La Fondazione Beyeler di Basilea ripercorre la poliedrica attività artistica di Rudolf Stingel. Dall’astrattismo all’iperrealismo, le opere realizzate dall’artista negli ultimi tre decenni saranno in mostra fino al 6 ottobre 2019.
Dove risiede la reale abilità di un artista? Qual è, in altre parole, la caratteristica che lo rende tale?
Gerard Richter ha sostenuto più volte, e sostiene tuttora, che una virtuosa espressione tecnica che aderisca il più possibile al reale non possa essere la cifra caratterizzante dell’arte. Per questo dopo aver ritratto candele che potrebbero benissimo essere scambiate con fotografie – con tanto di bagliori, ombra, cera colante, dettagli minuziosi che increspano le nostre certezze percettive – ha abbracciato la deriva astratta, ma soprattutto sperimentale, che l’ha portato lontano dai binari del realismo per deragliare nei percorsi alternativi di una arte rinnovata (e quindi sincera).
Un procedimento analogo ha ispirato Rudolf Stingel, la cui evoluzione artistica è frutto di ricerca alla Fondazione Beyeler di Basilea. Fino al 6 ottobre un’esposizione ripercorre l’opera dell’artista originario di Merano. La sperimentazione al centro: divergente e spasmodica nella volontà di variare, organica e continua quando una scoperta necessità approfondimento.
Con queste premesse Stingel torna in Svizzera dopo l’esposizione alla Kunsthalle Zurich (1995) e all’ultima grande mostra in Europa a Palazzo Grassi a Venezia (2013). Pochi artisti sono riusciti come lui ad espandere il concetto di pittura e a esaltarne le possibilità, ricorrendo a strategie, materiali e forme anche inusuali. Accanto alle serie di quadri astratti e fotorealistici, crea infatti anche opere su larga scala in polistirolo, metallo fuso, così come gli spazi coperti in tappeti o pannelli isolanti in argento che possono essere calpestati o toccati.
La brillantezza dell’inventiva di Stingel si manifesta ancor più veementemente quando un tema – un colore, una sensazione, un soggetto – si condensa in una varietà di soluzioni che formano una disparata costellazione di immagini, materiali, risultati visivi sempre diversi, pur seguendo la stessa linea. Il tappeto arancione brillante, una volta esposto orizzontalmente nella galleria di Daniel Newburg – liberamente calpestabili dai sorpresi visitatori – riappare come nuovo lavoro su una parete della mostra della Fondazione Beyeler. La fotografia di una mano che regge una pistola ad acqua è stata trasportata su scala fotorealistica.
I dettagli dei segni dei graffi incisi su precedenti installazioni di pannelli Celotex ridondano in quelli impressi oggi nel metallo fuso, realizzati utilizzando un processo complesso e dispendioso in termini di tempo. Uno di questi lavori, dodici metri di lunghezza, sarà esposto alla Fondation Beyeler. I motivi tratti dalla carta da parati, tappeti storici e fotografici sono stati spesso oggetto di trasposizioni su tela come dipinti fotorealistici, tra cui polvere e impronte digitali, tracce del tempo che passa.
L’elemento temporale e la conseguente caducità della nostra esistenza sono alcuni degli spunti comuni alle opere di Stingel, lampi ricorrenti nelle sue riflessioni. Tempo e possibilità, cambiamento e distruzione emergono sempre sulla superficie dell’opera, spesso sotto forma di traccia pittorica. L’insistenza di questa tematica associata alla persistenza pittorica fa si che il lavoro dell’artista sia omogeneamente pervaso dalla volontà di indagare la comprensione e la percezione attorno all’arte e ai tempi all’interno dei quali innestiamo le nostre azioni. Una ricerca diversificata ma precisa, tanto che nel suo primo libro d’artista, Instructions, definisce rigorosamente i passaggi pittorici che compie nella realizzazioni delle sue opere astratte. Per prima cosa la pittura ad olio deve essere miscelata usando un classico miscelatore elettrico e applicata alla tela. Uno strato tulle deve essere quindi drappeggiato sulla parte superiore e spruzzato con vernice argentata. Procedendo alla rimozione del tulle, esso si lascia indietro un apparentemente strato tridimensionale di colore, che ricorda un paesaggio sterile permeato da venature prominenti. Le Instructions suggeriscono che seguendo queste linee guida apparentemente semplici, è possibile creare uno proprio “Stingel”.
Questa volontà descrittiva e rivelatrice non sembra però privarci della curiosità attorno all’opera dell’artista, che risulta invece rinnovare la domanda da cui siamo partiti: dove risiede la reale abilità di un artista? A quanto pare, almeno per Rudolf Stingel, non nel segreto e nell’aura di mistero attorno al suo operato, quanto più nella capacità di ampliare un concetto fino a espanderlo in un prisma dai mille riflessi differenti. Moltiplicare angoli e prospettive, sguardi e declinazioni, attenersi al realismo e rinnegarlo totalmente, dettare regole per poi ribaltarle, innescare l’esplosione della pluralità per accoglierne in un’onda rivelatoria l’assoluto e strutturato messaggio.
*Rudolf Stingel, Untitled (After Sam), 2006