Indubbiamente 1.250.000 euro pagati per un reperto filatelico, fuor di dubbio importante, non è una cifra destinata a passare sotto silenzio. Anzi. D’altra parte per più di un osservatore la dispersione della collezione di Erivan Haub, imprenditore di fama internazionale, scomparso all’età di 85 anni nel 2018 e padre di Karl Erivan, sparito nel corso di una esclusione alpinistica in Svizzera, non ha niente da invidiare a quella delle vendite di John Boker effettuate dal 1985 al 2000.
Oltretutto per vendere al meglio la straordinaria collezione avviata negli anni Cinquanta del secolo scorso, alcune case d’asta (Heinrich Köhler, Corinphila, H.R. Harmer e John Bull) hanno creato un inedito Global philatelic network. Trenta e passa, da qui al 2023, le vendite in calendario.
Un’occasione unica “per acquistare questi pezzi unici”, assicura Dieter Michelson, a nome di Köhler e Corinphila, mentre, mentre Karl Louis dello stesso gruppo ammette: ”E’ il momento ideale per acquisire alcuni dei gioielli della corona filatelica”. Davvero una opportunità, “tenuto conto dei bassi tassi di interessi di un investimento alternativo in filatelia”. I risultati iniziali confermano alla grande queste previsioni.
Il fischio d’inizio degli incanti Erivan Haub è risuonato il primo giugno a Stoccolma, nell’ambito della mondiale di filatelica ospitata nella capitale svedese. Ma è l’8 giugno che a Wiesbaden, sede della Heinrich Köhler che l’incanto Erivan è entrato nel vivo con un pezzo da novanta: la busta indirizzata al barone di Türckheim, a Karlsruhe, affrancata con un esemplare del 9 kreuzer di Baden che presenta una variante sostanziale. La carta utilizzata per stamparlo non è rosa-lilla, come per il resto della tiratura, bensì verde. Quattro i tagli della serie, la prima del granducato, distribuita a cominciare dal 1851, con identico disegno che al centro porta, in bella vista, il valore. I macchinari a disposizione per la stampa non erano evidentemente sofisticati, tant’è che la stampa venne effettuata in tutti i casi in color nero, e per rendere individuabili i singoli tagli si fece ricorso (non è una novità nel campo dei francobolli) a fogli di carta di diverso colore: brunastro l’1 kreuzer; giallo chiaro, il 2k, verde giallo, 6k e, appunto, lilla rosa il 9k.
Sul momento nessuno si accorse dell’errato inserimento della carta verde. Solo nel 1894 lo svarione venne a galla, scatenando una vera e propria caccia che diede scarsi risultati. Nel carniere finirono solamente tre esemplari, due dei quali conservati su altrettante lettere indirizzate al barone Türckheim: una di esse fa parte della collezione del Museo postale di Berlino, l’altra, fino al 1985 faceva parte della collezione di un altro magnate tedesco: John Bocker (e prima di lui del mitico Philipp von Ferrari, quindi di Alfred H. Caspary), quando fu battuta per 2.300.000 marchi. All’incirca un miliardo e 800 milioni delle vecchie lire. Le attese che circondavano la vendita non sono andate deluse. Partita da 800.000 euro il preziosissimo reperto è riuscito a tenere le palette alzate fino a 1.260.000 euro. Prezzo al quale ha cambiato di proprietà.
Forti dei non pochi i motivi d’interesse, anche altri francobolli degli antichi Stati tedeschi prodotti a partire dalla seconda metà del 1800 hanno fatto scintille. Tra la miriade di città stato, stati e staterelli spicca senz’altro un blocco del numero uno di Baviera, anche questo un tempo in collezione Philipp von Ferrari. Quindici francobolli ancora intonsi del “franco-marken” da 1 kreuzer del 1859 nel quale il decimo esemplare è stampato al rovescio, rispetto ai restanti nove. In questo caso le palette potranno si sono alzate da quota 200.000 euro e sono rimaste tali fino alla rilevante cifra di 500.000 euro. Due lotti, quindi, che partiti da 1 milione, di euro, insieme hanno fatturato la bellezza di 1.700.00 euro. E tanti, meritati applausi in sala.
Interessanti anche i realizzi messi a segno dai restanti trecento e più lotti, che beninteso presentavano stime più abbordabili, che in pratica la sala non ha per niente condiviso, considerandole piuttosto basse. Di qui una serie di offerte che hanno fatto salire la stragrande maggioranza dei realizzi. Tra i tanti, scelti a caso, una splendida busta di Baden affrancata con due esemplari dell’1 kreuzer con interspazio, altrettanti da 9 k. E uno da 3k, passata da 30.000 della stima a 100.000 euro del realizzo. Sempre di Baviera una gradevole bustina resa franca con 6 hr ha aggiunto uno zero alla valutazione fissata dagli esperti della casa d’aste, totalizzando 10.000 euro, a fronte di una valutazione di 1.000 euro. E la sequenza potrebbe continuare. Per un soffio l’importante vendita non ha segnato l’en plein: una decina, su 323 lotti proposti, i pezzi rimasti al palo, privi di compratore.
Il giorno prima, 7 giugno quindi, ma a Milano, Ferrario ha proposto oltre duemila lotti, al solito molto diversificati. Compresa l’ultima parte della collezione “Giulio Andreotti” dello Stato Pontificio e Roma 1870. Il reperto forse più importante è costituito dalla ricostruzione del foglio di 64 esemplari usati – insieme probabilmente, proveniente dalla collezione di Emilio Diena, del 10 centesimi del 1867. E’ andato via alla base. 2.000 euro.
Sono andate meglio alcune varianti. Ma solo se anche in questo caso non si tengono in conto le stime segnate nei cataloghi – prezziari, che ancora una volto si sono dimostrate affatto in linea col mercato. La striscia di cinque del 250 lire Potenza: Sfilata dei Turchi col primo esemplari (partendo da sinistra) privo delle scritte ed il secondo con scritte incomplete che ha fatturato 3.700 euro, mentre i cataloghi prezziari lo stimano 18.000 e più euro. Uno dei pochi esemplari del G7 di Napoli del 1994 non perforato e con l’indicazione del valore nominale da 750 lire, in luogo delle 600 adottate al momento della stampa, passato da 7.500 (stima) a 8.500 (realizzo) euro. Nei cataloghi – prezziari la stima riportata è addirittura di 32.500 euro!.