150 opere fra dipinti, sculture, disegni, collage, fotografie, istallazioni, sono a Pisa fino al 17 febbraio per una mostra che ha come fulcro il 1929, l’anno della svolta e forse dell’apice creativo del Surrealismo.
L’esposizione è curata da Didier Ottinger, in collaborazione con il Centre Georges Pompidou di Parigi.
Alla metà degli anni Venti, l’Europa sembrava avviata verso un’insperata concordia fra popoli e alla definitiva cicatrizzazione della tragedia della Grande Guerra, ma che l’aria non fosse in realtà delle migliori lo si poteva capire dagli ambigui trattati di amicizia stretti fra le Nazioni europee e la rigida condotta verso la Germania, obbligata a gravose riparazioni di guerra.
In mezzo a questo smarrimento, in mezzo a un’Europa che la guerra aveva ridisegnata nella geografia e nello stile di vita, anche il mondo dell’arte mandava segni di malessere, avvertiva la necessità di un ripensamento totale non soltanto della maniera di rappresentare la realtà, ma anche e soprattutto del modo di guardarla e pensarla. Il vecchio sistema di valori era andati in pezzi sotto i colpi di cannone, e occorreva provare a crearne un altro.
René Magritte, Salvador Dalí, Marcel Duchamp, Max Ernst, Giorgio de Chirico, Alberto Giacometti, Man Ray, Joan Miró, Yves Tanguy, Pablo Picasso, sono solo alcuni dei protagonisti di un movimento artistico che ha ridefinite le basi dell’arte moderna, stravolgendo completamente non soltanto i canoni estetici, ma anche e soprattutto il concetto di opera d’arte. Fino all’avvento della Pop Art nella versione di Andy Warhol, è stata la “rivoluzione” di maggior portata nel mondo dell’arte.
Le radici del Surrealismo risalgono all’estate del 1916, quando a Zurigo, il gruppo del Cabaret Voltaire che si riuniva attorno a Tristan Tzara, Marcel Janco e Hans Arp. A loro dire, era necessario staccare l’arte dai fallimentari valori borghesi e ricostruirla secondo il reale sentire dell’essere umano. Per questa ragione si aprirono a qualsiasi tipo di atteggiamento e pensiero, non rifiutando anzi cercando per quanto possibile qualsiasi tipo di dissacrazione. Alla radice di questa urgenza creativa, l’inconscia ribellione contro un malessere sociale e morale causato dallo sradicamento della millenaria società rurale europea, attraverso la massiccia espansione della civiltà industriale, che a sua volta aveva generata la corsa al profitto, la corsa agli armamenti, e il primo inurbamento su larga scala che portò numerosi disagi materiali e morali al ceto ex contadino divenuto operaio. A ciò, si aggiunse la tragedia della Prima Guerra Mondiale. Il Dadaismo innescò un gioco di scomposizione, provocazione, di annullamento dell’estetica come si era abituati a conoscerla, che però alla metà degli anni Venti aveva esaurita la sua verve.
A capirlo, fu André Breton, che da ammiratore di Freud decise di far incontrare il mondo dell’arte e del subconscio teorizzando il Surrealismo alla metà degli anni Venti; l’idea non era, in verità, radicalmente nuova, perché sul finire dell’Ottocento con la Scapigliatura ma anche con Simbolisti e Divisionisti, la psicanalisi era entrata nell’arte: adesso però lo faceva con maggior prepotenza, rompendo gli schemi compositivi e portando direttamente sulla tela non la rappresentazione di uno stato d’animo, ma lo stato d’animo stesso, o la realtà vista nel corso del suo manifestarsi. L’inconscio prende il sopravvento, portando in superficie pulsioni sessuali, inconfessabili paure, o semplici fantasticherie dense di memorie dell’infanzia, o del passato in genere.
Attorno alla “cornice” del Surrealismo si radunarono artisti provenienti da esperienze differenti, da de Chirico ideatore della Metafisica, a Picasso inventore del Cubismo e Mirò che proveniva dal Dadaismo. Anche i surrealisti “puri”, come Salvador Dalì o René Magritte, non ebbero caratteristiche stilistiche comuni, e il movimento fu quindi caratterizzato da profonda eterogeneità, come del resto non poteva essere altrimenti. L’ampia retrospettiva di Palazzo Blu analizza le varie sfumature del movimento, e le diverse sensibilità dei suoi membri. A partire da un anno particolare: il 1929 che fu cruciale per il Surrealismo, perché Breton sostenne la necessità di un impegno politico del movimento, in chiave di lotta al fascismo, già al potere in Italia, e al nascente nazionalsocialismo che si faceva violentemente sentire in Germania.
Breton richiese una “professione di fede” verso il comunismo, e molti surrealisti presero le distanze, primo fra tutti Dalì, allergico a qualsiasi forma di inquadramento politico. Ma nonostante il tentativo di politicizzare il movimento, in parte comunque riuscito (ad esempio il poeta Paul Éluard fu un convinto comunista e insieme surrealista), lo slancio creativo dei suoi membri non venne meno, e la mostra di Palazzo Blu, con i suoi 150 capolavori, spiega come la forza dell’arte riesca fortunatamente a sopravvivere alla politica.
L’amore, inteso come fulcro della vita, il sogno, la follia e la liberazione dell’individuo dalle convenzioni sociali, continuarono a essere i fuochi ispiratori per Dalì e Magritte furono i massimi esponenti del Surrealismo (assieme al belga Paul Delvaux, purtroppo non presente in mostra), cui si aggiunsero, come accennato, Ernst, Giacometti, Mirò, Tanguy, ma anche i fotografi Man Ray e Brassaï. Con il Surrealismo la dimensione onirica non è più soltanto uno sfondo metaforico su cui proiettare aspirazioni e problematiche dell’umanità, com’era stato con il Simbolismo; adesso, è l’inconscio stesso che diventa protagonista dell’opera; appare sulla tela un universo di creature fantastiche, paesaggi impossibili, reminiscenze mitologiche, sbeffeggiamenti (celeberrimo quello di Duchamp alla Gioconda).
E sulla scorta della psicanalisi freudiana, il desiderio sessuale divenne un tema ricorrente fra i Surrealisti, che leggevano nella donna un doppio volto d’ingenuità e seduzione; ma legati ancora a una logica patriarcale, non riescono ad elevare la donna al di sopra del concetto di oggetto. Il corpo femminile – ad esempio nelle fotografie di Man Ray, nei disegni di Salvador Dalì o Max Ernst -, viene dissezionato, lacerato, scomposto, per essere guardato ma anche per estrinsecare attraverso di esso la sessualità (a tratti perversa) maschile. Oppure, come nei dipinti di De Chirico e Magritte, si sviluppa un immaginario affascinante e inquietante insieme, di gusto teatrale, dove il passato si sovrappone al presente oppure l’irrazionalità di forme e corpi prende il sopravvento celando l’irresistibile desiderio di andare oltre, di celebrare la libertà mentale anche in metaforica risposta alle derive totalitarie che l’Europa stava imboccando.
Un anno, quel 1929, che fu memorabile per il Surrealismo anche dal punto di vista della letteratura in materia: in febbraio, Walter Benjamin pubblicò in tre parti sulla rivista tedesca “Die literarische Welt”.il saggio Il surrealismo. L’ultima istantanea degli intellettuali europei, in maggio André Breton pubblicò una nuova edizione del Manifesto del Surrealismo già edito nel 1924, mentre in dicembre uscì a Parigi, per le Editions du Carrefour, il primo romanzo-collage di Max Ernst, La Femme 100 têtes. Per tutto l’anno, invece, fu pubblicato il mensile Révolution Surréaliste, che però chiuse l’attività al 31 dicembre. Un clima di autentico fermento, che aveva il suo riflesso nella creatività di tutti i surrealisti: dai collages di Ernst alle sculture di Duchamp e Giacometti, dalle pitture di Tanguy a quelle di Dalì e De Chirico; artisti di varie “provenienze”, accomunati semplicemente dal superamento del reale.
La mostra di Palazzo Blu esalta, esponendo probabilmente alcune fra le opere migliori del Surrealismo, il carattere rivoluzionario, “anarchico”, utopista, sognatore, del movimento, che fino alla metà degli anni Trenta riuscì a mantenere la sua freschezza. Poi – in un’Europa fiaccata dalla crisi innescata dal crollo di Wall Street dell’ottobre del ’29, ma soprattutto oppressa dall’avvicinarsi della Seconda Guerra Mondiale e dalle follie nazionaliste di Hitler -, fu tutto il clima culturale a perdere slancio. All’orizzonte si profilavano nubi nerissime.
da MAGRITTE a DUCHAMP
1929: Il Grande Surrealismo dal Centre Pompidou
11 ottobre 2018 – 17 febbraio 2019
Orari / Opening hours
Lunedì-Venerdì 10.00 – 19.00
Sabato-Domenica e festivi 10.00 – 20.00
(La biglietteria chiude un’ora prima della chiusura)
BLU | Palazzo d’arte e cultura
Lungarno Gambacorti 9
Tel. 050 22 04 650
Mail: info@palazzoblu.it
Biglietti (audioguida inclusa):
Intero Euro 12,00
Ridotto Euro 10,00