Bertolucci si è spento a Roma dopo una lunga malattia. Nel 1988 vinse l’Oscar come miglior regista per L’ultimo imperatore, nel 2007 il Leone d’oro alla Carriera alla Mostra del cinema di Venezia
“Pasolini si è trasferito nello stesso palazzo in cui abitavamo noi, e un giorno, quando avevo vent’anni, l’ho incontrato davanti la porta e mi ha detto: ‘Ehi, a te piacciono i film, giusto?’ Io ho detto di sì, e lui ha continuato: ‘Perché girerò un film. E voglio che mi fai da assistente alla regia’”. Così Bernardo Bertolucci ricordava insieme i suoi esordi nel mondo del cinema, e l’incontro forse più importante della sua vita, quello con l’intellettuale che ne segnerà l’approccio alla realtà negli sviluppi della sua luminosa carriera. Perché rievocarlo ora? Perché il regista celebre per aver scardinato gli equilibri borghesi con il suo Ultimo tango a Parigi è morto all’età di 77 anni a Roma dopo una lunga malattia.
Avremo modo di celebrarlo nelle diverse sfaccettature della sua opera in altre sedi: ora qui ricordiamo un personaggio che ha dato lustro alla settima arte all’italiana, premiato nel 1988 con l’Oscar come miglior regista per L’ultimo imperatore, nel 2007 con il Leone d’oro alla Carriera alla Mostra internazionale del cinema di Venezia, nel 2011 con la Palma d’Oro onoraria al Festival di Cannes. Nel mezzo autore di capolavori come Novecento, il citato Ultimo tango a Parigi, Il té nel deserto, Piccolo Buddha e L’ultimo imperatore, che di premi Oscar ne portò a casa ben nove. Intellettuale a tutto tondo, capace di vincere a vent’anni il Premio Viareggio per la poesia con Il cerca del mistero. “Non ho fatto nessuna scuola. E per moltissimo tempo, non avendone fatta nessuna, dicevo: ‘No, la scuola è uno schifo’”, diceva. “Poi ho capito che uno deve imparare cosa significa essere un regista nella realtà delle cose”.