Oro Verde – C’era una volta in Colombia, al cinema dell’11 aprile
Passato alla scorsa edizione del Festival di Cannes e accolto dal plauso unanime della critica di tutto il mondo, Oro Verde – C’era una volta in Colombia (Birds of Passage) arriva in sala dall’11 aprile. Con questo film il regista Ciro Guerra e la produttrice Cristina Gallego, dopo il successo di critica di El abrazo de la serpiente (Embrace of the Serpent), rinnovano la loro collaborazione (sono anche marito e moglie) dirigendo a quattro mani un affresco cinematografico di grande suggestione.
Oro Verde (Birds of Passage) racconta le origini del narcotraffico colombiano attraverso l’epica storia di una famiglia indigena Wayúu. Un clan famigliare, con a capo una donna Ursula, si trova coinvolto nel boom del successo del commercio di marijuana ai giovani americani negli anni ‘70. Quando avidità, passione e onore si scontrano, si scatena una guerra fratricida che metterà in gioco le loro vite, la loro cultura e le loro ancestrali tradizioni.
Per Ciro Guerra e Cristina Callego è la prima incursione vera e propria nel cinema di genere, o quello che almeno all’apparenza potrebbe sembrare tale. Come nei film precedenti parlano dei popoli nativi dell’America Latina e delle loro storie, spesso trascurate e misconosciute, ma stavolta esplorano la nozione di mito attraverso i codici del cinema di genere, rivisitandoli e rinnovandoli. Il crime movie viene qui filtrato attraverso la percezione e le esperienze del popolo Wayúu, un popolo indigeno del Nord della Colombia che abita un territorio rurale dove il deserto più arido si alterna a colline verdeggianti.Oro Verde (Birds of Passage) è un noir, un gangster movie, ma anche un western con lo stile trasognato di Gabriel Garcia Marquez. Esistono tante storie che raccontano il narcotraffico – talmente tante che ormai è diventato un cliché, ma il film di Ciro Guerra e Cristina Callego, ha uno sguardo nuovo, unico.
Concentrandosi sul quel periodo denominato “bonanza marinbera” (un periodo tra gli anni ‘70 e ‘80 in cui l’esportazione di cannabis negli Stati Uniti si è concentrata particolarmente nel deserto de La Guajira, dove è stato girato il film) la pellicola illustra una storia inedita di nacrotraffico, delinquenza e violenza focalizzandosi però sui legami famigliari e sui meccanismi della cultura wayuu.
Un racconto in cui tradizione e modernità si scontrano con esiti drammatici, in un’epopea sulla corruzione delle radici e dell’identità culturale di un popolo. In Oro Verde (Birds of Passage) l’attenzione etnografica incontra Il Padrino, Scarface e The Grandmaster. La pellicola mette in scena una storia con nuove prospettive e nuovi approcci narrativi, e al contempo rivela un vero e proprio genio artistico (e visivo), pieno di un’umanità profondamente complessa. La storia principale è opera di finzione ma, molte delle sottotrame dei personaggi e degli eventi chiave del film si basano su storie reali di gente Wayúu vissuta in quel periodo; anche nel cast si mischiano tra loro attori professionisti e non, in una continua contaminazione tra messa in scena e realtà, nello sviluppo di un racconto saldamente radicato a un realismo concreto.
Oro Verde – C’era una volta in Colombia è un esame inflessibile delle virtù e dei limiti che la più stretta aderenza alla tradizione comporta rispetto al contrasto che deriva dai cambiamenti derivanti dal passare del tempo (dalla modernizzazione, si potrebbe dire). Ricchezza, corruzione, criminalità, gelosia, insoddisfazione e tradimento diventano gli indici attraverso i quali le contraddizioni e le debolezze dell’umana cultura vengono messe in luce in quello che senza dubbio può essere già considerato come uno dei film più belli dell’anno.