Tra manuali e considerazioni, un punto sul mondo della numismatica in Italia.
Solo se possono garantire impeccabile qualità e incontrovertibile rarità le monete possono aspirare collocazioni garantite e interessanti. Le restanti continuano ad avere il fiatone. Nella presentazione del catalogo prezziario Montenegro 2020 (745 pagine, € 20,66) – i mercuriali numismatici, al pari di quelli filatelici, escono sempre a settembre col millesimo dell’anno successivo – Eupremio Montenegro non si nasconde dietro ad un dito.
“Il collezionismo numismatico in questi anni di crisi economica – ammette – ha deluso molti investitori che hanno acquistato monete negli anni passati, così come coloro che hanno cercato di alienare ora in momenti di esigenze”. Ancora. “Allo stesso momento chi ha dato inizio ora a collezionare monete, francobolli e dipinti, mobili o altro, trova una vasta gamma di scelta”. Anche perché il mercato filatelico è molto cambiato. Negli anni ’80 del secolo scorso, e anche dopo, in Italia si contava mediamente un’asta ogni dodici mesi, salite ai giorni nostri il loro numero, tra vendite battute o live, a 40-50. “per questi motivi i valori di tutto le monete, se si eccettuano le rarissime e bellissime, sono moderatamente cadute di prezzo”
L’attuale legislazione, oltretutto, non è incoraggiante. Anzi. Specialmente per le monete greche e romane le quali risentono del problema della provenienza, con la conseguenza “che molti, anzi quasi tutti gli amatori di monete greco-romane, in tutti i metalli, abbiano cessato drasticamente di collezionare favorendo gli europei di tutti gli altri stati che non sono sottoposti al rispetto delle leggi italiane, molto restrittive e a mio avviso inadatte”. Pure nel resto d’Europa “la situazione delle monete classiche languono”.
Fabio Gigante, che firma Gigante 2020 (798 pagine, 22 euro), segnala la limatura apportata alle monete del regno di Sardegna, che dal 2012 al 2016 hanno corso la cavallina, registrando nei successivi anni “una significativa contrazione”. Un esempio fra i tanti: le 5 lire di Vittorio Emanuele II battuta nel 1850 nella Zecca di Torino (57.921 esemplari coniati) scende da 14.000 a 12.000 euro per conservazione fior di conio, mentre esemplari che presentano segni più o meno di consunzione che lo scorso anno presentavano queste quotazioni: 250, 600 e 1.400 euro, sono quest’anno stimate da Gigante 2020, 450 e 1.200 euro.
Alla stessa moneta, ottenuta usando 25 grammi d’argento Montenegro 2020” assegna queste quotazioni: 320, 600, 2.000, 3.800 e 14.000 euro. Al di là delle quotazioni in quanto tali, le quotazioni riportate dimostrano quanta attenzione occorra porre nell’acquisto di una moneta. Basta poco per far crollare il prezzo. Nel caso del conio preso in esame, si passa da 12/14.000 euro per esemplare che si presenta nello stato stesso che presentava al momento di uscire dalla pressa. Ma lo stesso esemplare “vissuto assai” vale (ma si può avere anche per meno) tra i 200 e i 320 euro! Eupremio Montenegro lamenta anche che nella valutazione numismatica dei giorni nostri ai assista ad “una mancanza di esperienza di lunga data: per questo nelle collezioni si trovano monete sigillate da periti inesperti, improvvisati, senza la competenza necessaria, didattica e pratica, a volte compiacenti”. Meteore, d’altra parte, nei “decenni si sono susseguite” portando “confusione”. Di qui il grido d’allarme: “Assistiamo purtroppo ad una decadenza culturale che non ha precedenti in questo settore”. Di qui l’impoverimento “economicamente e culturalmente”: Così i delusi si sono indirizzati alle “monete d’oro moderne o in oro decimali poiché (almeno per il momento), non creano problemi di sorta”.
Come sempre il Gigante 2020 si fa apprezzare anche per la banca dati: i realizzi che monete di una certa importanza hanno messo a segno nelle vendite pubbliche. Dati molto utili che possono aiutare qualsiasi acquirente.
Ben diverse le indicazioni che vengono dal mercato reale e controllabile, quello delle aste. E questo il caso dell’incanto Bolaffi con la collezione Zante venduta in toto e le restanti proposte vendute all’85 per cento. Tanto che la vendita ha chiuso don un realizzo totale che ha superato i cinque milioni. Si tratta di “un momento storico per la nostra casa d’aste”, ammette Filippo Bolaffi, amministratore delegato dichiara l’amministratore delegato dell’omonima azienda. “ Per la prima volta – sottolinea- una singola asta realizza più di 5.000.000 di euro. Un risultato ancora più prezioso se si considera che è stato raggiunto con la raccolta di centinaia di oggetti e non con la vendita di pochissimi capolavori d’arte. Questo risultato rimarca il trend in continua crescita per le monete da collezione”.
Qualche realizzo. La mitica banconota da mille lire del 1897, decisamente bella, passata dalla stima di 5.000 all’assegnazione di 32.000 euro, mentre uno dei trenta esemplari conosciuti delle 100 lire “Aratrice” del 1926, regnante Vittorio Emanuele III, sono passate sotto il martello del banditore per 70.000 euro a fronte di una stima di 20.000.. A sua volta l’1 rupia di Somalia del 1921 ha totalizzato 85.000 2uro. Era entrata in sala con una dotazione di 20.000 euro.