Torna (parzialmente) a splendere il seicentesco Palazzo Omodei a Cusano Milanino. Una perla barocca, a una decina di chilometri dal centro di Milano, che riapre gratuitamente al pubblico con visite guidate ad hoc (su prenotazione) gestite dall’Associazione ViVOmodei. Abbiamo visitato il palazzo grazie ai volontari di ViVOmodei, passando una più che piacevole ora alla scoperta di scenografiche quinte teatrali affrescate, putti ubriachi, balconcini da messa e alcove conturbanti…
Combo di lusso in quel di Cusano Milanino. Mentre l’ideale modello urbanistico di Città Giardino, che connota il comune alle porte settentrionali di Milano, compie l’ordinata bellezza di un secolo e una decade (1909-2019), orgogliosamente si schiudono i battenti barocchi (simbolicamente per ora ancora, dato il cantiere ancora in loco) di Palazzo Omodei in centro città. Più che uno schiudere a dire il vero, un totale spalancare le porte a Cusano e a tutti gli interessati ad assaporarne il seicentesco sapore (ma solo tramite visite guidate). Massiccio e severo, seduce i visitatori letteralmente in maniera fisica (data la conformazione strutturale architettonica a U volta ad accogliere nel ventre-giardino gli astanti), calamitandoli all’interno del porticato inquadrato da cinque arcate a tutto sesto, preambolo e passaggio alla corte interna e alle sale rimesse parzialmente a lucido. Ma non potremmo parlare e scrivere di nulla, se non fosse per il lavoro e la dedizione di ViVOmodei, associazione di giovani e competenti volontari nata con l’obiettivo di valorizzare il territorio diffondendo la conoscenza della sua storia e del suo patrimonio, che accudisce e racconta questa perla affrescata, ai più sconosciuta. Visite accompagnate, dalla durata di un’ora. Accesso dalla parte “nobile” dell’edificio (quella dove soggiornava la signoria) lasciando i soffitti gotico fiammeggianti (come gusto non come epoca, data la moda neogotica che attanagliava l’europa intera un secolo e mezzo fa), che incorniciano il primo corridoio d’ingresso. Tappeto rosso srotolato per le sale, dal piano terra al primo piano. Sfilano in rassegna i preziosi saloni costellati da decorazioni sature di ricamate reminiscenze gotiche ottocentesche e architetture dipinte di metà Seicento, con tanto di balconcini di muratura e ferro battuto (affrescati) che si affacciano sulle stanze (c’è anche un balconcino vero e proprio per le messe di famiglia). Infilata di porte prospettiche con sfilata di putti e puttini ubriachi alle pareti (emblema perenne e perpetuo di Abbondanza che si riverbera in ogni angolo del palazzo), che si congedano nel soffitto stretto e schiacciato dell’Alcova. Qui la feconda dea, cornucopia traboccante di frutta e verdura alla mano, sparge fertilità dall’alto dei cieli sulla coppia dedita alla consumazione. Consumazione e soprattutto contemplazione estetico ed estatica che raggiunge (ma dipende dalla sensibilità di ciascuno…) la sua apoteosi nella successiva Sala di Rappresentanza. Sontuosa e imponente, avvolge lo spettatore in maniera totalizzante attraverso un turbinio di colonne tortili (da cui cascano fiori) e scenografie architettoniche (attinte a piene mani dalla pittura di Salvator Rosa, rese però in maniera assai più chiara e serena) dove si stagliano figure “bronzee” che riecheggiano fasti classici e pittorici del passato. Palese, ad esempio, il richiamo alla Maria Maddalena di Savoldo conservata in doppia versione alla National di Londra e al Getty di Los Angeles, datata esattamente un secolo prima (1540) dell’affresco del palazzo. Così come più o meno espliciti sono i rimandi alla pittura lombarda cinquecentesca (quanto alla quinta teatrale veneta e alla maniera romana) che si conciliano nei “trionfi” barocchi, coronati da un cielo dal sapore quasi tiepolesco. Un vero e proprio tesoro, finalmente visitabile dopo un lungo lavoro di restauro (non ancora terminato e con alcune lacune al limite dell’imbarazzante date dalla maldestria dei lavori effettuati), ora fruibile grazie alla competenza (e alla passione) dell’Associazione ViVOmodei.