Una Art Basel tutta al femminile per la Galleria Raffaella Cortese e il debutto di Simone Forti nella sua prima personale alla Kunsthaus Baselland cinge con un filo prezioso le 2 mostre.
Due leggende femminili per l’attesissima sezione Unlimited di ArtBasel. Curata per l’ottavo anno consecutivo dal critico newyorchese Gianni Jetzer con uno spirito pioneristico, Unlimited 2019 presenterà 75 lavori a cavallo tra tecniche tradizionali, ma in grande formato e nuovi media.
Monica Bonvicini (Venezia, 1965) presenta l’installazione su larga scala, Breathing (2017). Una scultura in movimento, realizzata con cinture in pelle appese ad una corda e fibre sintetiche che si muove nello spazio grazie a dei cilindri pneumatici. Una struttura performativa complessa, meccanica e asettica, che indaga le questioni di genere, un’architettura del perturbante che favorisce certi condizionamenti culturali, e le dinamiche tra potere e forme di controllo oppressive. Accompagnata da una colonna sonora industrial noise che scandisce i tempi di quello che potrebbe essere una coreografia impetuosa oppure l’intonazione di un mantra inquietante, concitato e nevrastenico. Come in Bedtimesquaredel 1999 – un letto Minimalista in cartongesso, piastrelle e graniglia con incastonato un materasso gonfiabile da campeggio – la potenza dell’opera risiede nell’accostamento, talvolta ironico, altre volte truce. Esiste una giustapposizione tra l’uso di materiali e simboli legati al potere maschile (la cintura, la corda) e la presenza sensuale della danza. L’elemento “freddo”, aggressivo e sterile contro lo stravolgimento e la corporeità del gesto. E nell’ossimoro Breathing è proprio impossibile respirare.
Mentre nel sofisticato gioco ripetitivo di Zoe Leonard (Usa, 1961) si cattura la differenza e il senso. In How to Take Good Pictures (2018), 1,033 copie dell’omonimo manuale di fotografia pubblicato dalla Kodak tra il 1912 e il 1955 per gli amateurs del nuovo mercato di massa statunitense, sono impilate e arrangiate in uno skyline cronologico e fortemente rappresentativo. Dello scorrere del tempo, in primis, e delle modifiche nell’elaborazione stilistica della guida fotografica, ma anche di un passaggio culturale paradigmatico. How to Take Good Pictures si aggiorna nei primi anni ‘80 in How to Make Good Pictures – titolo adottato anche da Leonard per il lavoro precedente del 2016 – e questo détournement linguistico appare ancora più significativo ai nostri occhi. In un mondo in cui la verticalità di Instagram impone pose e geometrie affettate, realizzare scatti superlativi da “effetto wow” è un valore ormai imperante. Quello che invece Zoe Leonard ci ricorda acutamente è che non esiste un unico modo di inquadrare e inquadrarsi, rappresentare e mettere in scena, processare o sviluppare. La vita privata, il corpo e la storia.
Per la sezione Feature di ArtBasel, la Galleria Raffaella Cortese firma un progetto che è la quintessenza di Fieno, fieno, fieno, mostra presentata negli spazi milanesi di via Stradella nel 2016. Le artiste americane Helen Mirra (1970) e Allyson Strafella (1969) riflettono in simultanea sul materiale grezzo, in termini costitutivi e filosofici. Mirra realizza disegni minimalisti e perlopiù ermetici su tessiture artigianali di lino e lana. Un output derivante dalla pratica meditativa a lei cara: camminare nella natura. Strafella, invece, impiega il linguaggio visuale allenato per oltre 20 anni, il disegno con la macchina da scrivere. Segni sottili e puntinati su fibra di canapa – che è la carta speciale delle nostre bustine di tè, sempre più ricercata dagli artisti per la sua consistenza – o sull’ormai desueta carta carbone blu.
E dopo la commovente mostra di Simone Forti (Firenze, 1935) On an Iron Post (Galleria Raffaella Cortese, Milano 2018), come perdersi la prima personale dell’artista in Svizzera, alla Kunsthaus di Basilea. Una retrospettiva ad ampio spettro: Video-Works, disegni, installazioni e performance tra cui Huddle (1961/2009), il suo più famoso dialogo coreografato, tradotto in assembramento o abbraccio di corpi.