Al cinema La promessa dell’alba, il film sulle mille vite dello scrittore Romain Gary. Con Pierre Niney e Charlotte Gainsbourg
Ici vécut Romain Gary,
Compagnon de la Libération / écrivain et diplomate
de 1963 à sa mort, / le 2 décémbre 1980
Sono queste le parole incise in rosso sulla targa commemorativa a Romain Gary, al 108 di rue de Bac, Parigi. E viene da chiedersi se effettivamente Romain Gary non abbia bisogno di altre presentazioni. Scrittore francese di origine Litvak (gli ebrei lituani), forse i tabloid lo ricorderanno per il divorzio da Jean Seberg e la tragedia della sua morte (poco più di un anno dopo il suicidio dell’attrice, profondamente depresso anche per via del suo evidente deterioramento fisico, lo scrittore si tolse la vita con un unico, fatale, colpo di pistola).
Ma gli ultimi giorni di un uomo non possono parlare per una vita intera: perché nel corso delle sue mille, incredibili vite, Romain Gary ha collezionato alcuni fra i più grandi successi cui può (poteva?) ambire un cittadino francese. Decorato con la Legion d’onore per il servizio d’aviazione prestato alla “Francia Libera” (l’organizzazione di resistenza fondata da Charles de Gaulle durante il Secondo Conflitto Mondiale); non solo diplomatico, ma anche Console generale di Francia a Los Angeles negli anni Cinquanta. E se tutto questo può già sembrare grandioso, Romain Gary non si è distinto soltanto per i suoi meriti in ambito diplomatico e militare. Al contrario, è stato anche l’unico scrittore a vincere per due volte il Premio Goncourt (il più prestigioso riconoscimento letterario francese): la prima volta con Le radici del cielo nel 1956, la seconda nel 1975 per La vita davanti a sé, sotto lo pseudonimo di Émile Ajar.La sua storia prende forma proprio in uno dei suoi romanzi più intensi: La promessa dell’alba, pubblicato nel 1960 e dedicato a sua madre. È semplice: chi non ha mai pensato, anche solo per un secondo, che ciò che conquistiamo non sia in fondo un modo per onorare le speranze e i sacrifici dei nostri genitori? Per Romain Gary non potrebbe esserci un presupposto più vero. La domanda migliore, allora, è un’altra: qual è stato il motore della determinazione di Romain Gary? La benzina che l’ha portato a diventare un uomo successo? Per lo scrittore francese tutto ha avuto inizio quando, ancora bambino, promise a sua madre Nina che un giorno sarebbe tornato da lei dopo aver strappato di mano il mondo ai potenti e ai malvagi. Un’ambizione audace, ispirata dall’amore esagerato di una donna che ha dedicato la sua vita al successo del figlio. Tutto il resto, è storia.
Invece di farsi intimidire, Éric Barbier (già regista di Le Serpent e Le Dernier Diamant con Yvan Attal e Bérénice Bejo) si tuffa di pancia nelle emozioni del romanzo e ricompone i tasselli di un puzzle molto personale. Questo perché La promessa dell’alba è più di un colossal in costume o di un biopic: è una testimonianza. I ricordi di Gary ci sono tutti: l’infanzia in Polonia, la guerra e le bombe che ha sganciato. Ma la storia s’intreccia ai momenti più intimi: i cappelli che sua madre cuciva per le signore polacche, la derisione dei vicini di casa, i sentimenti infantili e le prime delusioni.
Il minimo comun denominatore però è sempre lei – ed è lo stesso motore che lo ha spinto a diventare uno dei più grandi uomini del Novecento: sua madre, Nina, dai giorni in Polonia al trasferimento a Nizza, fino alla sensibile corrispondenza durante gli anni al fronte. Ma un amore troppo grande rischia anche di fare del male: ecco allora far capolino l’invadenza di un genitore, la rabbia nei suoi confronti e i rimpianti per ciò che non è mai riuscito a dirle. “Voi non sapete con chi state parlando! Guardate mio figlio, un giorno sarà un ambasciatore di Francia!” urla Nina ai vicini che l’hanno denunciata alla polizia polacca. E la memoria dell’autore prende forma sulle pagine del manoscritto stesso del romanzo, che sua moglie legge in taxi verso Città Del Messico. Per lei è subito chiaro: tutto quello che Romain ha fatto, lo ha fatto per sua madre.
La sfida è complessa. A portare sullo schermo queste figure ingombranti sono due grandi nomi del cinema francese: Pierre Niney, giovanissimo ma molto amato in Frantz di François Ozon e Yves Saint Laurent di Jalil Lespert (per cui nel 2015 ha vinto anche il Premio César), ma soprattutto Charlotte Gainsbourg, la delirante e meravigliosa figlia di Serge Gainsbourg e Jane Birkin, nonché musa di Lars Von Trier (Antichrist, Nymphomaniac vol. I e II), più splendente che mai nei panni di una donna esagerata, eccentrica e teatrale, che restituisce alla perfezione la sfumatura di tutte le sue ambizioni e, perché no, anche delle sue incoerenze.
La promessa dell’alba è una storia intensa di amour fou, di passione e devozione, che cerca di restituire la dimensione strabordante di due personalità straordinarie, più grandi del racconto e della vita stessa. E ci riesce, con garbo e umiltà. Accolto piuttosto bene dalla critica francese, il film ha fatto piangere e commuovere il pubblico francese, guadagnandosi anche quattro candidature ai Premi César (gli Oscar® del cinema francese), tra cui quelli per la miglior attrice a Charlotte Gainsbourg e il miglior adattamento a Éric Barbier. In Italia è nelle sale dal 14 marzo, distribuito da I Wonder Pictures.