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Il modernismo eclettico di Jan Sluijters

Jan Sluijters, Ballerina spagnola, 1906, co Pictoright Amsterdam 2018. Singer Laren, on loan from a private collection Jan Sluijters, Ballerina spagnola, 1906, co Pictoright Amsterdam 2018. Singer Laren, on loan from a private collection
Jan Sluijters, Ballerina spagnola, 1906, co Pictoright Amsterdam 2018. Singer Laren, on loan from a private collection
Jan Sluijters, Ballerina spagnola, 1906, co Pictoright Amsterdam 2018. Singer Laren, on loan from a private collection

Ultimi giorni per visitare la mostra  di Jan Sluijters al Het Noordbrabants Museum, Den Bosch. Fino al 7 aprile 2019.

Per la prima volta, in circa ottanta opere, una mostra si concentra sul cruciale periodo dal 1904 al 1914, quando l’artista viaggiò fra Italia e Spagna e soggiornò a lungo a Parigi interessandosi alla pittura dei Fauves e all’Espressionismo di Toulouse Lautrec, per finire con le sperimentazioni in senso cubista, la Secessione viennese e il luminismo.

Den Bosch. In quella fine d’Ottocento, quando un giovanissimo Johannes Carolus Bernardus Sluijters (1881-1957) iniziava il suo percorso alla Reale Accademia di Belle Arti di Amsterdam, i maestri di riferimento erano ancora gli Impressionisti da un lato, e van Gogh dall’altro. La scuola naturalista, come del resto in tutta Europa, aveva perso il suo slancio, anche se trovava ancora estimatori fra i committenti della borghesia più conservatrice.

Sluijters, per vocazione, si sentiva artista di respiro europeo e approfittò dell’ingente somma che accompagnava il Prix de Rome ricevuto nel 1904 per compiere una serie di viaggi in Italia e Spagna, e soprattutto soggiornare a lungo a Parigi, città che allora era la capitale mondiale dell’arte e dove avrebbe potuto vivere di persona quelle atmosfere conosciute attraverso le opere di van Gogh, Monet, Manet, Degas, Lautrec. Influenze che furono determinanti per Sluijters nello scegliere la personalità della sua pittura: lasciatesi alle spalle le stucchevoli prove degli esordi, legate alle allegorie floreali della Belle Époque più “facile”, e le accademiche pitture mitologiche e religiose ispirate ai caravaggeschi di Utrecht, si gettò nel caldo vortice della pittura espressionista e delle sue derivazioni. Una pittura che, nella sua prima fase (la seconda sarà quella tedesca e viennese fra gli anni Dieci e Venti) aveva prese le mosse da due diversi fuochi: Lautrec in Francia e van Gogh in Olanda.

Jan Sluijters, Paesaggio a Laren in ottobre, 1910 Stedelijk Museum Schiedam, on loan at Singer Laren
Jan Sluijters, Paesaggio a Laren in ottobre, 1910 Stedelijk Museum Schiedam, on loan at Singer Laren

Per il conte di Albi, quei colori accesi, quei volti ghignanti, quei can can sfrenati e quei bordelli sdruciti ma accoglienti, erano il segno di una civiltà in crisi, corrosa dal vizio ma beatamente incosciente di ciò cui stava andando incontro; all’epoca la Grande Guerra non era ancora fra le previsioni possibili, ma l’angoscia della modernità già faceva sentire i suoi effetti. Alla pittura della disperata crisi sociale di Lautrec, si affianca quella delle campiture luminose di van Gogh, la cui arte cerca rifugio dall’avanzamento della civiltà industriale nella natura, nei cieli stellati, nel silenzio della campagna, nella solitudine di ambienti domestici come la propria camera da letto. Sluijters, appena ventenne, ha però un atteggiamento diverso: pur avvertendo la necessità di irrobustire la propria pittura, ha una visione assai meno pessimistica e oscura e le sue opere saranno sempre pervase da una profonda gioia di vivere suggerita dal controverso periodo storico, ma anche dall’entusiasmo della propria giovinezza. Slujters fu un pittore mondano e appassionato, nel cui animo riviveva l’approccio curioso e diretto degli Impressionisti, dei quali in parte seguiva lo stile. La sua veduta delle Tuileries, del 1906, richiama infatti da vicino la luminosa pittura di Manet; dall’altra lato, mentre la Festa di Pentecoste, del medesimo anno, è un omaggio alla Rue Montorgueil di Monet, in particolare per le numerose bandiere che sventolano lungo il percorso.

Jan Sluijters Bal Tabarin 1906-1907 co-Pictoright Amsterdam 2018. Collection Stedelijk Museum Amsterdam
Jan Sluijters Bal Tabarin 1906-1907 co-Pictoright Amsterdam 2018. Collection Stedelijk Museum Amsterdam

Tuttavia Sluijters sentiva la necessità di guardare al presente, e nelle sue scene di caffè notturni si ritrovano riferimenti stilistici non soltanto al già citato Lautrec, ma anche ai catalani Hermenegildo Anglada Camarasa e Isidre Nonell; un tripudio di colori, di pennellate ampie e pastose, di corpi in ebbro movimento. In soli due anni la sua pittura è diventata più avvolgente, più corposa, ha persa la delicatezza accademica per colpire a fondo nella carne viva dell’esistenza; a spingervelo, sia Parigi, come accennato, ma anche la Spagna con le sue ballerine di flamenco, le enigmatiche zingare e le assolate strade andaluse.
A Parigi venne a contatto anche con l’esperienza dei Fauves, che frequentè per un certo tempo producendo opere di rilievo, come la Ballerina (1907) avvolta in un fiammeggiante abito rosso e colta nel momento di una frenetica danza. Rispetto alle pitture di medesimo soggetto ma di riferimento pittorico spagnolo, quelle fauviste possiedono un dinamismo ancora maggiore.

Jan Sluijters, Donna con cappello piumato e calze blu, 1910 co Pictoright Amsterdam 2018. Singer Laren, donation Nardinc collection
Jan Sluijters, Donna con cappello piumato e calze blu, 1910 co Pictoright Amsterdam 2018. Singer Laren, donation Nardinc collection

Ma nel 1909, con l’interruzione del sussidio del Prix de Rome (l’Accademia lo accusava di eccessivo modernismo), fu costretto al rientro in patria, e forse ciò fu un bene per lo sviluppo della sua carriera pittorica. Il radicale cambio di atmosfera, assai più statica rispetto alla vivacissima Parigi, spinse Sluijter a modificare la prospettiva concettuale dei suoi lavori. Alla frenesia della vita notturna si sostituiscono le contemplative visioni della campagna olandese, degli interni domestici, del mondo dell’infanzia. Una nuova fase sviluppata su molteplici linguaggi pittorici, come d’abitudine per l’artista; da un lato, la robusta presenza della natura di Vincent van Gogh, dall’altro il delicato luminismo di Kees van Dongen e Leo Gestel. Anche il corpo femminile, che seguitava a rientrare fra i suoi soggetti d’interesse, perse l’erotica vivacità parigina in favore di una grazia scultorea neorinascimentale e di una figurazione più rispettosa del dettaglio fisico, intrisa di pensosa malinconia. Ritratti che guardano all’esperienza secessionista viennese di Klimt, Schiele e Kokoschka, pur non possedendo la loro drammaticità. Negli anni immediatamente precedenti alla Grande Guerra, Sluijters si avvicinò al Cubismo, ma lo fece nello stesso modo in cui Vilmos Huszár aderì a De Stijl, ovvero senza abbandonare completamente le sue radici figurative, e aggiungendovi un senso del colore vivacemente matissiano. Con la fine della Grande Guerra e il senso di smarrimento che pervase molti artisti europei, anche Sluijters, come Ardengo Soffici in Italia, avvertì la necessità di un “ritorno all’ordine”, e la sua carriera si assestò su una produzione sì pregevole, ma priva di particolari slanci.

Jan Sluijters, Folla alla Porte Maillot 1906, co Pictoright Amsterdam 2018. Private collection
Jan Sluijters, Folla alla Porte Maillot 1906, co Pictoright Amsterdam 2018. Private collection

Slujters fu un pittore eclettico, attento sperimentatore di respiro europeo, e il confronto che la mostra propone con alcuni dei contemporanei permette di apprezzare la sua capacità di guardare alle esperienze dei colleghi, traendone ispirazione sufficiente a sviluppare opere di respiro autonomo. Figura poco nota in Europa del modernismo olandese, ma che merita invece un’attenta riscoperta, in virtù di quell’eclettismo giovanile che ne fa uno degli sperimentatori più attivi del periodo.

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