Fino al 28 aprile 2019 al MAXXI “LA STRADA. Dove si crea il mondo” la mostra curata da Hou Hanru insieme allo staff curatoriale e di ricerca del museo, presenta più di 140 artisti e oltre 200 opere per comporre il racconto multiculturale, poliglotta, colorato, spaventoso, stimolante, assordante delle strade di tutto il mondo, il vero grande laboratorio di discussione, creazione, confronto, dove si inventa l’era contemporanea.
Opere d’arte, progetti di architettura, fotografie, performance, interventi site specific e video accolgono il visitatore in una successione di gallerie che formano una strada lunga decine e decine di metri.
Un percorso organizzato per temi – le azioni pubbliche, la vita quotidiana, la politica, la comunità, l’innovazione, il ruolo dell’istituzione – fondamentali per comprendere le nuove funzioni e identità della strada contemporanea. Partendo dalla convinzione che sia il luogo in cui si crea il mondo, lo spazio viene analizzato come manifesto della vita contemporanea, scenario e punto di vista privilegiato dell’esperienza del quotidiano, un paesaggio in cui la comunità creativa e quella cittadina danno vita a una nuova comunità e a un nuovo mondo di creatività urbana.
La strada è analizzata come manifesto in continua mutazione della vita contemporanea, elemento di connessione ma anche di rottura, scenario delle esperienze del quotidiano come i festival di strada, i cinema estemporanei o lo street food.
Alfredo Jaar Chiaroscuro (2018)
La mostra e le strade della città di Roma presentano le azioni e le ricerche artistiche contemporanee, riprendendo le riflessioni avviate negli anni Sessanta e Settanta da quella generazione di artisti ed esponenti della cultura “scesa in strada” per condividere nuovi pensieri e modelli creativi. Quale miglior modo se non portare l’arte in strada? Chiaroscuro (2018) è il titolo dell’opera dell’artista cileno Alfredo Jaar che attraverso la citazione storica di Antonio Gramsci dimostra un atteggiamento critico nei confronti della realtà politica e sociale contemporanea. Una perfetta unione di arte, impegno, poetica e militanza nello scardinare la cultura e il modo di pensare convenzionali e nell’attaccare la politica.
Eugenio Tibaldi “Architettura minima” 2016
La serie Architettura Minima è uno studio dell’artista sui ricoveri di fortuna dei senzatetto: l’autore li ha documenti e classificati per tipologie, acquistandoli dai proprietari e quindi esponendoli come ready-Made. Tramite la paradossale applicazione di categorie architettoniche, Tibaldi sottolinea le nuove categorie estetiche generate da un ambiente nato sotto il segno della precarietà, “un’alternativa del reale” che descrive dinamiche di appropriazione informale dello spazio urbano.
Moe Satt “Parasol Alternative” 2018
Moe Satt è un punto di riferimento nel panorama artistico del Sudest asiatico grazie alla costante attenzione per la situazione socio-politica del suo paese, il Myanmar. Precedentemente noto come Birmania, il Myanmar è stato soggetto per lungo tempo a una dittatura militare e animato da continue lotte per il raggiungimento della democrazia liberale. I lavori dell’artista diventano strumento per esprimere opinioni, diffondere informazioni e sollevare domande. I tagli riportati sulla seta dei tipici ombrelli birmani, che possono essere aperti e richiusi con grandi cerniere lampo, diventano metafora dell’instabile condizione del suo popolo e del precario equilibrio tra progresso e il rischio di perdere i diritti faticosamente ottenuti.
Shen Yuan “Uncomfortable shoes (elles sont parties pourtant elles n’ont nulle part où aller) 2008
Shen Yuan è considerata una dei massimi esponenti dell’arte concettuale cinese e lavora principalmente sul concetto di transculturalitá. La sua attività, alimentata dall’esperienza personale della migrazione a Parigi, si esprime in installazioni monumentali realizzate tramite la ripetizione e l’accostamento di oggetti comuni. Uncomfortable shoes è formata da piccole scarpe cinesi che corrono lungo i muri e toccano a malapena il terreno formando una scritta che esprime il dolore dell’esilio: “Se ne sono andate ma non hanno un posto dove andare”. Le scarpe ricordano i codici estetici imposti dalla dinastia Qing che prevedevano l’obbligo per le donne di fasciarsi i piedi; il fenomeno è paragonato dall’artista all’esilio imposto dalla situazione geopolitica di oggi che costringe a lasciare il proprio paese di origine.
Kendell Geers “The Devil you know” 2007
Il lavoro dell’artista, influenzato dalle tensioni politiche e sociali che agitano il suo paese, è pervaso da un forte senso critico ed esprime un’accusa nei confronti del sistema politico e sociale del Sudafrica. La sua ricerca sfrutta rappresentazioni e immagini riconoscibili in grado di catturare l’attenzione e le manipola per aprirle a interpretazioni soggettive. Il pentacolo (o stella a cinque punte), utilizzato in diversi contesti dalla politica all’alchimia, è simbolo di protezione; nel mondo esoterico la punta rivolta verso il basso indica il male. La stella realizzata con i lampeggianti delle macchine della polizia richiama il ruolo delle forze dell’ordine; l’opera, frutto della personale esperienza dell’artista, lascia dunque intuire la corruzione di una parte della polizia sudafricana e la pessima fama che la caratterizza.
Adel Abdessemed “Foot on” 2005
I lavori di Adel Abdessemed sono il risultato di una riflessione sulla società contemporanea di cui l’artista evidenzia gli aspetti negativi della globalizzazione, le espressioni della violenza, i danni della guerra. Nelle sue opere, materiali quotidiani e immagini comuni si trasformano in esplicite dichiarazioni artistiche, portatrici di un messaggio di protesta. Il video Foot on focalizza l’attenzione sull’energico movimento di un piede mentre schiaccia una lattina di Coca-Cola, simbolo della società moderna e del consumismo. Il continuo ripetersi del gesto riflette la situazione di impotenza dell’uomo, immortalato sul suo instancabile ma vano tentativo di distruggere il sistema da lui stesso creato e dal quale in breve tempo è stato dominato.