Anthelme Brillat-Savarin, politico e gastronomo francese coetaneo di Robespierre, sosteneva che invitare qualcuno per pranzo significa incaricarsi della felicità di questa persona durante le ore che egli passa sotto il nostro tetto. Può essere banale, e forse un po’ lo è, eppure l’aforisma sembra coincidere con l’idea che mi sono fatta incontrando Brendan Becht, fondatore di Zazà Ramen, noodles bar in via Solferino 48 a Milano.
Brendan è uno chef collezionista e ogni sei mesi nei locali del suo ristorante propone mostre di artisti contemporanei. Dal 17 ottobre 2018 al 24 marzo 2019 le pareti di Zazà Ramen ospitano Women’s History Mural (work in progress project), lo speciale progetto di Jann Haworth e sua figlia Liberty Blake. I due cognomi, Haworth e Blake, già 50 anni fa furono legati da un sodalizio artistico: Jann e il padre di Liberty, Peter, realizzarono nel 1967, insieme a Joe Ephgraves, l’iconica cover Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, il più grande album discografico di tutti i tempi.
Alla base della genesi di Women’s History Mural c’è la medesima tecnica a collage che ha tanto caratterizzato il disco di Lucy In The Sky With Diamonds ma dal punto di vista ideologico la nuova opera murale se ne allontana nettamente: Jann racconta che le figure scelte dai Beatles destinate alla copertina erano per di più uomini e le donne, se presenti, erano pin-up o manichini. Una soluzione del genere, oggi, non la ammetterebbe più e per questo motivo decide di costellare i suoi pannelli con i volti delle donne che si sono distinte nella storia, nella scienza, nella politica e nell’arte diventando le icone dell’epoca a cui sono appartenute.
Durante il pranzo di inaugurazione da Zazà non poteva mancare Jann, l’energia entusiasta dell’artista è accompagnata dal sottofondo di stoviglie che sbatacchiano mentre dalla cucina provengono profumi di sapori orientali. I sei pannelli esposti – nell’opera completa sono più del doppio, con un totale di 250 volti femminili – presentano cromature che attraversano le varie gamme del marrone, del grigio e del bordeaux con qualche interruzione di blu elettrico rientrando pienamente nello stile del locale. Sembra voluto e invece è un puro caso, scherza Brendan Becht mentre accoglie i suoi ospiti. Sotto gli occhi di Marie Curie, Tracy Chapman, Anna Frank e Jane Austen ci mettiamo a tavola e mentre arrivano calde porzioni di ramen Jann e Brendan raccontano: lo chef proviene da una famiglia di collezionisti olandesi che nel 1965, a Londra, conosce la Haworth tramite il gallerista Robert Fraser, anche lui amico dei Beatles e dei Rolling Stones. Nel 2016 i due tornano in contatto e l’invito a esporre in Italia non tarda ad arrivare.
Women’s History Mural è un progetto in divenire: presentato per la prima volta nel 2016 allo Utah Museum of Contemporary Art di Salt Lake, cresce di esposizione in esposizione. Le due artiste, infatti, invitano di volta in volta gli spettatori a suggerire i volti che vorrebbero vedere rappresentati creando un opera collettiva e personale insieme. Per ora, solo una donna italiana è presente ed è Maria Montessori ma Jann subito annuncia che ne verranno aggiunte molte altre. Opera itinerante e dalla forte connotazione ideologica, Women’s History Mural può essere vista in formato completo e a grandezza naturale al The Leonardo Museum’s Woman/Women Exhibit di Salt Lake City.
La prima donna disegnata, racconta Jann, è stata Bessie Smith, leggendaria cantante jazz afroamericana e si trova accanto a Nefertiti, Michelle Obama, Mary Shelley e Charlotte Perkins Gilman. Le dimensioni sono del tutto arbitrarie, ciò che conta è l’impatto emozionale che provocano questi volti: l’idea che qualcuno abbia potuto fare qualcosa che riteniamo impossibile genera in noi una spinta propositiva a migliorare e se è vero che spesso rimane difficile immedesimarsi fuori dal nostro contesto storico, con tutti questi volti che ci fissano ci sentiremo automaticamente protagonisti di un unica storia. Fare arte nel XXI secolo secondo Jann Haworth è una vera e propria missione. L’artista mette in scena se stesso, si spoglia di tutto rendendosi vulnerabile e il suo compito è quello di accompagnare il pubblico all’interno degli abissi della propria arte, ma tutti hanno paura del mare e per questo è necessario insistere: “Art is a journey through the sea, everybody’s frightened, but I’m right here inviting you to trust me”.