Il viaggio in Italia, la ‘bomba’ del 1909, il dialogo con la scultura di Bernini, il parallelo con Raffaello, il motivo per cui non voleva mostrare le sue sculture e tanti altri particolari svelati dalle due curatrici della grande mostra allestita alla Galleria Borghese.
Una mostra dove la rivoluzione di Picasso nella scultura si fa palpabile e dove l’influenza spirituale dell’arte italiana sulla produzione artistica del genio spagnolo si svela in tutta la sua straordinaria purezza. Dal 24 ottobre, la Galleria Borghese ospita la prima esposizione in Italia dedicata esclusivamente al Picasso scultore: 56 opere realizzate tra il 1905 e il 1964, con alcuni prestiti molto importanti che difficilmente rivedremo in Italia riuniti in un’unica esposizione. La rassegna infatti è inserita nel programma internazionale Picasso- Mediterranèe, avviato da Laurent Le Bon, direttore del Musèe national Picasso-Paris: un percorso nei luoghi che hanno ispirato l’opera ‘ostinatamente mediterranea’ di Picasso.
Una produzione meno conosciuta dal grande pubblico ma cruciale nei processi creativi del maestro spagnolo così come nella storia della scultura del Novecento. E’ proprio Picasso infatti a superare l’impasse in cui si trovava la scultura dalla seconda metá del XIX secolo, replicando in un certo senso quella rivoluzione della pittura che aveva attuato con le Demoiselles d’Avignon. Ed è proprio per questo motivo che una mostra dedicata a questo passaggio fondamentale nella storia dell’arte non poteva che svolgersi in un contenitore unico al mondo come la Galleria Borghese, meraviglioso scrigno della statutaria antica fino ai capolavori del Settecento.
E’ proprio Anna Coliva – direttrice della Galleria Borghese e curatrice della mostra – che ci guida in anteprima nel percorso espositivo – a spiegarci perché ha ideato questo dialogo tra le sculture di Picasso e la collezione del cardinal Scipione:
“Il primo motivo del perché di Picasso alla Galleria Borghese é la vitale attualità di questo luogo dove persistono validissimi i suoi intenti originali: credo che nessun’altra scena espositiva come questa – con il suo ideale primato della scultura – è capace di dare rilievo universale e percepibile della funzione di Picasso, una figura in grado di risolvere la condizione storica in cui si trovava la scultura alla fine dell’Ottocento. Mentre la pittura agli inizi del Novecento risorse velocemente, gli scultori più avanzati e inquieti si trovarono a dover combattere con l’anacronismo della scultura che non riusciva a superare i forti elementi di monumentalità e figuratività della tradizione. Picasso intervenne su questo e gettò nel 1909 la sua ‘bomba’ : voi la vedrete in mostra , è la prima scultura cubista”.
La Coliva si riferisce all’opera denominata (successivamente, perchè Picasso non amava dare un nome alle sue opere) ‘Testa Femminile’ del 1909. Come spiega anche nel suo saggio critico del catalogo che accompagna la mostra, nell’opera in questione ” emergono lampanti le divergenze dalla tradizione e dal Bernini statutario, principe cruciale delle virtù della modellazione […] La volumetria della Testa Femminile è la sintesi di uno smembramento della massa plastica in parti strutturali prima scomposte poi ricomposte, per una resa simultanea e multipercettiva”.
La domanda sorge spontanea: come ha fatto Picasso a risolvere questo problema epocale della scultura moderna? Superare l’ideale di perfezione e armonia delle forme della tradizione consolidata da secoli? La direttrice della Galleria Borghese ci risponde con un parallelo inaspettato quanto illuminante e affascinante:
” L’ironia è stata la chiave che ha permesso a Picasso di fare ciò che per esempio a Boccioni non è riuscito. L’ironia è uno degli elementi che hanno permesso di distruggere il linguaggio passato ed era anche un po’ l’elemento che usava Raffaello. C’è anche un po’ questo parallelo, non un parallelo formale ma un parallelo reale. Ciò che noi chiamiamo l’arte occidentale è l’arte che ha creato Raffaello all’inizio del Cinquecento. Noi la diamo per scontata ma tutto ciò che vediamo di figurativo è di Raffello. Poi ogni pittore ha avuto la sua parte ma la forma figurativa dell’arte occidentale è quella, non è neanche Michelangelo, è Raffaello. E si è distrutta solo quando Picasso ha buttato ‘la bomba’ agli inizi del Novecento, perché fino a quel momento ero quello il mondo figurativo, pur con tutte le possibili differenze e opposizioni. Picasso è l’arte moderna. L’arte del Novecento è Picasso da tutti i punti di vista.”
In cosa si è concretizzata questa rivoluzione di Picasso e come mai la sua produzione scultorea è stata rivelata in gran parte solo durante le retrospettive di Parigi, Londra e New York dal 1966 al 1968?
“Picasso sperimenta i pensieri più rivoluzionari che gli vengono in mente proprio con la scultura e poi li riversa in pittura: studia le forme trasparenti, vuole delle forme che siano concrete e che non siano come la scultura normale con le forme che si appropriano dello spazio; riesce a inventare il vuoto che genera il pieno, come Caravaggio che inventa il chiaro partendo dallo scuro. E’ questa la rivoluzione linguistica che lui fa per la scultura e poi anche per la pittura. Il vuoto crea il suo pieno. Il pieno non ha mai un punto di vista, ha tutti i punti di vista e infrange la gerarchia dei punti di vista. Una prima mostra di Picasso è stata fatta solo nel 1967 perché Picasso stesso non voleva mostrare le sue sculture: era come un mago che non voleva svelare i trucchi delle sue magie!”
Proseguiamo la visita con un’altra guida d’eccezione, l’esperta della scultura di Picasso nonchè nipote dell’artista spagnolo, Diana Widmaier-Picasso che cura la mostra (e il catalogo) insieme ad Anna Coliva:
Durante il percorso espositivo si assiste a interessanti dialoghi tra il ‘movimento’ delle statue di Bernini e quello di Picasso – e altri interessanti accostamenti – sottolineando l’influenza dell’arte italiana nella produzione artistica di suo nonno maturata in particolare durante il viaggio in Italia nel 1917 insieme a Jean Coucteau e a Igor Stavisnskij …
“I suoi viaggi a Roma, Napoli e Pompei sono stati molto importanti. Non abbiamo le prove che sia venuto a visitare la Galleria Borghese ma siamo certi che sia così. Più che un’influenza è stato un dialogo spirituale. Lui fin da piccolo era attratto dalla scultura che non aveva però studiato a scuola, quindi da subito ha avuto un rapporto molto libero con la materia. Anche per questo non abbiamo dato troppe spiegazioni durante il percorso espositivo perché preferiamo che i visitatori percepiscano, ‘abbraccino’ questo dialogo. Noi speriamo che i visitatori italiani apprezzino questa mostra molto difficile da allestire per la fragilità delle sculture, un’opportunità unica perchè ci sono delle opere che non viaggiano mai e che si vedranno qui per la prima volta”
Come mai Picasso non si è mai misurato con il marmo?
“Lui si è misurato con vari materiali – bronzo, gesso, legno, metallo, cartone , perfino bottoni – e diverse tecniche ma non so perché non con il marmo: è una questione di sensibilità, forse nel legno e in altri materiali ha trovato più quel senso di ‘usato’ che amava.”
Nel percorso espositivo i visitatori troveranno anche fotografie di atelier inedite e video che dimostrano, tra l’altro, come Picasso sia stato il primo grande artista a occuparsi della promozione di se stesso…
“Si, il rapporto di Picasso con la fotografia è molto importante. Lui ha capito molto presto che era importante far vedere il processo di creazione dell’opera per raccontare il contesto in cui le sculture sono nate. Per questo si è spesso circondato di fotografi professionisti”.
Le sue sculture non hanno un punto privilegiato di osservazione. Questa rivoluzione estetica sfocia in un più profondo relativismo che anticipa in qualche modo la Relatività di Einstein?
“Si, esatto, come nel cubismo che non si risolve solo nell’osservazione delle facce delle persone ma è un cubismo’psicologico’ che vuole capire l’interiore di ogni cosa”.
Informazioni
Picasso.La Scultura
La mostra, a cura di Anna Coliva e Diana Widmaier-Picasso, nota esperta della scultura di Picasso, è sostenuta da FENDI, partner istituzionale della Galleria Borghese.
Galleria Borghese – Piazzale Scipione Borghese, 5 – Roma
Dal 24 ottobre 2018 al 3 febbraio 2019
Orario di apertura
Dal martedì alla domenica, dalle 9.00 alle 19.00 (ultimo ingresso ore 17.00)
Giorni di chiusura
Tutti i lunedì, il 25 dicembre e il 1º gennaio
Biglietti:
Intero € 18,00 + € 2.00 di prenotazione obbligatoria
Ridotto € 11,50 + € 2,00 di prenotazione obbligatoria
Biglietti last minute: é possibile visitare il museo senza obbligo di prenotazione, presentandosi direttamente in biglietteria 30 minuti dopo l’orario di inizio del turno di visita. I numero dei biglietti last minute è limitato.
Orari della biglietteria:
Dalle ore 8,30 alle ore 18,30. La biglietteria è ubicata al piano seminterrato.
Per le prenotazioni obbligatorie , le visite guidate, i turni di visita e le informazioni dettagliate sulle modalità di accesso : www.galleriaborghese.beniculturali.it
t+39 0632810