Gallarate accoglie coraggiosamente un’opera d’arte sacra contemporanea, realizzata dall’artista di fama internazionale Claudio Parmiggiani. In un tempo in cui l’arte prolifera fuori dagli edifici religiosi e le chiese stesse si sono chiuse spesso alle nuove istanze artistiche, la Basilica di Santa Maria Assunta, situata nel centro della città del varesotto, si fregia di un altare del tutto particolare. Inaugurato nella giornata di domenica 11 novembre, scommettiamo che non smetterà presto di fare parlare di sé. Così unico nel suo genere che i primi fedeli, e non solo quelli più vissuti, hanno già storto il naso di fronte all’apparente tono macabro della nuova mensa eucaristica. La quale, effettivamente, a prima vista sorprende.
Una moltitudine di volti giacciono ammassati uno sopra l’altro. Si guardano, si cercano, sembrano essersi appena fermati dopo un lungo scivolamento, assestandosi in una composizione casuale. Alcune guardano la navata, altre si rivolgono alla zona absidale. Qualche testa è capovolta, certi sguardi sono persi verso il centro della struttura. Due grandi lastre di onice bianco chiudono in una morsa, che cela in realtà un abbraccio, le sculture imprigionate in un unico corpo.
Giustificata, probabilmente, la perplessità che anche in voi lettori si è forse generata. Perplessità che parte dalla provocazione che la Parrocchia muove alla sua Comunità, stimolandola a riflettere su questa scelta inusuale. Data la chiave di lettura, probabilmente fondamentale, il contenuto dell’opera si dispiega come le ali di un gabbiano.
Il gabbiano nella tradizione cattolica è il simbolo della cerimonia eucaristica. Come il pellicano è pronto a sacrificarsi per nutrire i figli, lacerandosi volontariamente lo stomaco e lasciando che i cuccioli si nutrano del suo sangue, così Cristo ha sacrificato se stesso per salvare l’intera umanità. Processo che simbolicamente si ripete ogni volta che sulla mensa liturgica viene celebrata la comunione.
Le due lastre bianche accolgono allora l’umanità nel suo complesso passato e futuro, raccolta nei volti di uomini e donne, pagani e cristiani, i cui caratteri stilistici rimandano all’immaginario classico. Le due luminose pietre marmoree sono il grembo divino che accoglie l’intero spettro della diversità umana, condensato nei volti di Maria Vergine, di Michelangelo, di Dante. Sono solo alcuni esempi delle molte citazioni, degli sguardi che celebrano l’ellenismo classico, il rinascimento, la modernità, tutti sotto il segno della luce cristiana.
“I volti che compongono l’altare sono tutti raccolti in unità, le due lastre bianche uniscono le persone, testimoni del flusso della storia; tutti sono chiamati per volontà di amore ad essere una sola cosa in Gesù Cristo, il suo corpo offerto al Padre, l’umanità nuova trasfigurata dal dono dello Spirito, vero tempio di Dio edificato con pietre vive per essere abitazione di Dio tra gli uomini”
Mons. Ivano Valagussa
Simbolo del nuovo corso della Basilica, l’altare porta con sé, oltre al restauro degli affreschi e al rinnovamento dell’impianto d’illuminazione, anche un nuovo ambone. A differenza delle forme complesse dell’altare, l’ambone è costituito da un semplice parallelepipedo proiettato verso i fedeli. Il suo valore risiede nella pietra labradorite di cui è composto, i cui riflessi metallici azzurri e oro parlano di una luce interiore che risplende rinnovata per tutto lo spazio.
L’iniziativa è stata portata avanti con l’aiuto dal MA*GA di Gallarate e nel museo si conclude tramite la presentazione dei documentari sulle opere storiche di Parmeggiani e dalla mostra di Armin Linke Moltiplicazioni.