In occasione della Biennale di Venezia, l’Hilton Molino Stucky ospita fino al 24 novembre l’esposizione “Play with us” di Naby Byron: pretesto per scoprire la storia di questo edificio e le altre opere d’arte che ospita.
Passeggiando per le Fondamenta delle Zattere o navigando lungo il canale della Giudecca è impossibile non notarlo. Il Molino Stucky, imponente edificio industriale di colore rosso, spicca in tutto il suo fascino sulla punta occidentale dell’isola della Giudecca, di fronte a Venezia. Un moderno capolavoro veneziano. Fiorente mulino magnificamente restaurato, dal 2007 è entrato a far parte della catena alberghiera Hilton. Con 379 camere, una piscina panoramica e 8 ristoranti, la struttura si presenta come un incantevole microcosmo in cui non è affatto difficile perdersi tra corridoi e cortili interni ed esterni. Ma anche questo fa parte dell’esperienza.
Ora però voglio svelarvi alcuni retroscena di una delle architetture industriali più note della laguna. Siamo nel 1884. Demoliti il convento e la chiesa di San Biagio e Cataldo (e regalate le colonne alla vicina chiesa di Sant’Eufemia, visibili oggi), l’industriale di origine svizzera Giovanni Stucky commissiona all’architetto tedesco Ernst Wullekopf un primo progetto dedicato all’area. Si tratta di un edificio semplice, tipicamente industriale, interamente in laterizi di colore rosso. Dieci anni dopo viene arricchito dalla torre, dal deposito di farina e dall’elegante facciata neogotica. Successivi ampliamenti portano l’area ha ricoprire ben 30 000 m²: l’età dell’oro del celebre Molino Stucky, in cui si producono circa 50 tonnellate di farina al giorno. Il segreto di un’attività così fiorente? Una tecnologia all’avanguardia per cui, grazie ad un meccanismo di caduta dall’alto, il grano viene trasferito direttamente dalle navi al processo di macinazione. A lavorarci, 1500 operai 24h/24.
Dopo i conflitti mondiali, una spietata concorrenza della terraferma e la morte di Giovanni Stucky portano il mulino verso una lenta crisi che culmina nella chiusura definitiva, avvenuta nel ’55. Nel 1988 il Ministero per i Beni Culturali appone il vincolo sulla struttura, stabilendo la sua conversione in un complesso alberghiero, iniziata nel 2002. L’articolato restauro conservativo, uno dei maggiori d’Europa riguardanti un antico opificio, ha lasciato inalterata l’architettura neo-gotica. Inoltre, i manufatti necessari sono stati selezionati secondo un attentissimo studio cromatico che garantisce un’aderenza totale al disegno originale, mentre i soffitti delle stanze conservano, ancora oggi, i diamanti a punta rovesciata caratteristici delle tramogge dell’antico mulino.
Come ogni antico edifico che si rispetti, narra la leggenda che il fantasma di Giovanni Stucky, misteriosamente assassinato mentre aspettava il treno in compagnia del figlio Gian Carlo, aleggi tutt’oggi per i corridoi del suo amato mulino.
Caratteristica peculiare dell’hotel sono la propensione per l’arte e per il design. Esempio lampante, la suite presidenziale, collocata nella torretta gotica, dove i lampadari in vetro di Murano si alternano a opere d’arte pittoriche e ricercati tessuti Fortuny (tra l’altro, dirimpettaia del Molino Stucky alla Giudecca).
In concomitanza alla 58° Biennale di Venezia e in occasione delle celebrazioni del Centenario dalla Fondazione del Gruppo Hilton, Molino Stucky ospita “Play With Us”, un’installazione di Naby Byron presentata dal Museo Storico della Giostra di Bergantino, a cura di Gian Paolo Borghi. L’artista bolognese propone al pubblico una narrazione che ruota intorno al tema dei cavalli da corsa: riappropriandosi di alcune forme della cultura tradizionale, le adatta alle aspettative del contemporaneo in una sorta di provocazione – non provocazione. I cavalli da giostra, che si rifanno ad antichi giochi rituali di natura medievale, vengono resi liberi dall’artista, lontani dalle giostre e dalle fiere, per materializzarsi in un contesto contemporaneo. Il visitatore si trova, per tre volte, sorpreso dalla presenza di un cavallo al piano terra dell’hotel: uno all’ingresso della struttura, un altro, di fantasia mimetica, a confondersi nell’arredo del ristorante Rialto, mentre l’ultimo si svela in un anfratto vetrato tra la sala de colazione e lo spazio adibito al buffet.
Ad adornare le pareti di corridoi, stanze, ristoranti e persino ascensori, le opere di Marco Nereo Rotelli. L’artista veneziano ha realizzato un grande racconto che si dispiega fra pittogrammi, poesia e linguaggi perduti, frutto di numerosi viaggi fra Oriente e Occidente. Nelle sue opere, il viaggiatore che approda al Molino Stucky ritrova memorie di tanti luoghi visti e linguaggi riconosciuti. Tra queste, “Venice, Europe’s main gate of Asia”, l’opera posizionata all’ingresso dello Skyline Rooftop Bar, che rappresenta la linea di confine tra due mondi, l’Oriente e l’Occidente. Ad accogliere il visitatore, all’ingresso dell’hotel, l’imponente “pianta di Venezia”: basandosi sulla xilografia del 1500 di Jacopo De Barbari, Rotelli interviene con nitidi segni di colore rosso su fondo dorato, affidando le sue emozioni a due semplici parole: “Venice” e “Love”. Una personale dichiarazione d’amore alla città.
Ma non finisce qui. Ci sono diversi altri artisti, locali e non, da scoprire addentrandosi nell’antico mulino. Con la vaga sensazione che qualcuno vi stia osservando.
Informazioni utili
L’installazione “Play with us” di Naby Byron sarà visitabile fino al 24 novembre.