Con gli occhi socchiusi. Sembra di guardarla da una fessura tra le ciglia questa fanciulla dalle palpebre stanche, un poco gonfie. Come lei schiude leggermente gli occhi verso una direzione che sempre ci rimarrà ignota, noi ci sforziamo di leggerne i contorni, di scovarli nello sfumato della terra d’ombra. Nome misterioso e suggestivo per il poco conosciuto pigmento marrone, che insieme all’ambra inverdata e al bianco di piombo disegna il volto della ragazza come un’apparizione. Così, forse, ad un primo sguardo non riusciamo cogliere il complesso dei dettagli, definiti e suggeriti, che Leonardo Da Vinci lega a questa figura senza nome. Allora siamo costretti a concentrarci per individuare i tratti che come una pulsione intermittente svelano e nascondono la Scapigliata.
Proprio nel nome/soprannome che viene affibbiato a questa testa di fanciulla risiede il suo maggior vanto. Frenetica è la serie di boccoli che si disperdono dalla testa verso lo spazio circostante, disseminando fiocchi di capelli che come neve compaiono e sfumano, cadono dolci e si lasciano risollevare da un soffio calibrato. Come fosse appena sotto una torcia accesa, un forte chiaroscuro movimenta i lineamenti lisci, di un’ostentata morbidezza.
Un richiamo alla bellezza classica di esaltazione curvilinea, un sentiero flessuoso che trasporta l’occhio fino al piacere della forma sinuosa. Il naso leggermente pronunciato non nasconde le labbra sottili, eleganti e discrete, custodi segrete di una purezza spontanea. Le pieghe sulle palpebre si possono contare ad una ad una, sintomo di una sensibilità ritrattistica che non si perde neppure agli estremi degli occhi, gonfiati e definiti. È il volto leonardesco: realtà anatomica sublimata nell’idea classica di bellezza femminile.
Apprezzati i dettagli, tocca ora schiudere bene gli occhi ed allargare la prospettiva. Lo sforzo è notevole se vogliamo provare a sciogliere i dubbi legati alla data, alla provenienza e alla destinazione di quest’opera. Datata oggi approssimativamente intorno al 1508, il suo inquadramento nel complesso dell’opera di Leonardo è reso difficile dalla sua presunta natura di bozzetto (che come abbiamo visto concede fascino ma priva di chiarezza). Accostata ad altre opere incompiute dell’artista come L’Adorazione dei Magi e Il San Girolamo, i lineamenti della ragazza ricordano in particolare quelli di Leda col cigno. Opera di cui rimangono solo bozze e studi preparatori, di cui anche la Scapigliata potrebbe far parte. Ora confermata, ora smentita, questa ipotesi ci è quantomeno utile ad inquadrarne il contesto.
La sappiamo con tutta probabilità presente nella casa dei Gonzaga, quando un inventario del 1627 parlava di “un quadro dipintovi la testa di una donna scapigliata, bozzata, […] opera di Leonardo da Vinci”. Sempre in orbita Gonzaga viene citata anche nel 1531, quando l’apparatore Ippolito Calandra consigliò a Margherita Paleologa, moglie di Federico Gonzaga e nuora di Isabella d’Este, di appendere in camera una dama dall’aria triste. Spingendoci ancora più indietro con gli anni, troviamo una lettera datata 27 maggio 1501, in cui la marchesa stessa richiedeva a Leonardo una Madonna per il suo studiolo.
Non ci sono dubbi invece che nel 1839 l’opera sia giunta alla Galleria Nazionale di Parma, dove tuttora risiede. La tavoletta 20×20 è il vanto vinciano della città emiliana, che nell’anno del 100 anniversario della morte dell’artista si candida come tappa inconsueta (ma non troppo) di un possibile viaggio leonardesco lungo la penisola. Da Anchiano (il paese natale) a Milano, da Firenze a Roma, tutta l’Italia verrà idealmente – e praticamente – coinvolta nella celebrazione del poliedrico scienziato.
Parma contribuirà esaltando il fascino misterioso di una fanciulla senza identità, di origine incerta, di destinazione fortuita, ma il cui sguardo malinconico continua ad attrarci a lei per rubarle, almeno con gli occhi, un ricciolo irrequieto.