo accadeva allora, negli anni ’70. Dopo, ormai onusta di gloria, le sue sfide di concentrazione e resistenza, unicamente psichica, si sono svolte nelle più confortevoli e glamour sale dei musei.

Tornando alla cronaca, il fatto stesso che l’artista stupita abbia chiesto il perché di quel gesto al suo aggressore certifica la distanza che la separa dalle sue precedenti esperienze. C’est la vie, si incomincia incendiari e si finisce pompier. I pioli della lunga scala che, dalla foto in cui Duchamp, toccato dalla cometa, mostra la “sacra” Tonsure a mo’ di demiurgo, scendendo fino a Beuys lo sciamano e poi giù, ad arrivare alle sedute collettive di autocoscienza, sono l’evidenza plastica della triste parabola dell’arte del secolo breve.

Infine due cristiane parole sul “povero” aggressore, Vaclav Pisvejc, reo di aver voluto fare un giro sulla Grande Giostra e di aver dissacrato la “Santa”. Picchiatello, in fondo, ha solo fatto un’emulazione trash di una performance, ingenuamente fedele al credo avanguardistico per cui l’arte è vita e quindi bisogna liberare quanto di creativo c’è in ognuno di noi mettendo paradossalmente in atto le lezioni liberatorie della Sciamana.

Una recente réclame illustrava i vantaggi di talune finestre vantando nobili discendenze, dal futurismo allo spazialismo… al serramentismo. Geniale!

Sciamanici saluti
il vostro L.d.R.

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