A 200 anni dalla nascita di Antonio Fontanesi (1818-1882), Palazzo dei Musei di Reggio Emilia celebra con una grande esposizione, fino al 14 luglio 2019, la parabola di un inquieto sperimentatore moderno attraverso il filtro della critica e le opere dei pittori che l’hanno succeduto.
“Felice l’artista che nasce dopo morto” recita l’incipit che accoglie il pubblico in visita alla mostra Antonio Fontanesi e la sua eredità. Da Pellizza da Volpedo a Burri, a Palazzo dei Musei di Reggio Emilia dal 6 aprile al 14 luglio 2019, a cura di Virginia Bertone, Elisabetta Farioli e Claudio Spadoni. “Felice l’artista”, nascere e morire per rivivere ancora, fu lo stesso Fontanesi a pronunciare queste parole come se in uno slancio profetico avesse percepito la sua futura resurrezione artistica, una resurrezione documentata non solo dalla critica, il cui più alto riconoscimento venne registrato alla Biennale di Venezia del 1952 con una mostra curata da Roberto Longhi, ma anche dagli esiti pittorici elaborati dai maestri a lui successivi, in un arco cronologico che dagli ultimi decenni dell’Ottocento si protrae fino agli anni Sessanta del Novecento. Vittore Grubicy, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Angelo Morbelli, Carlo Carrà, Felice Casorati, Ennio Morlotti e Aberto Burri sono solo alcuni dei nomi a cui si può affiancare l’esperienza artistica del reggiano Fontanesi.
Maestro di luci pastello e atmosfere soffuse, l’elemento naturale fa da protagonista. Le figure, in lontananza, sono macchie assorte di colori terrosi, uomini e animali sembrano trasmettere il medesimo sentire, sospesi in un’arcadia malinconica, forse specchio dell’anima inquieta dell’artista. Antonio Fontanesi fu definito randagio e insofferente, molte le città e i paesi che abitò, da Firenze a Londra e Parigi fino a Tokyo, per poi tornare a Torino dove morì nel 1882. La vita errante fece di lui uno scrigno eclettico di suggestioni, fortemente radicato nella terra di origine ma nutrito insaziabilmente dai magnetismi internazionali dell’epoca, Margherita Sarfatti, nel 1922, lo paragonò a un’ape che di fiore in fiore trasporta il polline per un’eredità prolifica.
L’esposizione è orchestrata in cinque sezioni cronologiche, ciascuna approfondita da studi critici e filologici che, prendendo le mosse dal punto più basso della carriera del pittore quale l’insuccesso del quadro Le Nubi esposto nel 1880 alla IV Esposizione Nazionale di Torino, risalgono a ritroso negli anni vagliando le opere che hanno influenzato le esperienze artistiche successive. L’alba di Antonio Fontanesi si levò dopo circa un ventennio dalla sua morte, è infatti grazie alla Biennale di Venezia del 1901 che l’operato del maestro reggiano venne definito come “bene nazionale”, nel mentre Lorenzo Bistolfi e Vittore Grubicy prima, Angelo Morbelli e Giuseppe Pellizza da Volpedo poi, focalizzarono le proprie ricerche sugli esiti fontanesiani, non solo dal punto di vista tecnico a cui l’artista offriva le prime soluzioni divisioniste, ma anche attraverso una riflessione che meditava sul motivo stesso del paesaggio inteso come specchio di stati d’animo. Risale agli anni Venti del Novecento il secondo ciclo di letture critiche, Carlo Carrà, Felice Casorati e Arturo Tosi ne assunsero ognuno a proprio modo l’eredità, dai concetti di “numero”, “ordine” e “misura” elaborati da Carrà e adottati da Casorati, all’osservazione intima e ravvicinata del vero di Tosi. La terza fase di lettura è affidata a Roberto Longhi che, in una lettera al Segretario della Biennale di Venezia in vista dell’edizione del 1952, equiparava i moti pittorici di Fontanesi a quelli di Corot, Constable e Turner, riconoscendogli un posto d’onore tra i maggiori romantici d’Europa. Il giudizio longhiano, poco riconoscente nei confronti dell’Ottocento italiano in generale, costituisce un’eccezione e rappresenta il punto di partenza del più giovane critico Francesco Arcangeli, negli stessi anni impegnato nell’individuazione degli echi che dalla pittura romantica risuonavano in quella informale, dagli ultimi naturalisti a Burri, in accezione distinta.
Informazioni utili
Antonio Fontanesi e la sua eredità. Da Pellizza da Volpedo a Burri
dal 6 aprile al 14 luglio 2019
Palazzo dei Musei,
via Spallanzani 1
Reggio Emilia
[*Antonio Fontanesi, Le Nubi, 1880 | ArtsLife]