Giampiero lascia la sua ansia nel pianerottolo. Irene Sofia si libera delle noie quotidiane varcato l’uscio di casa. Quella soglia invisibile, accesso al microcosmo domestico, intimo e universale. Soglia di liberazione, spesso, non sempre, dove serenamente lasciarsi sopraffare da sottili sublimazioni. Due giacche appena ricamate, un tessuto in potenza che si svolge per tutta la casa. Un racconto color giallo raccolto all’ingresso, poggiato su un pouf dove fa capolino Giampiero -“sintesi di quattro figure: curatrice, fondatrice, artisti”- e prende vita la mostra. Un’accoglienza famigliare da cui nascono “rapporti”. Alla scoperta delle sinapsi di Irene Sofia Comi, la curatrice, trasfigurate nelle connessioni di Fabio Ranzolin (1993) e Hermann Bergamelli (1990), protagonisti antitetici della bipersonale sapientemente servita alla prima di The House, nuovo prezioso spazio nel panorama cittadino (Milano, Porta Venezia, Viale Vittorio Veneto 18). Un progetto serio e intelligente concepito dalla elegante padrona di casa, Michela Genghini, architetto e appassionata d’arte. Uno spazio pulsante in una congenita e palese raffinatezza funzionale della struttura. Dal principio (nella prima sala che devia dal percorso lavorano giovani architetti dello studio di Michela), al corridoio-passaggio (lo spazio vergine della cucina dove incontriamo un paio d’artisti) al crescendo spaziale ed espositivo che culmina nei due saloni centrali simmetrici, separati da due scenografici archi vista terrazzo, illuminati dalla luce esterna, con tanto di Madonna peruginesca (una copia, ma emblematica perché della nonna di Michela, e il lavoro sulle “nonne” affiora da ogni dove) che veglia sui lavori. Evocativi. Come i due archi, chiavi di volta dello spazio, immortalati intelligentemente nel logo ricamato per il progetto (The House). Una doppia volta (simbolica) che racchiude una logica (doppia) di contrasti, opposti (interno-esterno, privato-pubblico, personale-collettivo) che si riverbera nel microcosmo di “Giampiero”, e in temperatura schizofrenica di tutti noi. “I’ll be home tonight”, la mostra. Aggiungerei, passando un successivo velo di malinconia “I promise”, affetto che permette silenziosamente di calarsi nella atmosfera, rete, di corrispondenze e connessioni meticolosamente (ossessivamente) orchestrate da Irene Sofia per tessere la mostra-progetto-pensiero, fissazione feconda e felice, e tracciare una serena compresenza dei due artisti, sull’onda satura di ricordi, memorie, rifugi e vissuti di entrambi. Un eccellente inizio per il progetto e per i relativi sviluppi futuri. Un operare serio nell’inutile e annoiato (molto spesso) orizzonte emergente milanese, italiano.
Secondo piano, ingresso, cappotti, due, appesi. Permesso…
Esattamente: questo è l’incipit. Ci troviamo in un appartamento privato, vissuto nel quotidiano, 365 giorni all’anno (o quasi!). Ciò che descrivi è il percorso per entrare in casa e, se vogliamo calarci nelle tematiche della mostra, per ri-entrare nel proprio spazio, intimo e domestico. Quasi ci trovassimo catapultati in medias res nel prologo di un romanzo, nella vita di qualcun altro, i cappotti che citi sono la premessa di un racconto più ampio, insieme alle prime due opere in ordine di comparsa: Anna di Hermann Bergamelli, una morsa composta da infinite stratificazioni di tappezzeria di seconda mano, che insieme compongono un magma di memorie collettive; e una fotografia di Fabio Ranzolin appartenente alla serie Cloud of dust, strettamente connessa al vissuto personale e domestico dell’artista.
Cappotti: introduzione, simbolo e titolo della mostra…
Mi fa molto piacere che l’installazione temporanea I’ll be home tonight abbia colpito la tua attenzione, questo perché sono convinta che le opere di Bergamelli e Ranzolin, in dialogo tra loro in un contesto così intimo, in simbiosi con l’ambiente che le ospita – già molto connotato come architettura d’epoca e luogo ricco di design – debbano e possano parlare da sole, in una conversazione tacita con la sensibilità del visitatore, proprio come avviene nei contesti casalinghi e familiari, dove le opere sono parte integrante della vita quotidiana e delle conversazioni tra i presenti.
Ciascuno con il suo capo: Bergamelli una felpa lucida dal colore brillante, Ranzolin un cappotto di Dior più neutro…
Fatta questa premessa, l’installazione temporanea ha più significati. Vuole dare qualche indizio (il fatto che gli artisti si siano impadroniti di questo spazio sentendosi a “casa”, mettendosi comodi) e al tempo stesso si riferisce ad un aneddoto (entrambi gli artisti, senza essersi confrontati, nel periodo in cui abbiamo cominciato a pensare alla mostra, stavano pensando alla realizzazione di un’opera con questi capi d’abbigliamento). L’espediente dà anche alcune indicazioni sulla loro pratica: due estetiche apparentemente così diverse, eppure accomunate da tematiche e pratiche processuali non dissimili (seppur abbiano stili così distanti, sia la felpa che il cappotto appartengono alla macro-categoria “indumento” e sono entrambi di seconda mano, prelevati dalla città e/o da vite altre).
Testo critico color giallo che richiama i colori scelti per la comunicazione, un racconto… Giampiero? Dinamiche, studi, ricerche e fissazioni sull’ambiente domestico… un lavoro che coltivi da anni… non c’era posto migliore per metterlo in pratica… cosa significa dialogare e lavorare all’interno di un contesto domestico vivo?
Quando entriamo in una casa che non conosciamo o che non ci appartiene, sia essa di un familiare, di un amico o di uno sconosciuto, percepiamo sin dal primo passo oltre la porta d’ingresso “che aria tira”. Ci sono ingressi angusti e bui, accompagnati da austeri silenzi e rigide formalità; ce ne sono altri luminosi e profumati, cui fanno da pendant grandi sorrisi e una calda accoglienza. Il testo è nato dunque con questo intento: calarsi in un’atmosfera, percepire la tensione tra interno ed esterno così come l’energia della mostra e, più in generale, lo sviluppo delle dinamiche dell’identità contemporanea legate al concetto di “casa”. A tal proposito gioca un ruolo fondamentale la sede del progetto “The House” (la mia tendenza è proprio quella di rivolgere uno sguardo attento al contesto di riferimento).
Cosa ci racconta la mostra? Dove vuole arrivare?
Nel concepire la mostra, quel che ho cercato di fare è stato prestare attenzione a che cos’è la casa oggi: qual è la sua funzionalità, quali sfumature assume questo termine nel nostro linguaggio e, anche rifacendomi alla duplice natura dello spazio – casa privata e studio d’architettura – in che cosa consiste il suo perimetro: si tratta di un limite che separa? O forse la casa è territorio di coltura per una dimensione collettiva, pur essendo al tempo stesso uno scrigno di ricordi segreti ed esperienze intime che rimangono tacite, nascoste, non palesate? Penso fondamentalmente a quanto oggi la dimensione del domestico sia un concetto sempre più smaterializzato, una membrana permeabile in cui il confine tra pubblico e privato e contesto collettivo e sfera personale si perde sempre più, e quanta incidenza abbiano su questa evoluzione alcuni fenomeni volti a prendere sempre più piede (pensiamo anche solamente agli ormai capillari servizi di food delivery come Glovo o Deliveroo o alle soluzioni dismart working aziendale).
The House, la casa, anticamera, corridoio, doppio salone centrale, un crescendo di connessioni e rimandi che culmina in un’apoteosi vista terrazzo…
Sono contenta che tu abbia colto questo aspetto al tempo stesso di forte dicotomia tra gli esiti formali degli artisti e di forte armonia complessiva, tanto fra le opere quanto con l’ambiente. Questa scelta si è concretizzata in continui movimenti visivi, dove una sala rimanda alla successiva, in una tensione tra le opere dei due artisti. La scelta è stata quella di porre l’attenzione sul dialogo tra le singole opere, pensato prevalentemente come sviluppo visivo articolato tramite diagonali vettoriali. Il risultato e le associazioni non sono quindi né antitetiche né lineari: restituiscono anzi la relazione tra le poetiche dei due artisti, che si guardano a distanza, senza contrapporsi, facendosi anzi sorprendentemente eco. Le opere sono state scelte grazie a un grande lavoro di confronto e di scambio con gli artisti e dopo un attento sopralluogo che si è rivelato utile soprattutto per Ranzolin, un artista che si lascia guidare molto dal contesto – in questo caso ha realizzato un’opera site-specific dal titolo Comprami, io sono in vendita! cui si contrappone specularmente nella stanza adiacente Giardini di velluto. Un passeggiatore in blu, il grande arazzo contemporaneo di Bergamelli.
Affiora la poesia del quotidiano tramite la memoria, i contrasti si sciolgono in casa. Bergamelli e Ranzolin, opere che si sorreggono tra loro, dialogo tra materia e concetto. Come hanno vissuto i due artisti l’inserimento in questo contesto, non il classico white cube…
Certo è che il contesto permette un dialogo stimolante, che ha subito scatenato la curiosità di Ranzolin e Bergamelli. Entrambi lavorano principalmente con oggetti e materiali vissuti, intrisi di memoria o prelevati dalla città o dalla sfera familiare, in un dialogo costante con il loro spazio più intimo e una rielaborazione personale. The House è quindi un luogo particolarmente indicato per rappresentare la loro pratica: lavorare in uno spazio connotato significa “vestirlo” con attenzione, badando all’armonia tra le parti e alla natura del contesto, tenendo a mente anche la funzionalità degli spazi, oltre che la fruizione. In questo, gli artisti hanno saputo calarsi perfettamente nella parte “giocando” e reinterpretando non solo gli ambienti ma anche i singoli oggetti presenti nell’appartamento.
Ultima cosa. Fare il conoscere il progetto The House all’infuori della cerchia dei soliti amanti e amatori del contemporaneo. Cosa fate e si potrà fare? Quando e come il pubblico può visitare lo spazio di persona?
Le possibilità di visitare la mostra sono in realtà numerose: fino al 15 ottobre è possibile visitarla su appuntamento (ad eccezione di una pausa estiva, ad agosto) oppure si può accedere allo spazio direttamente accompagnati da me, un giorno a settimana. La volontà è quella di facilitare il più possibile gli artisti nel creare connessioni con i fruitori, siano essi professionisti di settore o amatori. Per questo motivo, anche per gli appuntamenti a venire, stiamo pensando ad alcuni eventi collaterali, che creino un terreno di fertile confronto e di scambio reciproco, proprio come quando avverti un amico o una persona cara che passerai a trovarla quella sera; questo gesto significa partecipare, esserci: “I’ll be home tonight”.
Informazioni utili
I’LL BE HOME TONIGHT
Hermann Bergamelli | Fabio Ranzolin
a cura di Irene Sofia Comi
20 giugno – 15 ottobre 2019
The House
Viale Vittorio Veneto 18 (Porta Venezia) Milano
La mostra riaprirà al pubblico a partire dal 16 settembre 2019 fino al 15 ottobre con un programma di eventi collaterali.
Visite guidate ogni mercoledì (18:30- 20:30) o su appuntamento.
Per informazioni:
thehouse.vvv@gmail.com
@thehouse.vvv
#Illbehometonight