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Corpo e contraddizione. “Approccio” a Ivana Spinelli, problemi di memoria

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Ivana Spinelli, One word one pin (2011) 

Il primo approccio, forse la prima intervista, anche se ad ora non credo (ne sono certo) di averla mai conclusa, è stato telefonico, o meglio, la prima volta che ho sentito la sua voce è stato attraverso un apparecchio telefonico, o più propriamente attraverso uno smartphone. Probabilmente, anche se la cosa non è ovvia, avevo già visto il lavoro di Ivana Spinelli pubblicato da qualche parte, in qualche mostra o fiera. Ma è stato in una chiacchierata con altri artisti, una vera e propria ammucchiata su Skype in cui cercavo di tenere le redini di una discussione non troppo chiara, che mi è stato segnalato il nome di Spinelli. Certo solo un nome. Dopo poco ho guardato/studiato il sito, poi una mail a cui è seguito un appuntamento telefonico. Finalmente la voce, leggermente nasale. È da lì che è partita un’intervista ancora in corso e che, probabilmente, si protrarrà ancora qualche mese. Il tutto è iniziato poco più di un anno fa. Una mattina a Bologna, non mi ricordo bene quale mese fosse, non era ancora inverno, quella giornata faceva caldo, ci siamo incontrati nel suo studio. Ho parcheggiato vicino, ho imboccato la via, non era ancora arrivata, non so se sarebbe andata comunque in studio quel giorno, ci siamo trovati davanti ad una saracinesca abbassata, come fosse un negozio ancora chiuso. In effetti era proprio un negozio sfitto che adesso comprendeva altre cose, non so cosa ci fosse prima.

Ivana Spinelli, Global Sisters  -the contradictions of love (2012)
Ivana Spinelli, Global Sisters -the contradictions of love (2012)

Era mattina, ci siamo presi un tè, io prendevo appunti, devo confessare che quegli appunti li ho persi prima ancora di poterli utilizzare. Ho preso in mano un suo libro, forse sarebbe meglio parlare di opera, o libro d’artista, cappello sotto cui si può nascondere veramente tutto. Global Sisters sono pagine con disegni fatti a china su sfondo bianco. Corpi di donna di cui si legge la silhouette, corpi nudi, corpi innocenti che vengono rivestiti di soli pochi indumenti/oggetti: passamontagna, cinture esplosive, giarrettiere o cilici simili a pugnali. Corpi comunque seducenti, corpi ambigui che non capisci da che parte stiano, se integraliste pronte a farsi esplodere o ballerine da lap dance. Come se per forza il copro dovesse significare qualcosa, essere identificato e avere una propria carta d’identità, senza equivoci. Ecco cos’è successo, il corpo viene caricato di atteggiamenti e simboli in disaccordo tra loro, Ivana ha mescolato sensualità e castrazione del desiderio, sesso e integralismo. Un risultato sorprendentemente fetish e volutamente fastidioso come per tutti gli atteggiamenti feticisti, per chi non è appassionato del genere. Non mi ricordo molto di più di quella mattinata. Credo che Ivana indossasse un maglione un po’ largo.

C’era anche un soppalco nel suo studio su cui erano sistemate delle grandi tele, una libreria a destra della porta d’ingresso inquadrava una bibliografia di riferimento, certo utile per me se avessi voluto capire dove sprofondava la sua ricerca, da quali letture attingeva. Anche di questo non ricordo niente, ricordo solo di aver fatto una fotografia, una sola, non allo spazio, non a delle opere, non a lei, ma proprio ad un libro. Volevo tenere quell’immagine come appunto, distrattamente nel tempo l’ho cancellata. Ho provato oggi a rintracciarla nella memoria del mio smartphone, ma è stato inutile, nessuna traccia. Sì, altri libri, in altri luoghi, ma non quello. Ho perso tutto di quell’incontro, ho perso gli appunti, non ho fotografie, non mi sono portato via nessun oggetto, nessun libro. Avevo delegato alla scrittura e all’immagine la capacità di perpetuare nel tempo la prima presenza fisica. Ho fallito. Abbiamo parlato di Carla Lonzi, mi ricordo, l’abbiamo citata come approccio all’intervista, aperta, lunga, infinita, la mia per ora inconcludente. Di quel libro trovato nel suo studio ricordo solo la casa editrice, PostmediaBook, solo questo. In quella giornata ci siamo rivisti una seconda volta, sarei andato alla presentazione di un libro al MAMbo verso le 18.30. Le avevo chiesto di venire. Due volte in uno stesso giorno, senza esserci mai visti prima. Ho un pessimo rapporto con la memoria, la temo con tutto me stesso. Non ho ancora concluso l’intervista a Ivana Spinelli, non ho concluso la sua come altre ad altri artisti, ci sto lavorando. Lentamente.

Ivana Spinelli, Global Sisters  -the contradictions of love (2012)
Ivana Spinelli, Global Sisters -the contradictions of love (2012)

https://ivanaspinelli.net/about/

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