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L’arte araldica nel Medioevo di Michel Pastoureau: gli stemmi medievali tra arte, storia e società

L'arte araldica nel Medioevo di Michel Pastoureau: gli stemmi medievali tra arte, storia e società

L'arte araldica nel Medioevo di Michel Pastoureau: gli stemmi medievali tra arte, storia e società

In libreria L’arte araldica nel Medioevo: gli stemmi medievali tra arte, storia e società. Michel Pastoureau racconta un fenomeno tanto affascinante quanto spesso mal interpretato

Io sono il Tenebroso, il Vedovo, lo Sconsolato
Il Principe d’Aquitania dalla Torre abolita:
L’unica Stella è morta, e il mio liuto stellato
Porta il Sole nero della Malinconia.
[…]
El Desdichado – Gérard de Nerval

 

Emblemi, simboli, armi medievali: c’è qualcosa che risuona istintivamente esoterico e oscuro in queste parole. In realtà, di buio non c’è proprio nulla. Di oscuro, forse, c’è solo il voler rintracciare misteriosi significati in qualcosa che non si conosce.
Quando e come l’orso cede il passo al leone come re degli animali? Perché il blu diventa sempre più popolare a partire dal Basso Medioevo? La storia dell’araldica è anche la storia dell’Europa e porta sulla sua pelle i cambiamenti della moda, della società e dei gusti del vecchio continente.

Con L’arte araldica nel Medioevo, Michel Pastoureau pone le basi per la comprensione dell’araldica, scienza che ha come oggetto lo studio degli stemmi, e spazza via i grandi equivoci e stereotipi che spesso la infestano. Gli stemmi, al contrario di quanto solitamente si tende a credere, non sono appannaggio della nobiltà cavalleresca; dalla fine del XII secolo sono comunemente usati anche da artigiani, contadini, città e perfino da personaggi immaginari e letterari.
La loro origine ha come caratteristica precipua la chiarezza e aborrisce significati nascosti o reconditi: lo spirito araldico più “puro” impone rigore, trasparenza e leggibilità. Per un individuo del Medioevo era naturale essere circondato da stemmi – o arme, armi al plurale – e la loro decifrazione era tutt’altro che impegnativa. Far vagare l’immaginazione in cerca di indecifrabili messaggi massonici è puro esercizio romantico. Per dare il giusto significato a questi particolari emblemi serve uno sforzo da storici, più che da romanzieri. Serve l’aiuto di un Umberto Eco o un Alessandro Barbero, più che di un Dan Brown.

Pastoureau, storico che da anni si dedica alla simbologia medievale e moderna, avvicina il lettore all’araldica con uno stile accessibile ed estrema chiarezza. Nel saggio L’arte araldica nel Medioevo (Einaudi, 2019) nulla è dato per scontato: i principali termini dell’araldica sono spiegati e distinti senza sfociare nella pedanteria e il contesto storico viene spesso richiamato. Il tutto è reso più intelligibile – e godibile – da più di centotrenta illustrazioni di capolavori araldici.

Re Artù come uno dei Nove Prodi, Arazzo, 1400 ca, The Met
Re Artù come uno dei Nove Prodi, Arazzo, 1400 ca, Metropolitan Museum of Art.
Un esempio di stemma conferito a un personaggio letterario: Artù è qui rappresentato nella sua tenuta araldica, d’azzurro a tre corone d’oro (il giallo nel blasone viene definito con il termine oro)

Semplici regole

Lo stemma è composto da due elementi fondamentali: figura e colore. La loro combinazione è regolata da poche e semplici regole, quelle del blasone, che distinguono l’araldica dalle altre formule emblematichePer esempio, i sei colori del blasone sono divisi in due gruppi: bianco e giallo da una parte; rosso, nero, blu e verde dall’altra. Una delle regole principali del blasone impone che due colori appartenenti allo stesso gruppo non possano essere sovrapposti. Un leone rosso, quindi, non potrà essere posto su uno scudo blu, verde o nero, ma solamente su uno bianco o giallo. Colori, che – Pastoureau sottolinea – non erano percepiti dall’occhio medievale nello stesso modo in cui noi li percepiamo oggi (lo storico francese ha una lunga e interessante serie di pubblicazioni sulla storia dei colori, tra gli altri: Il piccolo libro dei colori; Blu. Storia di un colore).

Il linguaggio utilizzato per descrivere gli stemmi – blasonare – è l’altra componente principale dell’araldica: un linguaggio tanto preciso e rigoroso quanto elegante ed evocativo, che riesce a dire molto con pochi elementi. Grazie ai molti esempi e a un piccolo glossario delle principali formule araldiche, anche il blasone diventa via via sempre più familiare al lettore.

Targhetta da messaggero, 1300 ca, The Met
Targhetta da messaggero, 1300 ca, The Met.
Esempio di blasonatura. In questo caso: di nero al leone rampante d’oro, armato d’oro e lampassato di rosso

I colori e le figure – geometriche e animali – non sono solamente depositari di significati, ma hanno una storia, evolvono nel tempo e la loro percezione assume connotati differenti nel corso dei secoli.
Il sapere enciclopedico di Pastoureau sull’argomento emerge dalle pagine del suo saggio. Il suo racconto sull’araldica, dalle origini a oggi, è piacevole, convincente e ricco di sorprese: forse vi capiterà di trovare delle relazioni tra l’araldica e gli odierni segnali stradali, le bandiere nazionali o gli scudetti sportivi. Ancora oggi, entrando in una chiesa, è molto probabile che ci si imbatta in un’arma. Avere delle coordinate sull’araldica può aiutare a orientarsi tra possibili significati, motivazioni di quella presenza e, a volte, a recepire un messaggio che era in origine chiaro.

Riverberi dell’araldica possono trovarsi nei contesti più disparati: un esempio suggestivo e affascinante è quello della poesia El Desdichado di Gérard de Nerval. In un altro suo testo (Il Medioevo simbolico), Pastoureau avanza un’ipotesi sorprendente, tentando di riconoscere l’ispirazione dei versi di El Desdichado in alcune miniature del Codex Manesse (splendido, e consultabile on-line). Il fol. 312, per esempio, è decorato con uno stemma d’azzurro al liuto; il liuto, nel cimiero, porta il Sole nero: il verso L’unica stella è morta, e il mio liuto stellato/ Porta il Sole nero della Malinconia, attraverso il filtro dell’araldica, trova un corrispettivo visivo nelle pagine del codice miniato trecentesco.

L’arte araldica nel Medioevo non si pone come manuale di araldica: cerca di evidenziare i rapporti tra quest’ultima e l’arte. Per farlo pone delle solide basi per la comprensione dell’araldica e dei suoi principali elementi. Un’analisi, che spaziando dall’arte alla storia, getta un’interessante luce sulla sensibilità e sulla società medievale. Cosa più importante: Pastoureau sgombra le menti da stereotipi – evidenti o latenti che siano – e così facendo dà una lezione su come affrontare qualunque fenomeno con lo spirito critico dello storico, di colui che ha ben chiaro come il mondo sia sfaccettato e complesso. È un invito – mai dichiarato, ma evidente – a evitare letture troppo semplicistiche delle cose che ci circondano. Non è, forse, anche per questo che la Storia è importante?

L'arte araldica nel Medioevo_M. PastoureauL’arte araldica nel Medioevo
 Michel Pastoureau

Torino, Einaudi, 2019
pp. 256

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