Cold War, dal 20 dicembre al cinema il nuovo film di Paweł Pawlikowski, premio oscar 2015 con Ida
89 minuti di poesia. Ci sono film che possono, e devono, essere spiegati in poche parola. Per Cold War basterebbe dire capolavoro.
Presentato in concorso a Cannes 2018 dove ha vinto il Prix de la mise en scène, Cold War si è aggiudicato ben 5 premi agli European Film Awards 2018 (Miglior film, Miglior regista, Miglior attrice, Miglior sceneggiatura e Miglior montaggio) ed è in corsa per la nomination all’Oscar come miglior film in lingua straniera.
Wiktor (un musicista interpretato da Tomasz Kot) e Zula (una giovane cantante, Joanna Kulig, che in Ida era la cantante del night che si esibiva con 24 mila baci) si conoscono e si innamorano sullo sfondo di una Polonia postbellica, in cerca di rinascita verso un orizzonte quanto mai incerto. Anime gemelle destinate a non appartenersi mai, un amore tormentato minato da un’epoca complessa. La guerra fredda della Polonia staliniana è lo specchio della loro guerra sentimentale, una continua battaglia, silenziosa e musicale al contempo, lunga un viaggio tra l’Europa dell’Est, la Yugoslavia e Parigi.Cold War è dedicato ai genitori di Pawel Pawlikowski, i loro nomi sono quelli dei protagonisti del film. I veri Wiktor e Zula sono morti nel 1989, appena prima della caduta del Muro di Berlino (che ha segnato la fine della cortina di ferro). Avevano trascorso i precedenti 40 anni insieme, prendendosi e lasciandosi, punendosi a vicenda, separandosi o rincorrendosi da una parte all’altra di quell’Europa divisa, ferita e sanguinante. «Erano tutte e due persone forti e meravigliose, ma come coppia un disastro totale», ricorda Pawlikowski.
La storia dei protagonisti di Cold War però non è un biopic sui genitori del regista, Pawlikowski prende spunto dal carattere del loro amore per creare un storia nuova, senza tempo. Zula si finge contadina per entrare a far parte di un’accademia per la rinascita delle arti polacche dove Wiktor è insegnante. Lei proviene da una realtà di degrado e violenza, in fuga da un passato pieno di fantasmi, sa cantare e impara in fretta a ballare, è sfrontata e affascinante; cercando di sopravvivere diventa una star.
Wiktor invece è calmo e posato, è un intellettuale che vede in malo modo il regime comunista, sogna l’occidente, è costretto a messe in scene musicali per compiacere il regime (musica folkloristica e inni patriottici sulla riforma agraria e sulla pace mondiale), ma sogna il jazz, ama Gershwin. Fugge a Parigi. Attraverso la storia del gruppo folcloristico Mazowsze, istituzione musicale che esiste realmente, il regista ha fatto incontrare e innamorare i suoi protagonisti, riuscendo contemporaneamente a mostrare cosa succedeva nella società polacca dell’epoca, senza bisogno di spiegazioni didascaliche.
Cold War segue una storia d’amore nell’arco di 15 anni, procedendo per ellissi ci mostra come si evolve il rapporto di Wiktor e Zula sullo sfondo di un mondo in profondo (e radicale) cambiamento. La regia e la musica in maniera analoga cambiano forma e tono, seguendo un’evoluzione che va dal film di regime fino ai notturni parigini della Nouvelle Vague. C’è, per esempio, il tema musicale che accompagna Zula, Two Hearts, un classico della compagnia Mazowsze, che nel corso della storia si trasforma (come la sua protagonista), diventato, da semplice motivetto rurale cantato da una contadina, un vero e proprio pezzo jazz cantato in francese, in un Parigi dove Zula è diventata una raffinata chanteuse.
Quando sentiamo per la prima volta il gruppo jazz di Wiktor in un nightclub di Parigi, il motivo be bop suonato dal suo quintetto è una rielaborazione della danza polacca oberek che si sente in precedenza nel film; una prima volta suonata da una donna su una fisarmonica a pedale, e poi interpretata dai Mazurek come danza alla loro prima a Varsavia nel 1951.
Cambiano gli l’arrangiamenti, l’impostazione vocale, le interpretazioni. È un vero e proprio viaggio.
Cold War con un’apparente sobrietà riesce a mettere in scena una storia d’amore di rara bellezza, in perfetto equilibrio tra “ragione & sentimento”, con punte di lirismo eco della poetica di Tarkovskij; riesce a essere un omaggio a una quantità di mondi scomparsi e seminali senza esserne schiavo, senza essere citazionista o servo dei maestri e della nostalgia. Tra le tante cose, Cold War è un capolavoro.