“Ho scelto il linguaggio perché volevo offrire contenuti che le persone, non necessariamente le persone d’arte, potevano capire”.[1]
La Tate Modern presenta attraverso la sua iniziativa “Artists Rooms”, monografica di Jenny Holzer attiva dal 6 luglio scorso fino al 7 luglio 2019. Curata da Zoe Whitley, la mostra presenta installazioni ambientali, testi alle pareti e lavori figurativi dove l’arte della parola di Jenny Holzer regna sovrana.
L’artista si fa portavoce di messaggi, dichiarazioni e re-interpretazioni di banali cliché stampati sui più svariati supporti. La Holzer, resasi nota per i poster appesi per le strade di Soho (nei primi lavori della fine degli anni ’70) è passata poi all’analisi di altri elementi. Come profilattici, alluminio, lapidi e molto altro ancora. La mostra “ARTIST ROOMS” alla Tate include lavori provenienti dai maggiori progetti della Holzer, compresi “Truisms” (1977–79), la famosa serie che ha allestito in forma anonima gli spazi urbani di Lower Manhattan. Dalla già famosa “Protect me from what I want” fino a “It is in your self interest to find a way to be very tender”.
Con Truisms, la Holzer vuole accentuare la situazione della società attuale, ritraendo un mondo in cui il linguaggio e l’informazione ci tartassano e assillano. Oramai è difficile rimanere stupiti da qualcosa. Forse però, le sue scritte riescono ancora ad inibirci un po’.
Seppur vogliano sempre rimanere anonime ed impersonali, le parole sferzanti dell’artista hanno come unico scopo quello di arrivare dritto al fruitore, col fine di scuoterlo e agitarlo.
“Ho sempre voluto che la mia voce non fosse identificabile”. [2]
La volontà di non firmarsi, rende i suoi concetti estremamente universali. É come se l’artista volesse dar voce ai pensieri del popolo. Negli anni ’80 però la Holzer decide di sperimentare un nuovo supporto:il Led. Tecnica che”“ha improvvisamente cambiato l’enfasi delle mie opere. Era come avere la voce dell’autorità che diceva qualcosa di diverso da quello che direbbe normalmente”.[3]
Voce del popolo ma anche del potere, la Holzer descrive diversi temi: la morte, la malattia, la politica e la tortura mediatica. E lo fa in maniera verbale, creando subito una crudezza del messaggio senza pari. Se niente fa più male delle parole, i testi della Holzer non sono da meno. Ci ritraggono una realtà difficile da digerire e tratti da sopportare.
Un altro tema cardine della retrospettiva è l’indagine del concetto di sopravvivenza che si traduce sopratutto nella serie Living. Qui, più che una parola o un singolo concetto, l’artista espone un vero e proprio flusso di coscienza capace di inglobare e ammaliare lo spettatore . L’essere umano non vive più, sopravvive. Un tema che tocca anche Survival Series (1983-1985), la famosa serie di LED luminosi di diverso formato e Laments (1989) insegne luminose su pietre tombali.
Quest’ultima serie, comprende tredici testi che la Holzer stessa definisce “voci dei morti”. Nelle lapidi infatti sono trascritti gli ultimi pensieri di dieci adulti, due bambini e un bambino. Laments è stata prodotta alla fine degli anni ’80 quando l’AIDS aveva causato migliaia di decessi. L’artista in particolare, vuole evidenziare la mancata presenza del sistema politico.
Politica, società a contemporaneità. Queste sono le chiavi di lettura della sua poetica. Una poliedricità di elementi, temi, messaggi ma sopratutto opere vengono allestite alla Tate Modern. Una retrospettiva completa che delinea Jenny Holzer come femminista e attivista ma sopratutto come una delle personalità più interessanti del panorama artistico contemporaneo.
[1] https://www.tate.org.uk/whats-on/tate-modern/exhibition/artist-rooms-jenny-holzer/exhibition-guide
[2] ( http://iperarte.net/ledonnedellarte/jenny-holzer/)
[3] http://iperarte.net/ledonnedellarte/jenny-holzer/