La classifica di ArtsLife dei migliori film del 2018. Tempo di classifiche e resoconti anche per gli amanti del cinema
Come di tradizione anche quest’anno la prestigiosa rivista di critica cinematografica francese Cahiers du Cinéma ha pubblicato la classifica dei migliori film del 2018: in testa alla loro classifica Les garçons sauvages (Bertrand Mandico), un onirico coming of age che strizza l’occhio alle fantasmagorie rétro di Guy Maddin e Yann Gonzalez – presentato alla Settimana internazionale della critica durante la Mostra del Cinema di Venezia del 2017.
Anche noi di ArtsLife dopo quelle musicali abbiamo chiamato a raccolta i nostri redattori e chiesto loro di stilare le loro personali classifiche dei migliori film di questo 2018 che sta per concludersi.
Ecco di seguito tutte le nostre classifiche.
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>> Classifica di Lorenzo Peroni
10. The party (Sally Potter)Una satira scura a tagliente, una black comedy fatta e finita, che si nutre delle ossessioni di una classe radical chic incapace di conciliare il mondo degli ideali e dell’astrazione con le contraddizioni dell’essere umani, fallaci. The Party è un film incredibilmente rivoluzionario, coraggioso e audace: dura solo un’ora e undici minuti. Trovare in sala un film che duri meno di due ore ormai è un’impresa. Riuscirci è un sollievo. E speriamo che in questo la Potter faccia tendenza. I grandi registi li si riconosce dai “piccoli” film.
9. I, Tonya (Craig Gillespie)I, Tonya non è il solito biopic patinato con l'aria di un film TV, è un film diretto in maniera magistrale. Un esempio di cinema scorretto, cattivo e acido, ma vibrante e pieno di vita: rabbioso e magnetico. Margot Robbie, letteralmente divina, si conferma una delle attrici più belle e versatili della sua generazione.
8. Un affare di famiglia (Kore-eda Hirokazu)È un film tenero, commovente, molto poetico, certo, costruito attraverso occhiate e piccoli gesti (uno sguardo registico e autoriale mutuato da, come hanno già detto tutti, Ozu e Naruse), ma anche molto duro, ambiguo. Kore-eda mette in scena un dramma complesso, stratificato e ricco di sfumature, di dubbi. Alla commozione, sul finale -come conclusione aperta di questa parabola famigliare- cede il passo una pletora di domande, di interrogativi.La storia di Shopfilters è la storia stessa del significato di famiglia. Una riflessione sulla natura, labile e mutevole, dei legami.
7. L'ora più buia (Joe Wright)Joe Wright (Espiazione, Anna Karenina) si conferma con L’ora Più Buia un regista dal talento eccezionale: dirige con una classe e una forza senza eguali, dando vita a una vicenda tanto scura quanto romantica -anche nelle invenzioni narrative; quella della metropolitana ad esempio, tanto surreale quanto funzionale- mettendo al centro degli eventi la potenza del linguaggio.
6. The other side of the wind (Orson Welles)La sequenza dell’orgia nel bagno di un locale è stata montata in sei mesi, quella di sesso in macchina sotto la pioggia battente con Bob Random e Oja invece è stata filmata nell’arco di tre anni. Welles ha girato, montato e rimontato all’infinito una pellicola che restituisce una passione e una vitalità inedita alla maggior parte dei nuovi registi delle ultime generazioni. Uno dei film più sensazionali del 2018 è quello di un regista morto 33 anni fa.
5. Cold War (Paweł Pawlikowski)Cold War con un’apparente sobrietà riesce a mettere in scena una storia d’amore di rara bellezza, in perfetto equilibrio tra “ragione & sentimento”, con punte di lirismo eco della poetica di Tarkovskij; riesce a essere un omaggio a una quantità di mondi scomparsi e seminali senza esserne schiavo, senza essere citazionista o servo dei maestri e della nostalgia. Tra le tante cose, Cold War è un capolavoro.
4. L'isola dei cani (Wes Anderson)
L’Isola dei Cani appare contemporaneamente innocente e geniale: dettagli squisitamente macabri ma elegantissimi (la preparazione del sushi, il trapianto di rene) si alternano a momenti in pieno stile slapstick (i combattimenti e gli inseguimenti). Quella di Wes Anderson, cinefilo onnivoro e rigoroso, è una gioiosa “japonaiserie” post moderna, minuziosa e suntuaria, in cui gli effetti speciali dell’animazione, fotogramma per fotogramma, sono affidati a nuvole di cotone e fiumi di cellophane.
3. Mission: Impossible – Fallout (Christopher McQuarrie)
Sequenze sempre più spettacolari e generose manciate di ironia: su carta sembra una ricetta semplice, in pratica no. Ad oggi non c’è film che tenga testa a questo Mission: Impossible – Fallout, no Marvel, no DC, no Disney (Guardiani della Galassia, Star Wars…). Tom Cruise che corre sui tetti di Parigi è la cosa più emozionante vista al cinema quest’anno
2. Chiamami col tuo nome (Luca Guadagnino)Uno sguardo lucido sull’amore, sull’adolescenza, sul dolore, sulla nostalgia e sulla contraddizione del sentimento. Durante una passeggiata in bicicletta Elio e Oliver si fermano in un vecchio cascinale a chiedere dell’acqua a una signora. Oliver, l’americano, vedendo appeso un ritratto del Duce non capisce. Benito, nel 1983? Chiede spiegazioni a Elio: «Mussolini?» Questi alza le spalle e laconico risponde «That’s Italy». Guadagnino con una storia ambientata 35 anni fa ci parla dell’Italia del 2018.
1. Il filo nascosto (Paul Thomas Anderson)
Anderson dirige con la grazia e l’ingegno di chi non ha più da dimostrare nulla a nessuno una storia romantica dai toni Hitchcockiani pronta a esplodere in una folie à deux. Mette in scena in modo ingegnoso un raffinatissimo affresco sull’amore come forma di bisogno. Proprio come Rebecca di Hitchcock anche Il Filo Nascosto è un film di amore e controllo. Anderson ci guida così passo passo negli angoli reconditi e oscuri della sua fantasia romantica. È un romanticismo gotico e oltraggioso, che vira, nel suo punto più estremo, verso il fantasmatico. Allestisce con geniale talento visivo il ritratto di un amore oscuro e terribile, imbrigliato in un’intricata rete di ambiguità.
>> Classifica di Salvatore Piombino
10. Lady Bird (Greta Gerwig)
Greta Gerwig, che abbiamo imparato ad amare grazie ai memorabili personaggi femminili nei film del compagno e sodale Noah Baumbach (Frances Ha, Mistress America), ci racconta della formazione (il rapporto con la madre assai pragmatica, i primi amori e il dosaggio delle amicizie) di un’eroina adolescente in un mondo post-crisi economica del 2008.
9. Tonya (Craig Gillespie)Gillespie ci regala una delle visioni meno convenzionali dell’anno, la scorretta storia di Tonya Harding. Margot Robbie s’immerge con dedizione in questo personaggio sboccato e sopra le righe, schettina sul ghiaccio ed è a suo agio nelle ambientazioni da racconto pulp create da Gillespie.
8. Tre Manifesti a Ebbing, Missouri (Martin McDonagh) Doloroso e forte come le pagine di Flannery O’Connor, questa storia di rabbia e inventiva, magistralmente interpretata da Frances McDormand racconta quanto vile e superficiale può essere l’opinione pubblica e quanto è più difficile ammettere di non avere risposte, soprattutto di fronte all’orrore più oscuro
7. Un Sogno Chiamato Florida (Sean Baker)Dopo il roboante Natale passato a Los Angeles con le protagoniste transgender di Tangerine (2015), Sean Baker ci propone un racconto emozionale per bozzetti, una serie di sequenze immerse in una palette pastello che ha reso memorabile il film. Le scorribande dei piccoli Moonee e Scooty per il vicinato pop e cheap del Magic Castle motel raccontano dell’umanità post crisi del 2008 molto meglio che altre pellicole contemporanee.
6. Un Affare di Famiglia (Hirokazu Kore'eda)Attaccato dall’opinione pubblica giapponese, vincitore a Cannes, l’ultimo film del regista Hirokazu Kore'eda, racconta con soavità e dolcezza di questa famiglia “customizzata”, costruita su una deriva sociale ed economica. Una visione stupenda, lontana dalle comuni rappresentazione del Giappone.
5. Il Filo Nascosto (Paul Thomas Anderson)Paul Thomas Anderson ci racconta di un’altra dedizione totalitaria, una vita-arte dove ogni gesto della giornata è un rituale. il rinomato sarto Reynolds Woodcock, amato da reali e dive del cinema è insidiato nella sua ricerca della perfezione quotidiana dall’amore. Al suo fianco la sorella Cyril (Lesley Manville, candidata all’Oscar come miglior attrice non protagonista).
4. Girl primo (Lukas Dhont)
Lungometraggio del regista belga Lukas Dhont, dopo aver fatto incetta di premi a Cannes è stata una delle più belle Anteprime Queer del prossimo SICILIA QUEER FilmFest: Lara è una giovane ballerina nata ragazzo che affronta le difficili sfide di un’arte esigente come la danza dovendo confrontarsi con le caratteristiche del proprio corpo. Indimenticabile.
3. Una Donna Fantastica (Sebastián Lelio) Una Donna Fantastica di Sebastián Lelio possiede la capacità di raccontare della violenza becera e gratuita che colpisce in maniera spesso letale non solo l’individuo transgender ma la diversità tutta. Consulente per la sceneggiatura e protagonista: Daniela Vega, è lei la vera donna fantastica.
2. Chiamami Col Tuo Nome (Luca Guadagnino)Chiamami Col Tuo Nome chiude la «trilogia del desiderio» di Luca Guadagnino, iniziata con Io Sono l’Amore (2009) e continuata con A Bigger Splash (2015), diventandone la pellicola più amata e riconosciuta. La storia di Elio e Oliver «da qualche parte nel nord Italia» ha commosso le platee di tutto il mondo, Guadagnino e André Aciman (autore del romanzo che ha ispirato il film) hanno già annunciato la preparazione di un proseguo.
1. L’Isola Dei Cani (Wes Anderson)Wes Anderson torna allo stop-motion dopo Fantastic Mr. Fox per realizzare una magnifica fiaba militante dalle splendide tavole in stile japonisme, con riferimenti alle desolazioni iridescenti di Kurosawa e al cinema poetico di Ozu. Insieme al giovane protagonista Atari una galleria di personaggi (canini e non) indimenticabili.
>> Classifica di Stefano Monti
10. The Man Who Killed Don Quixote (Terry Gilliam)Ci sono voluti ben venticinque anni, ma alla fine ce l’ha fatta! Terry Gilliam riabbraccia la sua follia per la storia che ha sempre sognato di raccontare: quella di Toby (Adam Driver), un simpatico regista la cui creatività è in piena crisi “di mezza età”. Intrecciandosi alle vicende – più o meno metaforiche – del Don Chisciotte di Cervantes (interpretato per l’occasione da un grandioso Jonathan Pryce), l’unica promessa che il film mantiene è la schizofrenia. Il risultato? Un frullato di eclettismo e fantasia che segna il (più che gradito) ritorno di un artista matto come un cavallo.
9. Thunder Road (Jim Cummings)No, Thunder Road non è solo il titolo di una canzone di Bruce Springsteen. Anche se è proprio quella canzone a dare il “la” al primo lungometraggio di Jim Cummings, il giovanissimo autore che con l’omonimo cortometraggio nel 2016 si era aggiudicato il favore della Giuria del Sundance Film Festival. Ricominciando (letteralmente) da
quella prima scena madre, Thunder Road è una storia di amore e paranoia, di padri e figlie, di delusioni e periferia. Lo straordinario ritratto di “un uomo sull’orlo di una crisi di nervi”, un vero gioiellino del cinema indipendente born in the USA.
8. BlacKkKlansman (Spike Lee)Spike Lee è sempre stato degno del suo nome. E da vero maestro del cinema contemporaneo quale si è sempre dimostrato, bisogna riconoscergli che non avrebbe potuto scegliere un momento migliore per portare nelle sale il suo ultimo capolavoro. BlacKkKlansman, ritratto impietoso dell’America di ieri, oggi e domani, altro non è che l’ennesima, spettacolare poesia di violenza e ironia plasmata dalle mani del suo incredibile autore. Tutto ciò che stavamo aspettando e forse anche qualcosina di più (condito da un’altra meravigliosa performance di Adam Driver).
7. Burning (Lee Chang-dong)Dimenticate tutto ciò che sapete sul cinema coreano. Quest’anno, sulle spiagge della Croisette non avremmo potuto assistere a un matrimonio artistico migliore di quello tra Steven Yeun (giovane attore nato dal successo di The Walking Dead, ma già fra gli interpreti più promettenti del panorama contemporaneo) e Lee Chang-dong, uno dei più importanti autori (nonché Ministro della Cultura e del Turismo) della Corea del Sud. E da questa magica unione, non poteva che sorgere un film incantato: la poesia di un uomo dalla cultura sconfinata, lo scorcio di un triangolo d’amore, l’equilibrio precario di un thriller che diventa tragedia sentimentale. A tratti perverso, decisamente conturbante, irresistibile.
6. Sorry To Bother You (Boots Riley)Are you gonna reach my telephone? In un panorama culturale fin troppo pieno di tentativi di denuncia contro il regime di terrore dell’amministrazione Trump, Boots Riley mette tutti a tacere con un debutto alla regia che farebbe invidia anche al giovane Scorsese. Una commedia dell’assurdo che guarda il mondo fuori dagli schemi, lo spezzetta chirurgicamente in ogni suo minimo, macabro dettaglio, quindi decostruisce in un nano secondo qualsiasi discorso nazional-popolare e/o qualunquista che ci hanno raccontato da bambini sulle società capitaliste. Senza mai perdere il senso del ritmo e della risata.
5. Coco (Lee Unkrich)Recuérdame… Ti ricorderemo, Coco! Non soltanto grazie alle pubblicità di Sky, ma perché sei entrato nei nostri cuori come se gli anni delle VHS Disney consumate nel videoregistratore non fossero mai veramente finiti. Tecnicamente uscito negli ultimi giorni del 2017 (il 28 dicembre), Coco è stato uno dei maggiori protagonisti della stagione invernale/primaverile del 2018, fino a guadagnarsi il meritatissimo Oscar al miglior film d’animazione. Perché? Semplicemente perché è bellissimo.
4. Summer - Leto (Kirill Serebrennikov)Un musical in bianco e nero sulla scena rock underground, in una Leningrado sullo sfondo degli anni Ottanta abbraccia un clima di pieno socialismo sovietico? Non sembra certo un soggetto facile… Ma Summer (Leto), l’ultima fatica di Kirill Serebrennikov, è un capolavoro. Un film spettacolare, in grado di condurci verso sentieri impervi e mai tracciati, nell’incantevole poesia di una storia d’amore appena sussurrata e di una scena artistica che avrebbe cambiato il futuro di un’intera generazione. Grazie al suo autore visionario, Summer (Leto) è quel film che non avremmo mai pensato di vedere, ma senza il quale non potremmo più vivere. Un orgasmo per gli occhi, puro e incontrollabile.
3. Chiamami col tuo nome (Luca Guadagnino)Oh, to see without my eyes… Non c’è dubbio che Call Me By Your Name sia il più grande fenomeno di quest’anno cinematografico. Delicatissimo e onesto, il film di Luca Guadagnino è “bello, bello, bello in modo assurdo”. I suoi detrattori non gli fanno sconti, ma a noi non interessa: CMBYN è una gemma preziosa, un diamante allo stato grezzo che nasce, cresce e corre tra baci rubati e note al pianoforte, fino all’esplosione di luce e colori che s’infrange sulle nostre lacrime. E non importa se in questi giorni si parla anche di un sequel: la sua impronta (così come il ritratto del suo giovane protagonista, l’efebico puer interpretato da Timothée Chalamet) è immortale nei nostri ricordi.
2. Roma (Alfonso Cuarón)Al secondo posto, ma soltanto per una misera questione di gusto personale, c’è il vincitore del Leone d’Oro all’ultima edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, nonché già tra i favoriti nella corsa agli Oscar® del 2019. Ma d’altronde, a un film come Roma, che gli si più dire? È come Mary Poppins: praticamente perfetto sotto ogni aspetto. Un affresco, anzi, tanti affreschi che con la forza di un solo sguardo e di un dettaglio in bianco e nero riescono a risvegliare in noi un senso d’infinito, un sentimento di gloria che a parole non si potrebbe nemmeno spiegare. Forse non era quello che ci saremmo aspettati sotto l’albero, ma Roma è sicuramente il regalo più bello di questo Natale.
1. Logan Lucky (Steven Soderbergh)Primo e indiscutibile posto per il film più divertente di tutto il 2018! Per un attimo, sembra di ritornare allo spirito frenetico della saga degli Ocean’s: Logan Lucky, una commedia corale che tra luci al neon e auto sfreccianti, arti di legno, truffe e unghie troppo provinciali è semplicemente troppo bella per essere vera. A dominare la scena, un cast d’eccezione: Channing Tatum, Adam Driver (sì, ancora lui), Daniel Craig, Seth MacFarlane, Sebastian Stan… ma persino Hilary Swank e Katie Holmes! E allora Logan Lucky non è solo troppo bello, ma anche troppo assurdo per essere vero. Grazie all’inimitabile penna di Steven Soderbergh, tutto è ancora possibile. Fantastique.
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