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La Ragazza che Levita. Il gotico familiare di Barbara Comyns

La Ragazza che Levita, il gotico familiare di Barbara Comyns

La Ragazza che Levita, il gotico familiare di Barbara ComynsLa Ragazza che Levita, il gotico familiare di Barbara Comyns. Dal 18 luglio in libreria

Barbara Comyns è quanto di meno convenzionale la narrativa inglese ci abbia mai dato. Priva di una formaziona istituzionale, arrivata alla scrittura tardivamente, dopo aver vissuto nella provincia e aver svolto le occupazioni più disparate, Barbara Comyns aspetterà i quarant’anni per iniziare a scrivere le sue storie.
Il secondo conflitto mondiale si è appena concluso e quella che tutti hanno da sempre considerato una modella, una madre, un’interprete e una venditrice, realizza una serie di romanzi spiazzanti, che prediligono il punto di vista femminile, le cui pagine sono permeate da un’inedita forma di grottesco familiare.
Barbara Comyns è oggi materia di studio e di ricerca, il pubblico se ne appassiona per lo stile originale e le strutture narrative sorprendenti – in particolare i finali, che come una pozione a lungo mescolata precipitano e ribaltano i connotati degli ingredienti introdotti fino a quel momento – la critica ne approfondisce i temi e cerca di tracciarne un profilo completo.

In Italia le sue opere sono tradotte per la prima volta e pubblicate dalla casa editrice Safarà, che dopo aver proposto Chi è partito e chi è rimasto il 18 luglio manderà in libreria il romanzo più iconico e disturbante di Barbara Comyns: La ragazza che levita (The Vet’s daughter). Graham Greene fu uno dei primi ad amarlo: «l’insolito talento di Miss Comyns e quello sguardo innocente che osserva con semplicità infantile il più bello o il più minaccioso degli eventi, non sono mai stati esercitati, io credo, in modo assai più impressionante che ne La ragazza che levita».

La Ragazza che Levita, il gotico familiare di Barbara ComynsInghilterra edoardiana: la casa-studio di un veterinario brutale e misogino è la prigione in cui cresce la diafana Alice. Mentre la madre vive un’esistenza da inferma, terrorizzata dalle angherie di un marito aggressivo e mostruoso (un vero cattivo, senza attenuanti di sorta) che la disprezza, la tradisce e la umilia, Alice tenta di sopravvivere nell’ombra, cercando una via di fuga convenzionale, che le faccia vivere una vita comune, fuori dall’incubo della casa natia.
Tra le vie di Londra, con le vetrine dei grandi magazzini colmi di ogni meraviglia (e orrore, pronto a ghermirti) e attraverso le gotiche campagne dell’Hampshire – compresa una certa magione bruciata in uno strano incendio di cui nessuno vuol parlare e una padrona di casa che sembra uno spettro piangente – Alice dovrà fare i conti con i cambiamenti assai disturbanti del suo corpo.
Attorno a lei si muovono personaggi che la Comyns tratteggia attraverso la lente del grottesco: l’amica muta Lucy dalla pelle verdastra, la pragmatica governante Mrs. Churchill che ha il viso largo di un bulldog, l’affettata Rosa che rotea gli occhi e strizza le labbra come un orribile balocco, l’apprendista veterinario cui Alice darà il nomignolo di Occhiolino, il piccolo e gracile Hank che sembra uscito dalle pagine di Dickens e ancora i Gowley, ripugnanti tuttofare che hanno l’aspetto e il carattere infingardo dei troll.

La ragazza che levita, fra i romanzi di Barbara Comyns, è quello più impregnato di riferimenti autobiografici: Come Alice, Barbara ha avuto un padre violento e impaziente e una madre invalida e «vinta», come Alice dopo aver trovato una via di fuga dall’orrore familiare Barbara è costretta dal bisogno a tornare nell’orribile clima della casa natia. È anche per questo che lo sguardo di Alice ne La Ragazza che Levita è così originale e ben costruito.

Alice è una protagonista naïf, permeata da una docile passività nonostante la vivida intelligenza, il suo è un coming of age fiabesco e terribile, una versione contemporanea e anticonvenzionale delle vicende narrate da Frances Hodgson Burnett: Alice affronta contesti spaventevoli e austeri come Mary Lennox (Il giardino segreto) e Sara Crewe (La Piccola Principessa) ma la sua è una realtà cedevole, senza remissione, affollata da personaggi inafferrabili che, come accade spesso nei romanzi di Barbara Comyns, si rivelano nelle ultime pagine, durante gli agghiaccianti finali.
Non fa eccezione La Ragazza Che Levita: le ultime pagine sono un distillato di orrore, paura e claustrofobia. Sordide figure si muovono attorno alla nostra protagonista, insieme al padre arrivano in casa altri due spregevoli aguzzini: Sully con la sua molle faccia da bambino e l’algido Frink. I tre vogliono costringerla a esibirsi nella levitazione durante un evento spettacolare nel grande parco di Clapham Common.

Seppur in grado di librarsi in aria Alice sembra destinata a esser sempre una prigioniera, persino lassù nell’aria, con tutti i protagonisti della sua vita, depositari di speranze e orrori, che la osservano dabbasso, tutti così piccoli e lontani, ancora una volta inafferrabili. Barbara Comyns lascia i lettori de La Ragazza che Levita annichiliti, persi in una visione aerea e gotica, assai vicina a Edgar Allan Poe (La caduta della casa degli Usher) e Shirley Jackson (L’Incubo di Hill House).

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