La galleria romana Antonacci Lapiccirella Fine Art (Stand 334) anche quest’anno partecipa a TEFAF Maastricht 2019 (dal 16 al 24 marzo).
La galleria esporrà in un nuovo stand, il 334, più ampio e centrale, nella paintings section, presentando una selezione eclettica di opere di pittura, scultura e disegno realizzate da artisti europei dal Neoclassicismo alla terza decade del XX secolo, proponendo uno studio attento e focalizzato sulla valorizzazione degli artisti italiani della metà dell’Ottocento e i pittori nordici del primo ‘900.
Questo crescente interesse maturato dalla Galleria verso la pittura nordica del primo Novecento trova un riscontro di respiro internazionale confermato dalla mostra al Musée d’Orsay “Au-delà des étoiles. Le paysage mystique de Monet à Kandisky” nel 2017, e quella appena inaugurata alla Dulwich Picture Gallery di Londra, dedicata ad uno dei più grandi interpreti della pittura Simbolista scandinava.
Accurata ricerca storico-artistica, documentazione scrupolosa, ambizione qualitativa museale, visione internazionale e inesauribile passione: questi sono i punti di forza che contraddistinguono la strategia con cui Francesca Antonacci e Damiano Lapiccirella hanno scelto meticolosamente la selezione di opere da presentare a questa edizione del TEFAF.
Per la categoria dei dipinti, si segnala con particolare interesse l’affascinante e suggestivo Alba sul lago Glafsfjorden a Värmland, il grande olio su tela eseguito da Hilding WERNER negli anni ’20 del Novecento. Quello di nutrire un amore profondo verso i paesaggi della propria terra d’origine è una peculiarità che contraddistingue il pittore svedese che, in questo dipinto dalle dimensioni eccezionali, ha catturato uno scorcio mattutino del lago di Värmland. Magnificenza della natura e panteismo cromatico sono i protagonisti indiscussi di questa tela, il cui paesaggio si tinteggia di forti sfumature di blu e giallo, conferendo al soggetto quella vena tipica dei paesaggi scandinavi rappresentati nelle prime ore della mattina.
La veduta esaminata, dalla resa pittorica morbida ed arrotondata di memoria munchiana, si inquadra perfettamente nello stile della corrente pittorica tipica del Nord Europa documentata dallo storico dell’arte finlandese Bertel Hintze, secondo cui esisteva una scuola scandinava di paesaggio romantico nazionalista che aveva scelto come soggetto esclusivo dei propri dipinti i laghi scandinavi.
Un’altra opera che si contraddistingue nella categoria dei lavori del primissimo Novecento, è Studio per giacca e cappello di dignitario, dipinto su cartone realizzato da Galileo CHINI nel 1911. L’opera, eseguita con tecnica mista, è il frutto di una profonda evoluzione artistica del linguaggio pittorico di Chini, in seguito all’esperienza condotta in Siam tra il 1911 e il 1913. L’artista era stato chiamato in Oriente direttamente dal re Rama V per eseguire gli affreschi decorativi della Sala delTrono, dopo che lo stesso re aveva compiuto un viaggio in Europa ed era rimasto colpito dalla bellezza affascinante dagli affreschi eseguiti da Chini per la Sala del Sogno in occasione della Biennale di Venezia nel 1907.
Nei primi bozzetti e dipinti eseguiti in Siam, a cui appartiene l’opera qui presentata, Chini si lascia conquistare dal fascino dell’esotismo, abbandonando il clima e i soggetti simbolisti tipici del primo decennio del secolo a favore di una maggiore libertà formale. L’opera è il frutto di un pregevolissimo e fedele studio di costume, per la cui realizzazione Chini si ispira a uno dei numerosi personaggi che frequentavano la corte del re e si caratterizza per essere stata concepita in dimensioni reali, data la veridicità dei dettagli con cui è stata eseguita. Luminosità del colore e vividezza delle tinte tropicali, sono i protagonisti indiscussi di quest’opera, la cui luce dorata domina incontrastata sulla rappresentazione, conferendo al drago cinese al centro della veste una certa astrattezza misteriosa: osservando questo dipinto, infatti, si tocca con mano la visione magica e lussureggiante che Chini aveva dell’Oriente.
Altri lavori a conferma dell’accurata ricerca storico-artistica e l’attenzione dei due antiquari per opere di grande qualità, sono rintracciabili nella categoria delle sculture, dove spicca il Ritratto di Fortuny realizzato da Vincenzo Gemito tra il 1880 e il 1890. Lo scultore napoletano fu legato da un rapporto di profonda amicizia e ammirazione per Mariano Fortuny, il cui legame fu determinante per l’evoluzione di alcuni giovani artisti dell’ambiente artistico meridionale, tra cui lo stesso Gemito. Il pittore catalano rimase così impressionato dalla sua abilità plastica che gli commissionò, con un gesto di generoso mecenatismo, il ritratto della propria figlioletta e il suo stesso busto, di cui lo scultore realizzò un primo modello in terracotta nel 1874. L’amicizia e la devozione del giovane scultore per il celebre pittore catalano trovò modo di esprimersi in successive fusioni in bronzo che l’artista realizzò a diversa altezza cronologica; come la scultura dal vibrante e chiaroscurato plasticismo qui presentata, che è una fusione di alta qualità formale, ravvisabile nel luminismo vibrante delle superfici. Ispirata al modello realizzato per il monumento funebre del Verano, se ne differenzia in parte per la differente inclinazione della testa e la minor porzione esibita del busto.
Si segnalano anche due opere inedite, un dipinto di Antonio MANCINI e un altrettanto splendido disegno di Vincenzo GEMITO, esposte per la prima volta sul mercato internazionale proprio in fiera.
Il vecchio con la pipa di Mancini e il Ritratto di fanciulla di Gemito sono due opere legate da un vincolo segreto – e non solo perché i due artisti furono stretti in gioventù da vicissitudini comuni, ma perché sia il dipinto sia il disegno provengono dalla prestigiosa collezione d’arte di Amelia Almagià Ambron a Roma. Amelia Almagià (1877 –1960) nasce in una famiglia israelita originaria di Ancona, trasferitasi nella capitale nel 1902, sposa Aldo Ambron e con lui crea una famiglia colta e cosmopolita, profondamente amante dell’arte. Sia a Roma, sia nella vivace e internazionale Alessandria d’Egitto Amelia spicca per la sua qualità di brillante animatrice di salotti culturali ed apre generosamente la sua casa agli amici artisti tra i quali Marinetti, Giacomo Balla e Mancini stesso.
Amelia è anche una pittrice di talento ed ha come maestro il grande Antonio Mancini, un “genio” irregolare, che ha al suo attivo successi internazionali, ricercatissimo da una larga cerchia di committenti alto borghesi grazie alle accattivanti qualità di presa realistica della sua pittura.
Grazie a questo rapporto sviluppato con Mancini, Amelia rafforza la sua vocazione artistica, che diventa impegno professionale, nonostante le difficoltà di affermazione inerenti il suo ruolo femminile. La sua prima mostra personale cade nel 1922, incoraggiata dal grande pittore, che ha visto crescere nel tempo l’abilità e la determinazione della donna.
Anche con Balla si stabilisce un vero e proprio sodalizio. Il pittore la ritrae in più occasioni e tra il 1926 e il 1929 gli Ambron lo ospiteranno insieme a tutta la sua famiglia nella loro villa romana. L’importanza delle due opere presentate è confermata dal fatto che Amelia e Aldo Ambron furono due collezionisti animati da un’autentica passione per l’arte e dall’amicizia per gli artisti dell’epoca. I loro acquisti nascevano da un coinvolgimento diretto, che escludeva mediazioni. Acquistavano le opere che amavano direttamente dagli artisti di cui coltivavano la frequentazione, tra cui: Antonio Mancini, Vincenzo Gemito, Francesco Paolo Michetti e Giacomo Balla.
GALLERIA ANTONACCI LAPICCIRELLA FINE ART
TEFAF MAASTRICHT 2019
STAND 334 – Paintings Section
Apertura al pubblico: 16 – 24 marzo, 11:00 – 19:00
Antonacci Lapiccirella Fine Art
Via Margutta 54 – 00187 Rome
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