L’incubo notifica ritorna? Onere o strumento di valorizzazione? La vexata quaestio non sembra essere neanche lontanamente vicina a una soluzione.
L’ultimo caso è del 13 giugno. Durante la vendita di “Libri rari e autografi” svoltasi a Torino da Aste Bolaffi quando la Soprintendenza archivistica e bibliografica del Piemonte e della Valle d’Aosta, a poche ore dall’asta, ha sequestrato diversi lotti e avviato il procedimento di dichiarazione di interesse culturale su numerosi altri.
Il mercato dell’arte risulta spesso penalizzato dalla legge sulla notifica, soprattutto se paragonata alle normative vigenti in altri Paesi europei. Ovviamente è uno strumento di regolamentazione e di tutela importantissimo. Ma che va applicato con criterio. Notificare un bene significa che il Ministero comunica la “dichiarazione dell’interesse culturale” dell’oggetto al proprietario. Questo comporta l’impossibilità di portare all’estero l’opera notificata, ovviamente dopo opportune verifiche. Lo Stato ha inoltre diritto di prelazione per l’acquisto. Ma sovente questi procedimenti allontanano i compratori e abbassano notevolmente i prezzi.
Le case d’asta hanno risentito spesso di questo procedimento. Tanto che alcune hanno deciso di fare, come si suol dire, di necessità virtù. Così nel tentativo di vedere il “bicchiere mezzo pieno”, alcune maison hanno cercato di trovare delle idee per valorizzare le opere notificate. Pandolfini di Firenze da qualche anno organizza aste denominate “Opere d’Eccezionale Interesse Storico-Artistico”. Una vendita esclusivamente dedicata a opere d’arte – dipinti, sculture e oggetti d’arredo – vincolate ai sensi della Legge n° 1089 del 1939 e successivo Decreto Urbani o, come è gergo comune tra gli addetti ai lavori, “notificate”.
Le norme che regolano l’apposizione del vincolo da parte delle Soprintendenze hanno l’indubbio merito di mirare alla conservazione e valorizzazione del patrimonio storico artistico del nostro Paese, ma a volte possono diventare un limite.
Ci spiega Cristiano Collari, esperto del dipartimento di Aste Bolaffi, in merito agli eventi di del 13 giugno: «Sono arrivate dal Ministero indicazioni sul fatto che non vadano disperse le collezioni. Se la collezione è di un personaggio importante, di un famoso scrittore o di un importante giurista, per esempio, è un discorso lecitissimo. Ma se è di una persona “normale”, perché si deve notificare per forza? Si è sempre collezionato. Non si deve notificare tutto. Perché così si blocca il mercato e si va a “punire” chi nel suo piccolo o nel suo grande ha collezionato libri. Abbiamo ricevuto anche dei sequestri (10). Non solo delle notifiche.
Le faccio un esempio concreto. Un collezionista aveva donato a Ca’ Rezzonico a Venezia dei dipinti e insieme alcune monografie legate ai quadri donati. Ma alcuni libri li ha conservati per sé. Noi abbiamo ricevuto questi libri dagli eredi per metterli in asta. Ma sono stati sequestrati “perché potrebbero appartenere ai musei civici di Venezia”. I funzionari della Soprintendenza non hanno voluto parlare con gli eredi e con il direttore dei musei di Venezia e li hanno sequestrati. Non si può più collezionare nel nostro Paese dunque? E’ diventato punitivo? Alcune persone collezionano per godersi quello che hanno acquistato nella loro vita ma anche con occhio al futuro dei propri eredi. A volte le collezioni sono vere e proprie eredità che si cercano di monetizzare ma che vengono bloccate in toto. Se si tratta di famoso personaggio storico, di levatura, è un conto. Ma se si tratta di collezionisti “normali”, medici o avvocati, bisogna distinguere».
A tal proposito, ricordiamo un altro evento simile che è avvenuto nel dicembre 2018. Durante l’asta di arte moderna e contemporanea di Pandolfini a Milano 57 lotti su 111 sono stati ritirati proprio per via della notifica. La Soprintendenza di Roma ha posto alla dichiarazione di “eccezionale interesse storico artistico” tutti i lotti in catalogo provenienti da una importante azienda Italiana. Il nucleo di opere che Pandolfini ha presentato in catalogo “rappresenta la tangibile testimonianza di una delle più interessanti operazioni di mecenatismo industriale illuminato nell’Italia che si affacciava agli anni del boom economico […] perché le opere elencate si configurano come una collezione d’arte dalle specifiche e ben peculiari caratteristiche rivestendo un eccezionale interesse per le circostanze che ne hanno determinato la formazione e per la molteplicità degli ambiti interdisciplinari implicati”. E’ indubbio che nonostante gli evidenti problemi di ordine economico e organizzativo, le motivazioni con cui la Direzione Generale del Ministero dei Beni Culturali ha provveduto ad avviare il procedimento sono state in quell’occasione ben accolte dalla maison fiorentina.
Anche la romana Bertolami Fine Art ha pensato che in talune situazioni la notifica possa avere un “plus”. Nel giugno del 2018 ha esitato un’asta di archeologia notificata. Era solo 59 lotti, ma di rilevante interesse archeologico e provenienti da collezioni italiane, quindi notificati o a rischio di notifica. Eppure l’asta di archeologia ha visto ben l’80% dei lotti aggiudicati.
Il punto è molto semplice. Si deve capire con che criterio questo provvedimento viene applicato. Se “punitivo” o “conservativo”. Continua Collari: «Sul “giusto” anche noi operatori del settore siamo solo felici di intervenire e fare la nostra parte. Ma sull’irragionevole no. E’ un momento di grande difficoltà. Non escludo che si possa pensare a una sorta di “Class Action”, magari coinvolgendo anche altre case d’asta che hanno avuto esperienze simili. Le collezioni sono quelle che hanno fatto i musei. Non si può legare troppo la circolazione. Soprattutto in questo tempo in cui siamo completamente globalizzati».
Nonostante tutto, l’asta si è chiusa con 417.000 euro di realizzo totale (diritti inclusi) e oltre il 70% dei lotti venduti.
Conclude l’amministratore delegato della casa d’aste torinese, Filippo Bolaffi: «È inspiegabile il comportamento della nuova soprintendente Annalisa Rossi che, repentinamente e arbitrariamente, ha stravolto il metro di giudizio impiegato dai suoi predecessori. Sicuramente faremo ricorso al Tar».
Il top lot dell’asta è stato il Manuale tipografico di Giambattista Bodoni (lotto 450), stampato a Parma nel 1818. La raccolta di 285 diversi caratteri romani, greci, esotici, disegnati e fusi in oltre 40 anni di attività è stato aggiudicato a 27.500 euro. Tra gli altri migliori risultati si segnalano il “Libro d’ore” miniato in oro e colori stampato su pergamena nel 1513 circa, venduto a 15.000 euro (lotto 605), l’Isolario di V. Maria Coronelli (Venezia, 1696) acquistato a 11.250 euro (lotto 266) e un esemplare della “Nave dei folli” di Sebastian Brant (Parigi, 1513) salito fino a 5.000 euro (lotto 459).