Tinta Bruta, vincitore del Lovers Film Festival di Torino. La recensione
Tinta Bruta (Hard Paint) dei registi brasiliani Filipe Matzembacher e Marcio Reolon (entrambi nati a Porto Alegre dove è ambientato il film) ha completato il suo giro per festival cinematografici dove ha conquistato premi a ogni angolo del mondo: Teddy Award al Festival internazionale del cinema di Berlino 2018 come miglior film a tematica LGBT, miglior film al Lovers Film Festival di Torino e miglior film al Festival Internazionale di Guadalajara, giusto per citarne alcuni.
Inoltre negli scorsi giorni, Tinta Bruta, in collaborazione con il Festival MIX di Milano e l’associazione Vagaluna, è stato oggetto di una serie di proiezioni alla Cineteca Spazio Oberdan di Milano.
Tinta Bruta è il racconto di Pedro (che ha il corpo dell’efebo tatuato Shico Menegat), adolescente di Porto Alegre accusato di una grave aggressione a un coetaneo che, insieme ad altri compagni, aveva approfittato del carattere introverso di Pedro per farne oggetto di bullismo, isolarlo e ferirlo ripetutamente. Allontanato da scuola, Pedro si è chiuso in sé stesso, ha evitato di uscire e ha limitato le sue relazioni interpersonali alla sorella Luiza, con cui convive in un vecchio appartamento. L’unico contatto con l’esterno di Pedro è costituito da una serie di show online in cui con il nickname di NeonBoy dipinge il proprio corpo di vernici glow in the dark a favore del desiderio di utenti a pagamento. Quando Luiza lascia Porto Alegre per un incarico giornalistico all’estero a Pedro non rimane che rifugiarsi ancora di più nel web, nei propri show che sembrano l’unica cosa che riesca a gratificarlo, questo fino alla scoperta di Leo (Bruno Fernandes): un altro utente che sta copiando la sua idea, preparando show online con vernici sul corpo identiche alle sue.
Pedro è così costretto a mettere piede fuori di casa per conoscerlo e confrontarsi. Grazie alla relazione con Leo, Pedro sembrerà trovare un equilibrio e forse un porto sicuro nell’oceano casalingo di disagio e paura in cui ha vissuto negli ultimi anni, ma l’inattesa partenza del suo amore lo porterà all’unico confronto possibile: quello con sé stesso, senza surrogati online o ancore affettive.
Tinta Bruta riesce a raccontare il disagio della provincia mondiale e le aspettative, il dolore, la sessualità e la creazione del sé tipiche dell’età adolescenziale, in modo non convenzionale e privo di filtri consolatori. I tre capitolo in cui è diviso il film – Luiza/Leo/Pedro – descrivono l’arco evolutivo del protagonista, dal legame familiare costretto a recidersi – con quella foto ricordo regalata da Pedro a Luiza che la dimenticherà a casa dopo il suo party d’addio – al confronto intimo, così naturale e pieno con la persona amata (Leo), e ancora il dolore, la solitudine, il coraggio che nella desolazione più totale esplode in petto, fino a un meraviglioso I’m standing in cui Pedro ballerà da solo, finalmente libero da paure e angosce, sulle note di Drone Bomb Me di Anohi. Un finale ad alto tasso emozionale che sembra fare il pari con quello di Una Donna Fantastica di Sebastián Lelio, dove la creatività e la capacità di espressione diventano salvifici e liberatori. In Tinta Bruta è protagonista e comprimaria insieme a Pedro la città di Porto Alegre, rappresentata da Matzembacher e Reolon come una decadente megalopoli dagli ampi spazi in degrado, un’asfissiante conurbazione fatta di enormi condomini che affacciano le proprie finestre sulla strada e mostrano sagome e spettatori al buio, quasi fossero il corrispettivo degli utenti voyeur connessi durante gli show di NeonBoy.
Ogni volta che Pedro mette piede fuori di casa, che si tratti di profondi pozzo luce o strade deserte (in cui è facile essere aggrediti) la megalopoli brasiliana avrà sempre per lui occhi muti, scuri e silenti, a osservare ciò che succede.
Questo decadentismo futuribile, la comunità online, la capacità da parte di uno slacker (una persona che non lavora o non svolge una canonica attività occupante) come Pedro di creare un alter ego luminescente a favore di camera per poi liberarsene rende Tinta Bruta un commiato al postmodernismo e all’Avant-Pop, in cui i personaggi, al contrario, desiderano perdere la propria materialità nella rete.
È qui che Tinta Bruta si fa paradigma del futuro e visione interessante: nella scelta di Pedro di esibirsi dal vivo, di realizzarsi e vivere nel mondo reale, esplodendo e riarrangiando il proprio alter ego digitale.
Drone Bomb Me: l’illusione immateriale è infranta e non ci resta che uno scantinato in cemento armato, in cui ballare e perderci alle prime luci dell’alba.
Oltre al brano iconico di Anohni, le performance di Pedro e Leo avvengono su una serie di brani elettronici che ben si adattano all’atmosfera di sensualità e scoperta del film, da segnalarsi in particolare Bassically della colombiana/canadese Tei-Shi, Flerte Revival della brasiliana Letícia “Letrux” Novaes e Cavalo dei deejay di San Paolo NoPorn.